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Le Falci dei Custodi

Ultimo Aggiornamento: 13/03/2013 13:09
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Sesso: Maschile
Maestro
20/11/2008 18:09
 
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Katai era proprio come BrightBlade ricordava. L'aveva visitata ormai diversi anni prima, mentre era in viaggio con Cyber Dark alla ricerca del Diadema del Potere, e da allora non era cambiato nulla.
Costruita al centro di una vasta pianura, la città aveva conosciuto un imponente sviluppo nel decennio precedente, quando gli Shogun di Katai avevano unificato gran parte del continente, prima diviso in piccoli stati sotto il controllo dei tanti signori della guerra.
In quanto capitale del nuovo ''Koei Han'', o ''Impero Glorioso'', Katai era stata completamente rasa al suolo e ricostruita secondo i progetti dei più famosi architetti dell'epoca. La nuova città, a pianta circolare, era interamente circondata da alte mura di pietra spesse più di tre metri e sormontate da torri di pietra e legno a intervalli regolari. Sulla cinta si aprivano quattro portali, ognuno dedicato ad un particolare momento della giornata, secondo la posizione: ''Yake Koushimon'' o Porta dell'Alba ad est, ''Shogun Koushimon'' o Porta di Mezzogiorno (detta anche Porta dello Shogun) a sud, ''Nichibotsu Koushimon'' o Porta del Tramonto ad ovest e infine ''Ban Koushimon'' o Porta della Notte a nord.
Da ciascuna delle porte partivano quattro grandi viali che dividevano la città in altrettanti quartieri, prima di confluire nel Kanjoudoro, una grande strada a forma di anello che collegava i quattro viali e racchiudeva il Palazzo dello Shogun.
Sebbene il drappello venuto dal Regno fosse giunto alla città da ovest, fu invitato a girare attorno alla città per entrare attraverso la Shogun Koushimon, privilegio concesso solo ad ospiti ritenuti molto importanti. Una volta varcato l'imponente cancello, attorniato da quattro grandi torrioni quadrati sui quali sventolavano decine di vessilli variopinti, gli avventurieri trovarono ad attenderli un nutrito gruppo di soldati e un ancor più numeroso stuolo di servi, assegnati a cinque magnifiche portantine.
Il comandante della guarnigione si fece avanti e, dopo aver chinato il capo, fece cenno ai viaggiatori di accomodarsi sulle portantine.
BrightBlade aveva avvertito gli altri di una simile evenienza durante il viaggio. Sapendo che i compagni non avrebbero mai accettato di farsi portare in quel modo così ''lussuoso'', li aveva pregati di non opporre resistenza: in quella terra, infatti, l'etichetta era di grandissima importanza e rifiutare di salire sulle portantine avrebbe offeso lo Shogun.
Dopo che ogni viaggiatore si fu accomodato all'interno del suo ''koshi'' (questo il nome delle portantine), le guardie si disposero tutto attorno al piccolo corteo che si mosse alla volta del Palazzo Imperiale.
L'interno delle koshi era interamente foderato di stoffe pregiate. Pur non essendovi alcun sedile, gli occupanti trovarono morbidissimi cuscini sui quali accomodarsi, chi a gambe incrociate, chi in ginocchio e chi in modi ancora più strani, che avrebbero fatto sorridere gli abitanti del luogo.
Ogni koshi era dotata di tende che coprivano completamente l'ingresso e le aperture sul fronte e sul retro erano schermati in modo simile, impedendo a chiunque di scoprire chi fosse l'occupante del veicolo, ma anche a quest'ultimo di guardare all'esterno.
Dopo che il corteo si fu avviato, comunque, tutti gli inviati del Regno – ad eccezione di BrightBlade ed Albins, che già conoscevano la città – cedettero alla tentazione di scostare i lembi delle tende e sbirciare fuori.
Ai loro occhi apparve una città diversa da qualsiasi cosa avessero visto fino ad allora. Attorno al viale lastricato che stavano percorrendo, gli Aspiranti videro susseguirsi ordinatamente abitazioni dall'intelaiatura di legno scuro riempita da pareti bianchissime, che raramente superavano i due piani.
Lungo le strade, gli uomini camminavano da soli o a gruppi di due o tre persone, il capo rigorosamente chino. Di tanto in tanto, la comitiva incontrava piccole squadre di soldati intenti a pattugliare le vie o piccole bancarelle in cui si vendevano spezie, stoffe o si offrivano pasti caldi.
Per la prima parte del viaggio, gli Aspiranti notarono che quasi ogni edificio era occupato da un negozio o da un albergo. Questi ultimi si riconoscevano facilmente, perché sull'uscio stazionava sempre un piccolo drappello di giovani ragazze con il compito di attirare clienti.
Avvicinandosi al Palazzo, tuttavia, le attività commerciali lasciarono il posto alle abitazioni vere e proprie, che si facevano sempre più lussuose quanto più ci si allontanava dalla Porta del Sud.
Ben presto, il drappello si trovò a costeggiare vere e proprie ville, circondate da grandi giardini perfettamente curati, racchiusi da alte mura di pietra o legno.
Lungo il tragitto, gli Aspiranti attraversarono diversi piccoli ponti, segno che la città era attraversata da un sistema di canali artificiali; al contrario, durante tutto il viaggio non incontrarono mai una piazza.
Infine, il piccolo corteo giunse al cospetto del Palazzo dello Shogun. Una volta che le portantine furono deposte a terra, gli occupanti poterono scendere e sgranchirsi le gambe, mentre l'anziano Maestro di Palazzo, Aiko Matsu, dava loro il benvenuto. Davanti a loro, si innalzava una cinta di mura ancora più imponente di quella che racchiudeva la città.
La muraglia di pietra bianca svettava sulle piccole case della città come un gigante, innalzandosi per quasi dieci metri. Come le mura perimetrali, anche questa era interrotta a intervalli regolari da torrioni quadrati sormontati da tetti aguzzi di legno dipinto di rosso. I cancelli del Palazzo erano a loro volta imponenti: larghi cinque metri ed alti otto, erano interamente di bronzo: sulle ante erano scolpite scene di guerra raffiguranti le grandi battaglie che avevano portato all'ascesa dello Shogunato. Al centro del portale, troneggiava un gigantesco fiore a tre petali, inscritto in un cerchio.
Lentamente, le due ante di bronzo ruotarono sui cardini bene oliati, per lasciar accedere gli ospiti.
Oltre i cancelli si stendeva un grande parco, solcato da ruscelli artificiali e punteggiato da alberi di ogni specie. Il giardino era circondato da un porticato, attraverso il quale si accedeva alle varie zone del Palazzo. Seguendo la propria guida, gli Aspiranti e il Vassallo girarono attorno al parco, camminando su lucidissimi pavimenti di legno sui quali i tacchi degli stivali da viaggio sembravano rimbombare come tamburi.
Agli occhi dei visitatori, il Palazzo sembrava quasi disabitato: fatta eccezione per qualche sporadico membro della servitù – che si affrettava a cedere il passo alla comitiva con inchini così accentuati da risultare quasi ridicoli – il drappello non incontrò persone lungo il percorso.
Soltanto grazie alla loro esperienza gli Aspiranti notarono le numerosissime guardie nascoste in ogni angolo dell'edificio. Quando Claudium ne fece parola con BrightBlade, il Vassallo annuì con aria sorniona.
«Vediamo se qualcuno di voi riesce a contare quante guardie incontreremo da qui alla sala di ricevimento...» aggiunse subito dopo, strizzando l'occhio ad Albins, che conosceva già la risposta.
Più di cinque minuti dopo, il gruppo raggiunse finalmente la propria destinazione: una piccola camera poco distante dalla sala del trono, dalla quale si aveva accesso ai bagni del Palazzo. Cinque pile perfettamente stirate di asciugamani aspettavano gli ospiti adagiate su altrettanti sgabelli, segno inequivocabile che per questi ultimi era in programma un bel bagno ristoratore.
Dopo aver informato gli ospiti che sarebbe ritornato un'ora più tardi, il Maestro di Palazzo si allontanò dalla stanza.
Guardandosi attorno, gli Aspiranti furono sorpresi dall'eleganza dell'arredamento: mobili in legno d'ebano, stucchi dorati e lampade variopinte si alternavano per tutto l'ambiente. Quanto ai bagni, erano un capolavoro di architettura: Eruner stesso dichiarò che soltanto le terme viste nei suoi viaggi a sud dell'equatore erano ancora più belle.
La camera in cui si trovavano dava infatti accesso a un vasto salone circolare, occupato da una grande piscina di acqua calda. La volta del padiglione era sostenuta da quattro gigantesche magnolie, del cui aroma era intrisa l'aria. Il soffitto era costituito da due coni sovrapposti: quello inferiore era sorretto dai quattro alberi, mentre quello superiore scaricava il peso in parte sulle pareti esterne ed in parte sul soffitto inferiore stesso. Nel complesso, la struttura costituiva un vero e proprio modello della leggendaria abilità del popolo di Katai di creare spettacolari giochi di luce.
I raggi del sole, infatti, entravano attraverso una grande finestra circolare, che occupava il centro del tetto esterno. La faccia inferiore di quest'ultimo e quella superiore del soffitto interno erano entrambe completamente rivestite di argento, quindi la luce veniva riflessa uniformemente lungo l'intercapedine tra i due coni, fino a raggiungere le falde del cono inferiore: a quel punto, una corona di specchi rifletteva la luce al di sotto, diffondendo un alone bianco e soffuso, che illuminava solo parzialmente la stanza. A completare il tutto, piccole monete d'oro e d'argento e nastri di sete colorate pendevano da sottilissimi fili annodati al soffitto o ai rami delle magnolie, sfavillando come diamanti e dondolavano lentamente, agitati dall'aria calda che saliva dalla piscina.
Inutile dire che l'effetto, nel complesso, era mozzafiato.
Dopo aver trascorso venti minuti a languire nella vasca centrale, i compagni di viaggio andarono a occupare cinque delle sedici stanze che attorniavano il padiglione della piscina.
Ciascuna delle stanze era attrezzata con una piccola vasca di acqua tiepida, incavata nel pavimento, nella quale gli ospiti completarono il bagno.
Quando fecero ritorno nell'anticamera, i seguaci del Regno scoprirono che i loro abiti erano scomparsi: al loro posto, li attendevano cinque damigelle con altrettante tuniche pulite.
Mentre aiutavano gli ospiti a rivestirsi, le cinque donne non sollevarono mai gli occhi da terra né proferirono parola, limitandosi a stringere fiocchi e sistemare frange per tutto il tempo.
Completata la vestizione, i compagni si osservarono in uno dei tanti specchi della stanza: loro malgrado, dovettero ammettere di essere decisamente buffi.
Solamente Albins era perfettamente a suo agio nella tunica dalle larghe maniche che avevano indossato, e anche Eruner aveva un aspetto elegante e aggraziato – dopo tutto, l'abbigliamento degli elfi ricorda vagamente quello degli orientali. Drago, Claudium e BrightBlade, invece, sembravano appena usciti da una festa in maschera: era chiaro che i tre preferivano di gran lunga la sicurezza di una cotta di maglia al lusso della seta, e per quanto si sforzassero sembravano vagamente fuori luogo. Quanto all'equipaggiamento, esso era stato sistemato con cura all'interno di un baule, dove i compagni avrebbero potuto recuperarlo una volta parlato con lo Shogun (era infatti proibito portare al cospetto dell'Imperatore oggetti che non fossero doni, e men che meno armi!).
Appena fuori dall'anticamera, Aiko Matsu era già pronto per accompagnarli, sebbene mancassero ancora dieci minuti all'orario prefissato: di conseguenza, i compagni ne approfittarono per porgli qualche domanda.

(OT: ovviamente... ponete qualche domanda!
Una volta che avrò risposto tramite Aiko Matsu, proseguiremo con il colloquio con lo Shogun, che ci spiegherà per bene tutti i dettagli e ci darà i primi suggerimenti per il futuro. Da quel momento, mi limiterò a fare da narratore – o un po' da ''dungeon master'', se preferite – facendo andare avanti la storia e aggiungendo via via dettagli seguendo la trama concordata con Eruner: il resto spetta a voi!)
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