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Le Falci dei Custodi

Ultimo Aggiornamento: 13/03/2013 13:09
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Sesso: Maschile
Maestro
24/09/2008 14:02
 
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Il Gran Maestro aveva già preparato le sue cose, che si trovavano disposte in bell'ordine sulla scrivania: Lama di Atlantide, spada elfica, mantello di pelliccia, borsa di cuoio, otre (quest'ultimo ancora vuoto, lo avrebbe riempito alla fontana prima di partire) e due tuniche di ricambio.
Dopo aver riposto tutti gli oggetti nella borsa – ad eccezione delle spade e del mantello – il Paladino si voltò ed esaminò la sua armatura, sistemata su un fantoccio a un angolo dello studio.
Forgiata nella sua isola natale, la corazza rifulgeva sotto la luce delle torce, mandando riflessi argentei in tutta la stanza. Come molte armature di qualità superiore, era stata forgiata nel famoso e leggerissimo mithrill (o mythrill che dir si voglia). Non tutti sanno che su Atlantide non esistevano miniere di mithrill: gli atlantidei, però, riuscirono ad ottenerlo come lega di metalli molti secoli fa. Gli alchimisti devono ancora stabilire se la lega creata ad Atlantide e il metallo che gli elfi estraggono dal terreno siano la stessa cosa: entrambi i materiali sono famosi per leggerezza e resistenza, ma differiscono leggermente nel colore (quello naturale è argenteo, mentre quello di Atlantide ha leggere sfumature azzurrine, simili alle venature del marmo).
Naturalmente, la ''formula del mithrill'' fa gola a molti: tuttavia, gli unici reperti in quel materiale sopravvissuti alla caduta di Atlantide sono le spade e la corazza di BrightBlade, il quale ha permesso che gli alchimisti del Regno li studiassero. E così, uno dei tanti favolosi tesori del Regno di Blue Dragon – accuratamente custodito in una sala segreta del Castello – è la formula grazie alla quale, combinando metalli comuni, si può ottenere il metallo superiore: questo spiega anche perché nel Regno persino i soldati di più basso rango siano regolarmente equipaggiati con cotte di mithrill.
Indossata la corazza che gli aveva salvato la vita innumerevoli volte, il Paladino di Atlantide agganciò sulle spalle il pesante mantello di pelliccia, suo inseparabile compagno di avventure, e cinse ai fianchi le armi, una per lato. Infine, si gettò lo scudo sulle spalle e, preso in mano l'elmo, si guardò allo specchio.
Quello che vide fu un uomo dall'aspetto giovanile, alto circa un metro e ottanta, con il volto ovale incorniciato da una fitta barba nera, sebbene qualcuno vi vedesse anche delle sfumature rossastre, e da capelli dello stesso colore (per la verità, la sua chioma si assottigliava notevolmente sulla sommità del capo, ma BrightBlade non se n'era mai curato). Oltre la barba, attiravano l'attenzione il naso aquilino e i grandi occhi, il cui colore attraversava tutte le tonalità del verde prima di sfumare nel marrone e poi quasi nel giallo avvicinandosi all'iride.
L'armatura nascondeva un fisico asciutto, propenso più alla resistenza che alla forza bruta: l'atlantideo sembrava non avere addosso neanche un grammo di grasso, ma non sfoggiava certo la muscolatura pronunciata tipica dei lottatori.
BrightBlade rimase a guardare la sua immagine riflessa per quasi un minuto, studiandosi attentamente e riconoscendosi sul volto ancora giovane i primi segni della fatica e di una lunga vita di avventure. Gli atlantidei, infatti, invecchiano più lentamente degli uomini e non sembrano mai davvero vecchi, neppure al momento della loro morte, che avviene in media attorno ai centottant'anni. Sebbene dimostrasse appena trent'anni, dunque, l'atlantideo in realtà aveva probabilmente superato la cinquantina: non conoscendo con esattezza l'anno della sua nascita, il Paladino poteva basarsi solamente sulle congetture del Cronologo del Regno, Otrebmu Ittoram, con il quale aveva avuto una lunga discussione a riguardo.
«Sarà meglio sbrigarsi».
Prese le sue cose e lanciata un'ultima occhiata allo specchio, BrightBlade uscì dalla stanza, chiudendo silenziosamente la porta alle sue spalle prima di dirigersi all'uscita.
Fuori era piuttosto freddo, ma BrightBlade, avvolto nel suo caldo mantello, si sentiva perfettamente a suo agio. Dopo aver girato attorno alla Gilda, il Paladino si incamminò fischiettando verso la Taverna, dove probabilmente si erano già riuniti i suoi compagni di viaggio.
Era molto presto: le strade del Regno, che più tardi sarebbero state invase dalla gente come in una fiera di paese, erano ancora deserte, fatta eccezione per qualche saltuario passante.
Il cielo stava lentamente cambiando colore: a occidente la notte sembrava non voler ancora cedere il passo al giorno, mentre sopra la testa del Paladino si stendevano come onde sprazzi di rosso, giallo e arancione, pronti a trasformarsi nell'azzurro di una bella giornata d'autunno.
Camminando per tutto il tragitto con il naso all'insù, BrightBlade raggiunse infine la Taverna. Nonostante l'ora, i saloni erano già pieni di grida e schiamazzi e l'aria era pervasa da un odore stranissimo, un miscuglio di pancetta affumicata, latte bollito, marmellata e birra.
Guardandosi attorno, il Gran Maestro individuò subito i suoi compagni. Immaginando che stessero facendo conoscenza – non tutti si erano incontrati prima di allora – il Paladino non andò subito al loro tavolo, ma raggiunse invece il bancone.
Riconoscendolo e notando che Nappa era impegnato altrove, una giovane cameriera si precipitò a servirlo:
«Buongiorno, signore! Che cosa desidera?»
«Buongiorno... ieri sera ero passato ad ordinare delle razioni da viaggio...»
«Un attimo, vado a chiedere in cucina».
Mentre aspettava, il Paladino si voltò a osservare i suoi futuri compagni di viaggio.
Non sembravano male assortiti: erano tutti ottimi combattenti da prima linea, ma non mancava loro né la discrezione, grazie alle arti da ninja di Albins, né la magia, grazie al passato di Eruner.
Erano decisamente un buon gruppo, concluse BrightBlade.
«Ecco a voi!»
La ragazza era tornata con due grossi sacchi: in previsione della permanenza in Katai, il Vassallo aveva fatto preparare razioni di pane elfico sufficienti a sfamare tutti quanti per almeno due settimane. In questo modo, il Paladino aveva speso una vera cifra, ma d'altronde quello era l'unico alimento che si sarebbe conservato per i due mesi del viaggio in mare senza ammuffire.
Naturalmente, avrebbero potuto farsi sfamare dal Tatsujin: BrightBlade però aveva sentito dire che l'estate appena trascorsa era stata molto arida in Katai, e che ora il continente si trovava sull'orlo della carestia.
Dopo aver messo in spalla le provviste e ringraziato la cameriera, il Paladino si avvicinò infine al tavolo dove si trovavano i compagni.
«Buongiorno a tutti, signori!».
Su consiglio del Vassallo, ordinarono latte caldo e una fetta della crostata con marmellata di castagne che la moglie del Taverniere aveva appena sfornato e che si dimostrò essere buonissima.
Non appena ebbero finito di mangiare, uscirono tutti dalla Taverna per recuperare le proprie cavalcature, che nel frattempo erano state nutrite a loro volta; BrightBlade invece li precedette a piedi fino ai Cancelli, dove fu raggiunto dal resto del gruppo.
«Avete preso tutto?»
Gli altri annuirono in silenzio.
Soddisfatto, il Vassallo si voltò e mormorò alcune parole in quello che Eruner riconobbe essere atlantideo. Pochi istanti dopo, lo spiazzo davanti i Cancelli fu colpito come da un fulmine, senza però che si udisse alcun rumore.
Tutti quanti ne furono abbagliati: quando tornarono a vedere bene, BrightBlade era già montato in sella a un imponente destriero bianco, la cui criniera sembrava tessuta con fili d'argento.
Tame era pronto ancora una volta a servire il suo padrone.
«Un normalissimo fischio no, eh?»
disse Eruner, scuotendo la testa sorridendo.
Ignorando la battuta, il Paladino di Atlantide voltò il cavallo a oriente.
«Si parte!»
Tame si impennò, scalciando nell'aria con le zampe anteriori e lanciando un poderoso nitrito, quindi partì al galoppo.
Gli Aspiranti si scambiarono una lunga, significativa occhiata.
Infine, spronarono a loro volta i cavalli e si accodarono al Paladino di Atlantide.
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