Ci volle pochissimo per giungere sotto le fronde del più grande albero che Majere avesse mai visto.
Era davvero imponente, stagliato contro il cielo che si arrossava nel tramonto.
la corteccia rossa risaltava sullo sfondo verde dell'erba, e, tra le foglie più alte, era possibile intravedere le bacche nere che facevano capolino tra i rami.
"Eccole!" gridò Randal incdicando gli agognati frutti.
"Tzé, sarà un gioco da ragazzi prenderle" disse Jekyll.
"No, Cavaliere, aspettate!" Oredin non fece in tempo a fermare l'Aspirante Vassallo. Questi protese una mano, che fu però respinta da uno strano filamento dorato. "Ahio!" urlò il Cavaliere, mentre un segno rosso si profilava nettamente sul dorso della mano.
INcuriosito, comunque, fissò il filamento, che ondeggiò serpeggiò, e si ritirò fra le foglie.
"Quello era il serpente?" chiese Randal.
Oredin annuì. "Messer Jekyll, dovreste fare più attenzione"
Jekyll, massaggiandosi la mano offesa, annuì contro voglia.
"Beh" chiese Randal "nano, dacci un consiglio. Come dovremmo fare aprendere quelle bacche?"
Oredin si avvicinò all'albero.
Appoggiò la mano sulla corteccia, e stette immobile, come in ascolto.
Dopo poco, un movimento tra le foglie, una testa triangolare grossa il doppio di quella del nano sbucò, fissò proprio oredin che aprì gli occhi e li pose in quelli del Serpente.
Oredin chinò il capo. "Chi ssssiete voi? Chi ssssiete per violare i miei confini? Chi ssssiete e cosa volete da me?"
"Beh, noi siamo Aspiranti Vassalli del Regno di Bul-lub-blue dra...
Ogino, che aveva cominciato a parlare, incespicò quando i grandi occhi dorati del serpente gi lanciarono uno sguardi di fuoco, per fargli capire che non intendeva parlare con lui. "Chi sssssiete?" ripeté il serpente rivolgendosi ad Oredin e a lui soltanto.
"Amici della foresta"
"E Perchè violate i miei confini?"
"Dobbiamo implorare il tuo aiuto, per salvare una vita innocente"
Il Serpente si ritrasse.
Sembrava che sorridesse, quando ricacciò la testa tra i rami, dove non la si poteva vedere.
"Non avrete il mio aiuto, se non superete la prova a cui vi sottoporrò.
Ognuno di voi dovrà affrontare una provae solo chi la passerà avrà da me un dono: la vita. Anche la vostra amica, sapete? Anche lei verrà sottoposta a una prova."
"E come farà" obbiettò Majere "Non vedete in quale state ella è ridotta? Non è certo in grado di combattere!"
"Oh, stolto" disse il Serpente, finalmente rivolgendosi agli altri Aspiranti: "Dovrete combattere, certo, ma non sarà con le armi che troverete la vostra via lungo il periglioso cammino che vi ta davanti. Non dovrete macchiarvi le mani di sangue per superare la prova, non dovrete macchiarvele di sangue altrui almeno, anche se non poso assicurarvi che voi stessi non farete scorrere il vostro sangue."
Queste parole svanirono nel nulla, mentre il mago cadeva in un sonno profondo, seguito dai suoi compagni.
Era di nuovo lì, nel buio.
"No" pensò Majere "non di nuovo"
Sentiva che non avrebbe sopportato un'altra delle torture psicologiche del sarpente.
"Morirò. Nella migliore delle ipotesi"
Se in quel luogo fosse stato dotato di un corpo, avrebbe rabbrividito, ma non era il corpo di Majere quello che fluttuava nel nulla più totale.
Ad un tratto, Majere rivide la lucina, tale e quale a quella che aveva visto nella prima prova. Ma ora che sapeva cos'era, la vedeva rossa.
Rosso fuoco, la stella rossa si avvicinò a Majere, Majere che era sull'orla delle lacrime senza poter piangere, era nel panico senza poter urlare.
Di nuovo le linea si definirono. Avvolto in vesti scarlatte, una figura di elfo si stagliò nel buio. Calato sul volto un cappuccio, stretta nella mano sinistra una spada insanguinata.
Il riflesso di Majere si tolse il cappuccio. Dalle labbra sottili colava un rivoletto di sangue, non suo.
Mentre gli occhi del riflesso scavano nella sua anima, Majere cadde in ginocchio, per quanto questo potesse avere un significato in un luogo come quello.
Ed un tratto seppe. Vide immagini di morte, di dolore. Inter villaggi rasi al suolo, gli abitati torturati, abbandonati alla morte solo dopo aver patito atroci sofferenze. Donne, bambini, tutti morti, squartati, impalati, ricoperti di sangue.
Majere stava per esplodere. Era sempre lì, fermo, carponi nel buio, eppure contemporaneamente era in tutti i luoghi e in nessuno.
Ad un tratto, il riflesso fu distratto da qualcosa.
Una nuova lucina, bianca questa volta, si avvicinava.
Majere la vide subito chiaramente: era una donna, anzi, una ragazza. La più bella che il mago avesse mai visto.
Camminava ancheggiando verso di lui, come ignara di ciò che Majere stava passando.
Gli si avvicinò, si chinò e gli terse il sudore dalla fronte, poi lo aiutò a rialzarsi. Appoggiadosi a lei, Majere si rimise in piedi, confuso da ciò che tava succedendo. Anche il riflesso di Majere era come sconcertato.
"Vedi" disse la ragazza. "Non siete uguali. Guarda le sue mani, artigli laceratori. Guarda le tue.
Guarda le sue labbra, sottile fessura pronunziante canti di terrore. Guarda le tue.
Non siete uguali.
Guarda le sue armi. Terrore e Dolore. Guarda le tue di Aspirante.
Non siete uguali, tu e lui."
Negli occhi sanguigni del riflesso, ora si scorgeva quasi un lampo di paura.
"Chi sei tu?" chiese ancora.
Majere aveva capito.
Sotto i suoi occhi il riflesso si disintegrò, come uno specchio che va in frantumi.
Stordito, incredulo per il fatto che doveva aver superato la prova, il mago si voltò per ringraziare la ragazza.
Ma questa era svanita.
Majere rinvenne ai piedi dell'albero. Sfinito, vomitò l'anima nel ruscello, ma la foresta non sembr aversene troppo a male. Certo che non avrebbe potuto sopravvivere a un0altra cosa del genere, Majere si abbandonò sull'erba, in attesa dei compagni.