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Le Falci dei Custodi

Ultimo Aggiornamento: 13/03/2013 13:09
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Sesso: Maschile
Maestro
03/10/2008 13:38
 
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Il paesaggio al cospetto del monaco era splendido. L'immensa distesa d'erba si agitava ritmicamente, onda dopo onda, sospinta dal forte vento. All'orizzonte, un salice si ergeva come uno scoglio solitario, le fronde cullate nell'aria satura dei colori dell'alba. Era un luogo che esisteva al di fuori dello spazio e del tempo. Il lento scorrere dei secoli e il battito d'ali di una farfalla si confondevano in quell'eterno presente in cui il pensiero umano sembrava arrendersi, sopraffatto da tanta bellezza.
I lama del sud ritenevano che il mondo fosse abitato dal Nulla e che tutto fosse Apparenza, Vuoto: ma in quel momento, le loro pur profonde riflessioni erano come disperse dal vento, rese esse stesse vuote dalla profonda verità di quella valle, una verità che parlava alla mente prima ancora che ai sensi.
Il ciclico trascorrere delle stagioni, il ritmo imperturbabile della natura erano manifestazioni di un altro Tempo, tanto vero quanto l'inesorabile avanzare degli anni: in quel luogo speciale, queste due dimensioni sembravano toccarsi, manifestarsi insieme.
Forse la natura non era una madre ingannatrice, come sostenevano i lama; forse quella valle non era affatto una ''maschera del Nulla''. In quel momento, sembrava piuttosto l'immagine di un mondo superiore ed eterno, di ciò che dà forma alle cose e ti permette di riconoscerti allo specchio, sempre te stesso nonostante il tempo sia passato... e ti abbia cambiato. Una costante spirituale, una sorta di ''tempo dello Spirito'' tanto vero quanto lo è quello della Carne. Due dimensioni indissolubili, che si incontrano ad ogni festa, ad ogni ricorrenza...
Persino in quel momento, in cui il sole stava sorgendo, quei due mondi si incontravano; anzi, l'eterno volgere del sole era la prima e più costante manifestazione dell'unione tra il tempo ciclico e quello lineare.
Raggiunto il salice, il monaco si sedette ai suoi pedi, stanco dopo un'intera notte di cammino.
Si ricordò in quel momento che proprio quel giorno era il Solstizio d'Autunno: esattamente cinque anni prima, aveva superato il suo Kenmei na Saiban ed era diventato un monaco.
Fu questo pensiero a fargli spalancare gli occhi. Ora, come cinque anni prima... cinque anni prima, Solstizio d'Autunno...
Il tempo era trascorso, giorno dopo giorno, ma erano le ricorrenze a farglielo percepire. Se non ci fosse stato un solstizio, un'alba e un tramonto, non se ne sarebbe accorto.
Che cos'è il tempo? E' il regolare scorrere della sabbia all'interno di una clessidra?
Eppure, quello scorrere perdeva ogni significato senza il tempo ciclico, che proprio nel suo eterno ed immutabile ripetersi dava dimensione e sostanza all'altro, al tempo lineare... e dava all'uomo riferimenti, tappe della sua Storia, cioè della sua identità.
L'eternità terrena, di colpo, apparve agli occhi del monaco come la più terribile delle maledizioni: poiché era un eterno presente, una clessidra sempre piena, un tempo senza stagioni, senza tramonti, senza ricorrenze, senza passato, e quindi senza identità.
Il monaco rivolse il suo pensiero ai Bannin, i Custodi delle Falci: com'era la loro vita? Eppure la stessa parola ''vita'' non aveva senso, nel loro caso. La vita per definizione ha termine: si può dire ''vive'' di qualcuno che non muore?
Gli fu allora chiaro il terribile fardello di quegli uomini, i quali per proteggere le Falci avevano rinunciato a tutto: al proprio passato, alla propria vita, alla stessa umanità, disposti a esistere sospesi nel tempo, senza ieri o domani... soltanto un interminabile oggi.
Dovevano essere personalità eccezionali: per un comune mortale, un simile peso avrebbe ben presto significato la follia.
Il monaco rivolse più di una preghiera in loro favore, quindi raccolse le sue cose e, dopo aver carezzato il tronco del salice, riprese il cammino. Sebbene fosse stremato, sapeva di essere inseguito e non poteva permettere che lo prendessero... No, doveva raggiungere la Jutaku-Tatsujin, a qualunque costo!
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