Proprio mentre i due Vassalli si preparavano all'attacco, il suono profondo di un corno echeggiò nella pianura.
I portatori erano finalmente riusciti a far passare la sfera che trasportavano oltre il cancello, e si erano fermati a recuperare le forze all'ombra del muro diroccato, quando il suono del corno li fece sobbalzare. Sull'uscio era comparso un guerriero, vestito con la tipica armatura dei Samurai. Montava uno splendido destriero bianco, e la sua armatura sfavillava di sfumature rosse e verdi.
La statura del cavaliere era singolarmente ridotta, tanto da far pensare ad un nano o a uno gnomo, ma il portamento era quello fiero ed orgoglioso ai limiti dell'arroganza di un titano. Eppure, c'era qualcosa di anomalo in quella sagoma sgargiante, qualcosa che ne spezzava l'armonia, ne snaturava la bellezza.
Osservandolo, BrightBlade ebbe la strana impressione di stare guardando uno di quegli splendidi dipinti nel Salone degli Arazzi del Regno, in cui si raffigurano cesti pieni di frutta nel pieno della maturazione: proprio come nei quadri del Merisio, in quella figura straripante di vitalità aleggiava impalpabile lo spettro della morte.
Il cavaliere, nel mentre, era sfilato davanti agli attendenti della sfera senza degnarli di uno sguardo, seguito da una lunga colonna di uomini che indossavano le livree del Tempio dell'Estate. Sia Jekyll che BrightBlade notarono il pessimo stato in cui versavano quelle divise, spesso strappate o sporche di sangue, e l'incedere meccanico e a tratti scoordinato dei soldati non lasciava presagire nulla di buono. Anche il loro numero era agghiacciante: quando i portatori della sfera si accodarono all'ultimo drappello con il loro pesante carico, il cavaliere alla testa del contingente era ormai sparito dietro la bassa collina a nord degli edifici da almeno cinque minuti.
«BrightBlade, abbiamo un problema...»
«Che cosa...»
Completamente assorto dalla vista della piccola armata, il Gran Maestro si era completamente scordato dei nemici nei paraggi, che sembravano essersi invece finalmente accorti dei Vassalli. Ignari del fatto che i due cavalieri li avessero notati già da tempo, i soldati si stavano muovendo attraverso l'erba alta, silenziosi come gatti, preparandosi a circondare gli intrusi.
Jekyll scoccò un'occhiata preoccupata attorno a lui. Come tutti i Vassalli, non temeva né morte né sconfitta, ma proteggere i due ragazzini in mezzo a così tanti nemici sarebbe stata un'ardua impresa...
«Dannazione, è vero. Ma che mi passa per la testa?...»
BrightBlade tacque per un attimo, quindi si voltò verso l'amico.
«Ascoltatemi. Uno scontro in campo aperto è troppo rischioso. Dobbiamo cercare di raggiungere l'interno del monastero, ormai non ci sarà nessuno»
«Già, ma come ci arriviamo?»
«Quando vi darò il segnale, prendete Arynn e Haruvien e correte verso quella breccia sul muro. Io penserò a proteggervi fino all'interno, poi attirerò su di me tutti i nemici che posso. Una volta dentro, raggiungete il cuore del Tempio e recuperate le Bannin Kama, se possibile. Ma fate attenzione, c'è...»
«L'ho sentito anch'io. Ma siete sicuro di farcela? Sono parecchi soldati, e da più direzioni...»
«Pensate soltanto ai due uomini davanti a voi, gli altri non potranno nuocervi in alcun modo.
Ora aspettate qui, io mi allontano di qualche passo per distrarli. State pronto!»
Detto questo, BrightBlade si fermò, si colpì la fronte con la mano, come se si fosse scordato qualcosa, e si mosse bruscamente verso sinistra.
«Che succede?» disse Haruvien.
Jekyll si chinò.
«Ascoltami, ora ti prendo sulle spalle, tu aggrappati bene a me. Dobbiamo fare una corsa fino a quelle case laggiù»
Cercando di essere il più naturale possibile per non insospettire le guardie, Jekyll si caricò il bambino sulle spalle.
«Ci sono dei nemici» disse Arynn. Era una constatazione, non una domanda.
«Sì, ma BrightBlade ci coprirà mentre corriamo. Però tu devi restare vicina a me, non ce la faccio a portarvi tutti e due»
«Io resto a combattere»
«Non se ne parla nemmeno! BrightBlade ha detto...»
«ORA!!!»
Il grido del Paladino di Atlantide mozzò il fiato al Cavaliere del Nord. Reagendo d'istinto, Jekyll agguantò Arynn per un braccio, mentre con la mano libera sguainava la spada.
Eothen doveva aver capito perfettamente il piano, perché immediatamente scattò davanti al suo padrone e si abbatté sul primo dei due soldati con la forza di una cannonata. L'altro soldato esitò, indeciso se aiutare il compagno, ma così facendo facilitò il compito a Jekyll: il Vassallo lo stese con un fendente di piatto che avrebbe potuto stordire un troll.
Come previsto, gli altri soldati si mossero immediatamente per intercettare la fuga. Jekyll era già pronto ad affrontare il primo, quando udì il grido del compagno alle sue spalle:
«Khan!»
All'improvviso, due scintillanti barriere di luce lo circondarono a destra e a sinistra, scaraventando in aria i nemici più vicini. Lo scudo si estese a una velocità impressionante su entrambi i lati, arrivando a lambire le mura del Tempio: e la cosa più incredibile era che Jekyll non avvertiva alcuna energia attorno a lui! Rimandando a più tardi le domande, il Cavaliere del Nord si precipitò lungo quella strada sicura in cui persino i suoni giungevano attutiti. Ogni tanto, un bagliore a destra o a sinistra segnalava che qualcosa – probabilmente un pugnale o uno dei letali shuriken utilizzati dai ninja – doveva essersi infranto sulla barriera.
Nonostante tutto, Jekyll raggiunse incolume il punto in cui il muro perimetrale del Tempio era crollato. Solo quando ebbe raggiunto l'apertura, lo scudo iniziò a brillare in modo anomalo. E solo in quel momento, il Cavaliere del Nord si accorse che Arynn non era più con lui.
Tuttavia, il Vassallo non ebbe tempo di preoccuparsi della ragazza: oltre la breccia, infatti, lo attendeva un nugolo di nemici pronti a combattere, nemici ben più orribili dei ninja che Jekyll si sarebbe aspettato...
Il grido di sorpresa del bambino sulle sue spalle e il ringhio intimorito del grande lupo alla sua destra bastarono a sottolineare la scena.
«Haruvien, qualsiasi cosa succeda, tieniti forte»
mormorò Jekyll, stringendo con nuovo vigore la spada e dando un'ultima occhiata alla sinistra figura che si ergeva alle spalle di quelle creature.
Quindi, seguito da Eothen, si gettò nella mischia.
**********
BrightBlade si piegò su un ginocchio, mentre concentrava su di sé l'enorme flusso di energia proveniente dallo scudo. In realtà, non si trattava in principio di una tecnica faticosa: a differenza di quasi tutti gli scudi magici esistenti, infatti, il Khan si
nutriva letteralmente della forza stessa degli attacchi che lo colpivano. Tuttavia, sebbene l'idea potesse apparire geniale, essa non era priva di controindicazioni. Come quasi tutti gli incantatori imparano prima o poi a proprie spese, il problema di qualunque cosa assorba energia (sia essa un mago, una pietra o uno scudo) è proprio il fatto stesso di assorbire energia, e dunque la necessità di contenerla o scaricarla da qualche parte in modo non distruttivo. Lo scoppio dei cristalli prismatici e degli accumulatori mistici è un suono familiare in qualunque scuola di magia che si rispetti, tanto quanto lo sono i successivi rimproveri dei maghi più anziani. Ma se in quelle occasioni gli esperimenti vengono condotti in ambienti controllati e maneggiando modeste quantità di mana, tutt'altra situazione era quella in cui si trovava il Paladino di Atlantide.
I nemici attorno a lui stavano tempestando gli scudi di colpi, apparentemente incapaci di individuare e attaccare la fonte dell'incantesimo, e il Kahn era l'ultima tecnica appresa dall'atlantideo, dunque la meno padroneggiata.
Quando ancora Jekyll era a metà strada, il flusso di energia era tale da far fumare le piastre dell'Armatura di Atlantide ed ingiallire l'erba attorno al Paladino nel raggio di un metro. Subito dopo, l'aria stessa iniziò ad arroventarsi, e BrightBlade si pentì amaramente di non aver indossato l'elmo quando avvertì i peli della barba sfrigolare ed infiammarsi come paglia. Completamente accecato dalle lacrime, l'atlantideo riuscì appena a scorgere la sagoma indistinta dell'amico balzare oltre il muro di cinta del Tempio, prima che il Kahn sfuggisse completamente al suo controllo.
L'atlantideo non fece neanche in tempo a gridare: un lampo di luce lo accecò completamente e una vampa di fuoco e fulmini lo travolse, spazzandolo via.
Arynn si trovava a circa dieci metri dal Paladino di Atlantide, al momento dello scoppio. Quando Jekyll l'aveva afferrata, era corsa con lui verso il Tempio di fronte a loro, fino a quando non erano comparse le due barriere di luce. A quel punto il Vassallo, probabilmente colto di sorpresa, l'aveva lasciata, e lei si era voltata per scoprire da dove venisse quella magia.
Alle sue spalle, BrightBlade sembrava avvolto da una sorta di aura luminosa e pulsante, che sembrava crescere sempre più. La ragazzina aveva visto l'atlantideo cadere in ginocchio, come se un macigno pesasse sulle sue spalle. Era stato allora che Arynn aveva deciso di andare ad aiutarlo, ed era tornata indietro. Per sua fortuna, non aveva compiuto che pochi passi quando il Vassallo perse il controllo della magia.
Fu come se un fulmine fosse caduto dal cielo proprio sul Paladino: Arynn fu scaraventata a terra dall'onda d'urto e un getto d'aria bollente le sfiorò il volto. Completamente assordata dal tuono, la ragazza cercò di rimettersi in piedi, ma una seconda folata di vento, questa volta più lunga e accompagnata da un cupo brontolio, la gettò di nuovo a terra.
Quando si riprese, Arynn avanzò carponi verso l'ultimo punto in cui aveva visto BrightBlade, cercando di non far caso ai lamenti che venivano da destra e sinistra e che avevano assai poco di umano.
Alla fine, dopo aver girato attorno a un piccolo cratere fumante, la ragazza raggiunse il luogo dove era atterrato il Paladino di Atlantide.
«BrightBlade?»
Il Vassallo era disteso a terra e non aveva affatto un bell'aspetto. L'armatura era annerita e la pelle era piena di ustioni e Arynn si affrettò a spegnere due o tre scintille nell'ispida barba dell'uomo, prima che si trasformassero in un piccolo incendio. Il Paladino perdeva sangue dalle orecchie e dal naso e, cosa ancora più preoccupante, non sembrava volerne sapere di riprendere i sensi.
Arynn si voltò, sperando che Jekyll stesse arrivando in suo aiuto.
Ma non vi era traccia del Vassallo. Al contrario, agli occhi della ragazza si parò uno spettacolo orribile, che sarebbe per sempre rimasto nei suoi occhi.
Qualcosa si stava sollevando dall'erba. Non si poteva definirli uomini: forse, un tempo lo erano stati, ma anche di quello si poteva dubitare. Soltanto la mente di un dio malato poteva avere partorito quella follia, quegli ammassi di carne e organi collegati quasi casualmente, come un'orrida parodia della vita.
L'esplosione aveva lacerato e bruciato quelle creature, ma non abbastanza da cancellarle dalla faccia del pianeta, né da impedire ai loro arti contorti di contrarsi in preda agli spasmi della vita corrotta che li alimentava.
In preda al panico, Arynn iniziò a scuotere il Paladino di Atlantide, tentando invano di risvegliarlo, quindi cercò di trascinarlo lontano da quei mostri orribili che già iniziavano a muoversi verso di loro.
Tuttavia, dopo aver percorso appena qualche metro, capì che non sarebbe mai riuscita a distanziarli. Non sapendo cos'altro fare, la ragazza lasciò andare il Vassallo, gli girò attorno e quindi – non senza difficoltà – riuscì a sguainare la grande spada del Paladino.
Arynn non aveva mai combattuto prima e la spada era smisuratamente grande rispetto alla sua statura, ma non appena la ebbe impugnata avvertì un rassicurante tepore diffondersi dall'elsa nelle mani e nelle braccia. Per di più, la Lama di Atlantide era incredibilmente leggera nelle sue mani, forse anche più delle armi di legno con cui giocava a volte con Haruvien.
Incoraggiata da queste sensazioni positive, Arynn assunse quella che supponeva essere una buona posizione difensiva e si preparò ad affrontare gli orrori che le venivano incontro...