E non solo americani!
Ultimamente non sto guardando molti film, ma alcuni mi hanno colpito molto in positivo.
Il primo è
Metropolis di Fritz Lang.
Film tedesco del 1927, chiunque abbia anche solo un minimo di interesse per il mondo della cinematografia lo conosce. Per chi invece è una persona normale: il film propone una società a strati, nel senso più vero della parola. In quella che secondo me è Roma (ci sono un paio di indizi in questo senso), ma che ora è nota come Metropolis, vive il giovane Freder, figlio di Jon Fredersen, la mente geniale a cui Metropolis deve la sua esistenza. Metropolis è infatti una città perfetta: parchi idilliaci, aree sport, locali notturni, strade piene di auto (siamo nel '27, le auto erano una cosa per straricchi).
Questa però è solo la superficie di Metropolis. Al di sotto, infatti, si trova il mondo dei lavoratori che consentono il funzionamento della città perfetta: aggrappati alle macchine, in teoria lì a controllarne il funzionamento, in realtà sono le macchine a dominare la loro vita.
In teoria questa è una fratellanza: quando Freder incontra i figli piccoli degli operai, in visita ai giardini della città, essi sono chiamati "i suoi fratelli".
Eppure, le differenze sono troppo grandi. Così Freder decide di prendere il posto di un operaio e di provare sulla propria pelle che cosa significhi vivere nelle profondità. Spossato e devastato dopo le dieci ore alle macchine, vede che gli operai, invece di tornare subito a casa, si dirigono verso le catacombe (motivo per cui credo che Metropolis sia costruita sopra a Roma). Qui a predicare c'è una ragazza che racconta una versione della torre di Babele: in questa il caos non fu causato dal mutare delle lingue, ma dal fatto che il cervello (il progettista) e le mani (i lavoratori) non hanno un tramite (il cuore), così che il disegno di uno diventa incomprensibile e fonte di dannazione per gli altri. Il film gira intorno alla ricerca di questo cuore.
Metropolis non ha avuto successo a livello finanziario, da questo punto fu un flop terrificante. Tuttavia, è rimasto come esempio artistico fondamentale. E' uno dei pochi film ricordati come parte di un genere artistico (espressionismo tedesco) invece che solo di un genere cinematografico (fantascienza). Visuali splendide, personaggi ben caratterizzati (anche se ovviemente all'antica) e un messaggio eterno.
Quale messaggio? Il cervello e le mani hanno bisogno di un cuore che le unisca. Se questo raccordo manca, le cose vanno male, anzi, malissimo. Metropolis venne girato in un paese sofferente e sconfitto, agitato da partiti rivoluzionari, sconfitto in guerra e uscito da poco da una rivoluzione che aveva messo fine all'Impero (l'Impero tedesco non fu fatto sparire dagli alleati, crollò a causa di una gigantesca rivolta interna). La Repubblica di Weimar sopravviveva solo grazie all'appoggio delle forze armate e il presidente della Repubblica sperava che venisse restaurata la monarchia.
Il cuore è rappresentato da due parti: una comunanza dei valori, un sogno e un obiettivo comune, che sono la parte spirituale; e gente capace di incarnare questi obiettivi e questi valori. La crisi della democrazia, ma anche di qualunque comunità, c'è quando manca questo cuore: pensiamo ai tanti delusi dalla politica, ai partiti-movimento, a chi ormai ha solo voglia di spaccare perché non trova più un legame fra il popolo e la politica. E per questo la domanda di Freder resta attuale: io sono cresciuto sentendomi dire che questi sono i miei fratelli: perché vivono da schiavi, mentre io sono libero? Insomma, le fondamenta della democrazia vengono minate quando scompare l'uguaglianza: perché la legge non è uguale per tutti? Perché abbiamo tutti gli stessi diritti, ma solo pochi possono esercitarli?
(Qualunque riferimento a fatti e persone, ovviamente, non è casuale).
Altro film:
Un'impresa da Dio
Che ovviamente non è ai livelli artistici di Metropolis, ma è un film sorprendentemente ben confezionato e che, soprattutto, ha parecchio da dire.
Chi ha visto "Una settimana da Dio" forse è rimasto un po' deluso dal messaggio implicito. "Non chiedere a Dio perché fa le cose così e non cosà, perché tanto tu le faresti peggio" è un concetto che può anche essere giusto in teoria, ma, in pratica, non si sposa molto bene con domande più importanti riguardo all'onnipotenza di Dio, l'amore per l'uomo e, soprattutto, il ruolo che ha un uomo nella propria vita. Insomma, il fim dà una risposta semplicistica a una domanda che nessuno ha fatto (anche se Jim Carrey resta un grande): non interessa sapere come Dio fa il suo mestiere, ma come e quando e perché io faccio il mio!
Un'impresa da Dio si mette su tutt'altro piano. Propone la storia di un uomo di successo, un politico rampante, che si trova a metà fra Noè e Giona, quando Dio gli ordina di costruire un'arca e si rende conto di non avere una gran scelta in proposito.
I messaggi qui sono abbastanza immediati, se si guarda il film li si intuisce piuttosto bene. In realtà credo che andrebbe bene anche per un catechismo. Anche la domanda "ma non aveva promesso basta inondazioni?" trova una risposta.
Oltre a questo, si tratta della "commedia" (genere a cui secondo me non appartiene del tutto: è una commedia seria) più costosa mai realizzata, 175.000.000 dollari per rendere degli effetti grandiosi. Il film è riuscito più o meno a pareggiare i costi, andando forse leggermente sotto. Ma è davvero un bel film, uno dei pochi secondo me ad avere un cast stellare e al tempo stesso un messaggio da dare che guarda oltre al semplice mondo terreno, per chi cerca di capire qual è il proprio ruolo qui.