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L'origine del Mistero...

Ultimo Aggiornamento: 17/11/2011 04:06
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Sesso: Maschile
Eroe
03/06/2007 21:05
 
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Vinyadan e Dondolin, nel frattempo, si erano inoltrati nella caverna. Le innumerevoli ragnatele che ne avevano coperto l’ingresso erano scomparse, man mano che i due aspiranti Vassalli si erano fatti avanti verso l’interno, come se qualcuno si fosse assurdamente preoccupato di rimuoverle. Dondolin camminava silenzioso, il sentiero davanti a lui illuminato dalle rune sul dorso di Olyva, eppure il suo disagio era evidente. Un druido non può amare gli angusti spazi vuoti che si stendono sotto la superficie del mondo. Vinyadan, dal canto suo, aveva estratto dalla borsa una crocellina d’argento e se l’era messa al collo. Quello sembrava il posto giusto per incontrare dei non morti… o forse no. Gli zombie di solito non si preoccupano di strappare le ragnatele dai muri, e l’estetica è una caratteristica tipicamente umana. Naturalmente, poteva benissimo trattarsi della casa di qualche negromante ossessionato dalla pulizia (psicopatici di questo genere erano bizzarramente numerosi fra le fila dei servi del male), ma in questo caso vi sarebbero senz’altro stati dei pezzi anatomici sparsi a destra e manca, cosa che al momento i due non vedevano. Infine, dopo una mezz’ora di cammino, sbucarono in una grande sala che si aprì improvvisamente davanti a loro, subito dopo una svolta dello stretto budello. Lo spettacolo era senz’altro strano. Le pareti della stanza, evidentemente scavate da mani umane nella viva roccia, brillavano di una propria luce soffusa ed opaca, che, tuttavia, rispetto all’oscurità da cui arrivavano i visitatori, sembrava chiara come il giorno. L’aula era molto spaziosa, sui trenta passi di larghezza; la cupola che la sovrastava era alta quasi altrettanto. Al suo centro sorgeva qualcosa di simile ad un altare, intorno al quale erano disposti in cerchio numerosi troni di roccia rossa; uno solo era fatto di un metallo fra il viola ed il nero, ed era più alto degli altri. Sull’altare era sdraiata una figura. Dondolin fece per avvicinarsi ad osservarla, ma si ritrasse. Vinyadan si voltò a guardarlo.
«Va tutto bene?», chiese.
«No, non va bene proprio un bel niente. Non avete freddo? Non sentite il male che esce da… da quell’essere?»
«Io non sento proprio niente», rispose Vinyadan, appressandosi all’altare. Una volta che fu a fianco di esso, tuttavia, fece un passo indietro, sibilando, ma subito dopo, osservato meglio il corpo, chiese a Dondolin con un cenno di avvicinarsi.
«Avevate ragione, amico mio», disse al druido. «Male e freddo in uguale misura mischiati».
Il corpo era duro e gelido come il marmo, il suo volto pallido e crudele, nonostante le palpebre fossero chiuse ed i lineamenti immobili. Vi era qualcosa di deforme ed innaturale in esso, ben al di là del colorito cinereo della pelle; le labbra, semiaperte, mostravano l’interno di una bocca nera ed orribile, i cui canini sproporzionati protrudevano minacciosi, a ricordare sempre la Fame che animava le veglie notturne della creatura.
«Un vampiro», disse Dondolin. «Per fortuna, all’esterno è ancora giorno. Se fossimo entrati al crepuscolo…»
«…ci sarebbe stato qualche corpo in più, in questa grotta. Ma non sono certo del fatto che sarebbero stati i nostri. Guardate». Le vesti del vampiro erano ricoperte di polvere, come se fosse stato un soprammobile che nessuno avesse avuto voglia di pulire per vari anni. Eppure, non vi era sporcizia sopra i troni. «Questo brutto coso non è qui di sua spontanea volontà.»
«Chi è che rapisce un vampiro?», chiese Dondolin, piuttosto sorpreso. Sapeva di gruppi di pazzi disposti a venerare i vampiri, pur di essere trasformati in loro simili, ma questa dei sequestratori era una novità.
Vinyadan non ne sapeva più di lui. «Non ne ho idea», rispose, stringendosi fra le spalle, «e può benissimo essere che stia prendendo una cantonata colossale. Intanto, sarà bene consegnare questa creatura al nulla da cui proviene.» Si tolse la piccola croce dal collo e la infilò nella bocca del Dannato. Non vi furono suoni, i due videro solo il corpo che si disfava e si tramutava in cenere.
«Be’, un servitore del male in meno», commentò Dondolin. Olyva, nel frattempo, aveva fatto il giro delle pareti della sala «Credo che dovremmo tornare da dove siamo venuti, a meno che non vogliamo tendere un’imboscata agli utenti di questi troni», aggiunse. «Olyva non ha trovato alcun passaggio, oltre a quello da cui siamo venuti».
«E’ meglio che torniamo indietro», disse Vinyadan. «Non vorrei che i frequentatori di questa grotta rappresentassero la seconda forma di male individuata da Vesnar. Sarà meglio che ci riuniamo ai nostri compagni.» Si stava voltando per andarsene, quando notò qualcosa luccicante nella cenere; dopo averla soffiata via, si trovò davanti ad un monile, una collana cui era appeso un pentacolo a testa in giù. Allungò la mano verso di esso.
«Non dovreste toccare il baphomet, Vinyadan!», esclamò Dondolin. «E’ una delle vie preferite del Demonio. Non toccatelo!»
«Non temete», rispose Vinyadan, infilando la macabra collana nella borsa. «La mia anima ed il mio corpo sono la stessa cosa. Non posso essere posseduto.»
«Può essere, ma non mi sembra il caso di correre rischi inutili. Porterete nel mondo un baphomet? Piuttosto, lasciatelo qui! La cosa migliore, comunque, è sempre distruggerlo.»
«No, stavolta non è il caso. Voglio capire che diavolo succedeva in questa sala. Darò l’amuleto ad un chierico, saprà come renderlo inoffensivo. Non vi è nulla di cui preoccuparsi, Dondolin! Finché il baphomet sarà in questa borsa, non potrà fare nulla.»
Ma Vinyadan sbagliava; poiché il Male, così come il bene, può manifestarsi in molte forme, e più astute di quanto i viventi immaginino. Nella sala più alta della torre, una figura si alzò dal suo seggio di pietra, sorridendo malignamente. Un amuleto in forma di pentacolo splendeva al suo collo. L’aria intorno all’essere vibrò per un istante, mentre prendeva l’aspetto di Vinyadan. Poi scese le scale.

[Modificato da Vinyadan 03/06/2007 21.06]

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