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*Bacheca sull'Attualità*

Ultimo Aggiornamento: 12/04/2011 20:34
13/11/2010 13:33
 
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Non si sblocca al g20 il dialogo sul mercato valutario e sul commercio

Nessun accordo

L'India propone d'investire nuovi capitali nei Paesi più poveri


Seoul, 12. Pochi risultati, scarse prospettive. È un g20 col fiato corto e senza slanci quello che si è chiuso oggi a Seoul, in Corea del Sud. Oltre al solito messaggio, che la ripresa c'è ma serve un'azione coordinata, i leader dei venti Paesi più industrializzati hanno lanciato un piano di azione in cinque punti per garantire una crescita forte ed equilibrata. Impegni sulla carta, ora affidati alla presidenza di turno francese. Restano sullo sfondo le tensioni tra Cina e Stati Uniti sul mercato valutario e sul commercio. Resta un'intesa a metà sulle nuove regole della finanza. E, non da ultimo, resta l'assenza di un piano concreto per aiutare i Paesi più poveri.
Il comunicato finale del vertice sudcoreano sottolinea la necessità di politiche coordinate per evitare gli squilibri. I leader hanno affrontato anche le problematiche relative alla politica monetaria: non bisogna attuare svalutazioni monetarie competitive. A minare la ripresa c'è proprio "la crescita diseguale e gli ampi squilibri che stanno alimentando la tentazione di allontanarsi dalle soluzioni globali attraverso azioni non coordinate". Proprio per evitare tale rischio, il g20 indicherà delle linee guida entro il prossimo anno. Nel documento c'è poi l'impegno dei leader "a un sistema di cambi determinato dal mercato" e alla lotta al protezionismo. Impegni, questi, i cui esiti saranno al centro del prossimo vertice del g20 che si terrà a Cannes tra circa un anno.
Sul terreno valutario, Stati Uniti e Cina non si sono mossi dalle reciproche posizioni. L'incontro tra il presidente Obama e il capo di Stato cinese, Hu Jintao, ha confermato la divergenza di vedute. Washington continua a chiedere una sostanziosa rivalutazione dello yuan. Tuttavia, da più parti gli States sono accusati a loro volta di svalutazione competitiva, ossia di tenere intenzionalmente basso il dollaro per velocizzare la crescita. Il Tesoro nega, ma nei fatti la Fed, con la nuova manovra di quantitative easing decisa la scorsa settimana, indebolisce il biglietto verde. Pechino ha apertamente contestato questa mossa e ha detto no a una rivalutazione troppo veloce dello yuan che, secondo gli analisti cinesi, potrebbe causare squilibri sociali.
La stessa assenza di dialogo si registra sul fronte degli squilibri globali. Gli Stati Uniti hanno chiesto di fissare un tetto del quattro per cento sugli avanzi e sui disavanzi delle bilance di parte corrente. La Cina, che ha il surplus più alto nei conti all'estero, si oppone fermamente alla proposta. Una linea seguita anche dai tedeschi, secondo i quali l'operazione "si oppone ai principi del libero mercato", ha dichiarato il cancelliere Merkel.
In tutto questo, l'India ha proposto alle economie emergenti di indirizzare maggiori capitali verso i Paesi più poveri. Riferendosi ai miglioramenti registrati nell'Africa subsahariana, il premier indiano, Manmohan Singh, ha indicato che "la regione è in grado di assorbire flussi di capitale miranti a un'espansione degli investimenti che possono generare una domanda di beni importante nell'economia globale".

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