00 14/11/2010 18:35
Erano passate già tre settimane dall’incontro di Fedrick con il guerriero barbuto. Come tutti gli addetti ai lavori, anche a lui era stato imposto il vincolo della segretezza e questa era decisamente la cosa che più lo turbava: non riusciva a capire, con il suo semplice spirito, il motivo di tanto riserbo e perché non potesse parlarne nemmeno con sua moglie. Il possente cantiere, dalla sua improvvisa apparizione, aveva destato la curiosità degli abitanti del Regno, per cui venne disposto un cordone di Guardmen che impedisse a chiunque di sbirciare tra i grandi teli bianchi.
Più il tempo passava, più Diane diventava raggiante nella sua gravidanza sempre più evidente e sapere che, conclusi quei misteriosi lavori, la sua attività avrebbe avuto una visibilità maggiore, faceva ben sperare a Fedrick di poter, in breve, dare alla moglie ed al bambino una dimora più comoda ed una maggior serenità per il futuro.
Quando aveva iniziato ad andare in quel monumentale cantiere, celato da candidi teli, Diane lo aveva interrogato sul suo lavoro: trovava strano o quanto meno insolito che il marito avesse improvvisamente preso l’abitudine di andare a lavorare prima ancora che il sole sorgesse e tornasse a casa giusto in tempo per la cena, prima di crollare stremato.
«Amore mio, mi hanno affidato un lavoro importante e quando sarà tutto concluso, potrà essere ammirato da alcuni degli abitanti più illustri del Regno... forse persino i Sommi ammireranno la mia opera!» rispondeva Fedrick tutte le volte, mentre lo sguardo gli si illuminava di gioia; poi, posando delicatamente la sua mano già callosa, nonostante la giovane età, sul ventre prominente della moglie, aggiungeva:
«Vedrai, Diane, con questo lavoro potrò dare a te ed a nostro figlio una sistemazione più decorosa!»
La giovane donna, vedendo il marito così entusiasta, smetteva di fare domande: si fidava di lui e sapeva quanto fosse bravo nel suo lavoro.
Dal canto suo, Fedrick non faceva che pensare giorno e notte al lavoro che gli era stato commissionato: tutte le mattine, prima che il sole diffondesse la sua luce sul Regno, passava sotto i lenzuoli bianchi che nascondevano quell’opera gigantesca ed ogni volta si sorprendeva di quanto quei semplici teli potessero attutire il rumore dei lavori: di certo i Maghi del Regno avevano dato il meglio di sé.
Le sue giornate erano frequentemente lunghe e monotone; il guerriero, il giorno dopo il loro primo incontro, gli aveva fornito un tavolo di legno ben levigato ed un semplice sgabello oltre ad una nutrita pila di fogli di pergamena e dei carboncini e lì il giovane artigiano passava ore di febbrile lavoro a disegnare le bozze del lavoro che avrebbe dovuto realizzare. Gli era stato spiegato molto bene quello che si voleva da lui e quali dovessero essere i sentimenti che la sua opera avrebbe dovuto suscitare nel cuore di chi avesse avuto modo di guardarla... e non era cosa da poco riuscire ad essere all’altezza di ciò che ci si aspettava da lui. Spesso credeva di aver avuto l’idea giusta, si gettava con passione sulla pergamena, faceva uno schizzo a carboncino rapidamente, ma poi si fermava a contemplare il disegno e, deluso, accartocciava il foglio e lo lanciava a terra.
In cerca di ispirazione, Fedrick di tanto in tanto si alzava, faceva quattro passi all’interno del cantiere ed osservava gli altri lavoranti: ebbe così modo di osservare i potenti maghi all’opera, gli scalpellini, i falegnami ed i due Cavalieri. Uno di loro era quello che lo aveva ingaggiato: tutti lo chiamavano l’Architetto poiché presiedeva ai lavori ed a lui si rivolgevano per ogni problema relativo al progetto, mentre l’altro veniva indicato come lo Scrittore. Questo secondo Cavaliere era un tipo abbastanza solitario, sedeva su uno scranno tutto il giorno, chino su dei fogli e passava quasi tutto il suo tempo a scrivere: sembrava fosse preda di una sorta di fuoco sacro e, a differenza di Fedrick, non pareva aver bisogno di essere ispirato. Il giovane scultore non riusciva, nelle sue passeggiate, ad avvicinarsi molto allo Scrittore, ma da quel poco che era riuscito a vedere anche quell’uomo aveva un viso noto, pur non sapendolo riconoscere esattamente. Lo Scrittore si alzava solo di rado, quando qualche operaio gli rivolgeva domande specifiche su alcune zone del cantiere o quando l’Architetto gli si avvicinava: i due uomini discutevano, in quelle occasioni, molto a lungo, ispezionavano i lavori insieme e, in quelle rare occasioni in cui si lasciavano andare ad una risata tra loro, appariva evidente che fossero legati da un’intensa amicizia e da un profondo rispetto reciproco.
Devono averne passate tante insieme, pensò Fedrick, osservandoli ed iniziando a fantasticare sulle mille avventure dei due Cavalieri.
Più i giorni passavano, più l’Architetto e lo Scrittore incuriosivano la vivace mente di Fedrick e, un giorno, vedendoli camminare fianco a fianco, assorti in una fitta conversazione, decise di alzarsi per una delle sue camminate ispiratrici e di avvicinarsi, facendo finta di nulla, per sentire di cosa stessero parlando.
«Giunge ormai il momento che si inizi a pensare alle sfere ed a colui che dovrà custodirle ed usarle, amico mio!» stava dicendo l’Architetto.
L’amico rimase silenzioso, annuendo.
«Avete ragione! Gli operai mi hanno informato che il luogo della loro collocazione è ormai pronto!» la voce dello Scrittore era bassa, riflessiva.
«Infatti! – annuì l’Architetto – Mancano solo alcune rifiniture! E non escludo che, se il giovane Fedrick riuscisse a finire il proprio lavoro per tempo, si potrebbe chiedere a lui di occuparsene!»
Fedrick fu sorpreso e deglutì a disagio: non immaginava che il suo nome potesse essere compreso nella conversazione dei due Cavalieri.
«Quel ragazzo mi sembra molto promettente! – assentì lo Scrittore – Mi sono preso la briga di dare un’occhiata ad alcuni degli schizzi che ha eliminato...alcuni mi sembrano decisamente validi! Se continuerà così, presto troverà la soluzione giusta e noi ne saremo pienamente soddisfatti!»
Il giovane si sentì avvampare dall’imbarazzo, dal momento che non riusciva a credere che il suo lavoro, ancora provvisorio, potesse essere già così ben considerato.
«Sono d’accordo con voi! – il primo dei Cavalieri sorrise – Ma Fedrick ora ha compiti più importanti che pensare alle decorazioni per le sfere! Avete trovato un nome?»
Lo Scrittore tacque per alcuni minuti, lasciando vagare lo sguardo sui possenti muri di roccia che stavano sorgendo davanti a lui, grazie all’incessante lavoro degli operai.
«Sì... – rispose, dopo qualche istante – Valer l’Eclettico!»
«Chi?!» esclamò l’Architetto tra il meravigliato ed il perplesso, fermandosi a guardare l’amico.
Fedrick non aveva mai sentito nominare Valer, ma giudicare dalla reazione dell’uomo barbuto doveva essere qualcuno di noto.
«Non accetterà mai! Ascoltatemi, è meglio pensare a qualcun altro!» disse l’Architetto, con convinzione.
Lo Scrittore sorrise e posò la mano destra sulla spalla del primo Cavaliere.
«Voi mi sottovalutate! – scherzò lo Scrittore – Ho avuto modo di parlarne con i Sommi ed ammetto che le vostre perplessità sono state parzialmente condivise, tuttavia nella loro magnanimità mi hanno dato il permesso di provare!»
«Ascoltate...Valer manca dal Regno da moltissimi anni, i Sommi stessi gli concessero il congedo dal servizio attivo, dopo che venne ferito gravemente durante l’ultima perlustrazione della parte meridionale del Continente Occidentale, senza contare che, ormai, avrà oltre quattrocento anni!»
«Che non è certamente un’età molto avanzata per un elfo! Non vi pare? – chiosò lo Scrittore – Non riuscirò mai a convincervi, giusto?»
Lo Scrittore esplose in una delle sue rare risate e Fedrick rimase sorpreso di sentirla allegra e spensierata.
«Amico mio, dove pensate che si possa trovare Valer ora?»
«I Sommi mi hanno aiutato in questo! Loro sanno che l’ultima volta che Valer ha lavorato e prodotto una delle sue meraviglie si trovava a nord di Crelia!»
«Interessante...»
«Appunto! E quale miglior posto riuscite ad immaginare, per un Vassallo in congedo, stanco delle miserie del mondo, che voglia sparire dagli occhi di tutti e vivere isolato a meditare, che i ghiacci eterni?
Con il permesso dei Sommi e con il vostro, partirò questa notte stessa! I testi sono pronti, qui non avrei più molto da fare... e abbiamo bisogno che l’Eclettico si rimetta al lavoro quanto prima!»
«Forse avete ragione voi! – assentì, rassegnato il primo Cavaliere – E come pensate di convincere Valer a tornare nel Regno dopo tutti questi anni di assenza?»
«Il Regno, ora, ha nuovamente bisogno di lui... mi basterà trovare la chiave giusta per riaccendere in lui l’orgoglio di essere un Vassallo del Sommo Blue Dragon!»
L’Architetto squadrò l’amico, perplesso.
«Ascoltatemi... Valer è un elfo, e come tutti gli elfi è giustamente orgoglioso della qualità superiore del suo lavoro. Per quanto i lunghi anni di esilio volontario e solitudine lo possano aver cambiato, non credo che potrà resistere a lungo alla tentazione di tornare a creare per i Sommi, per il nostro Regno e poter tornare a mostrare al mondo intero il pregio unico delle sue opere!»
«Va bene, va bene! – rise il Cavaliere, grattandosi la barba sporcata dalla polvere del cantiere – Se continuate così, riuscirete a convincere sicuramente me!»
Lo Scrittore regalò all’amico un sorriso divertito.
«Per me va bene, partite pure quando sarete pronto!! E... in bocca al Drago, amico mio!!!»
I due Cavalieri si strinsero la mano e si voltarono per tornare sui loro passi; Fedrick si voltò di scatto e finse di ammirare la superficie di un’enorme lastra di marmo posata lì accanto, trattenendo il fiato. Quando i due uomini lo superarono senza fermarsi, svuotò silenziosamente i polmoni, felice di non essere stato scoperto ad origliare: non poteva sapere che per quanto fosse stato veloce e pronto, non aveva potuto ingannare due Vassalli.
L’Architetto e lo Scrittore si lanciarono una rapida occhiata alle spalle per osservare il giovane scultore e sorrisero indulgenti per la sua ingenuità.

...alcune settimane dopo...

Un uomo avanzava nella spessa coltre di neve, spazzata da gelido vento tagliente, senza nessuna apparente fatica. Indossava un pesante mantello, ma nessuna pelliccia si intravedeva per difenderlo dal freddo acuto di quelle terre inospitali.
Crelia era ormai lontana ed anche l’ultimo centro abitato prima del deserto bianco di nevi e ghiacci perenni era scomparso dietro le spalle del viandante e quei pochi uomini che lo incrociavano sulla pista, ormai cancellata dal vento teso, lo esortavano a tornare indietro dal momento che, davanti a loro, stava per scatenarsi una grande bufera.
Salutando e ringraziando con un gesto distratto della mano, il viandante tirava dritto per la sua strada: sapeva dove stava andando e, cosa ancora più importante, sapeva quello che faceva.
Finalmente a casa!, pensò, sollevando il volto ed offrendolo alle gelide folate di vento.
In una fatiscente taverna aveva saputo, qualche giorno prima, di un elfo enorme che viveva isolato in una caverna nel cuore della Piana dei Ghiacci Sottili: l’uomo conosceva bene quel posto e pensava di sapere altrettanto bene chi fosse quell’elfo.
Il sordo rumore di una lastra di ghiaccio che si incrinava sotto il suo peso, strappò il Cavaliere dalle sue riflessioni: si bloccò immediatamente e abbassò lo sguardo. Una fitta ragnatela di crepe si irradiava dal punto in cui il suo piede si era appoggiato.
«Il ghiaccio inizia ad assottigliarsi!» disse tra sé e sé, richiamando alla mente il suo addestramento e ciò che, in quegli anni, aveva appreso sulla Piana dei Ghiacci Sottili: nonostante il gelo estremo che in ogni stagione flagellava quella regione lontana, il ghiaccio non riusciva ad acquisire spessore poiché, in realtà, ricopriva un vasto lago, alimentato da una fonte di acqua calda che permetteva solo agli strati più superficiali, in contatto diretto con l’aria, di raggiungere le basse temperature necessarie alla formazione delle lastre di ghiaccio.
Forte degli insegnamenti che aveva ricevuto in gioventù, il Cavaliere si avventurò sulla fragile superficie gelata del lago, badando a distribuire correttamente il proprio peso per evitare di sprofondare. Tutto sommato, si divertì... gli sembrò di essere tornato un ragazzo e, in poco tempo, raggiunse la montagna che sorgeva nel centro della Piana, unica parte visibile di una piccola isola.
Fu quando posò i piedi su un appoggio stabile e sicuro che, per la prima volta, avvertì un’aura potente... Valer l’Eclettico era lì vicino, ora ne era assolutamente sicuro: solo un Vassallo poteva contenere in sé una tale energia.
Il vento gelido cessò all’improvviso: una breve pausa prima di riprendere, ma in quei pochi istanti il viandante intravide l’ingresso della caverna e vi si diresse a passo spedito.
Accadde tutto in un attimo: un sibilo d’aria avvertì l’uomo dell’arrivo di un dardo ed il Cavaliere ebbe appena il tempo di buttarsi su un lato per evitarlo che gli piombò addosso un uomo dalla statura imponente, avvolto da uno spesso mantello di pelliccia bianca e con il viso coperto da un ampio cappuccio.
Il Cavaliere cercò di parlare, ma l’uomo gli si avventò contro, rapido come un fulmine: ebbe appena il tempo di evitarlo.
«Cosa ci fate qui, straniero?!» la voce dello sconosciuto suonò stranamente morbida e chiara nel fragore della bufera.
«Temo che la cosa non vi riguardi, considerando il vostro caloroso benvenuto!»
«Allora, questi ghiacci saranno il luogo del vostro ultimo riposo!» l’uomo si scagliò sul Cavaliere, liberando un lampo di energia bianca.
«Sono stati la mia casa per moltissimi anni, ora ben venga che siano la mia tomba, ma vi avverto che non sarà facile per voi... troverete pane per i vostri denti!»
I due uomini duellarono per un giorno intero, senza parlare più tra loro.
Quest’uomo è potente!! Non posso svelare la mia identità in queste terre, ma non mi posso nemmeno permettere di perdere tutto il mio tempo a combattere!!, pensò il Cavaliere, rialzandosi dopo un violento colpo in pieno petto.
«Ora mi sono davvero stancato, messere! Poniamo fine a questa perdita di tempo!» sentenziò il Cavaliere, lasciando esplodere l’aura che, per ragioni di prudenza, aveva fino ad allora tenuto sopita.
Lo sconosciuto rimase stupito davanti alla potenza dell’uomo che lo stava fronteggiando.
«Cosa siete venuto a fare qui?» chiese nuovamente, ma questa volta con fare molto più conciliante: con sorpresa di entrambi, le due auree di equivalevano.
«Possiamo combattere per l’eternità! – concluse il Cavaliere – La nostra energia si equivale!»
«Forse... ma io ho il vantaggio del terreno!» ghignò lo sconosciuto, sistemandosi il grande mantello di pelliccia.
«Fossi in voi non ne sarei tanto sicuro... questi ghiacci sono stati la mia palestra ed il clima rigido di questa regione la tempra del mio corpo! Ve l’ho già detto... qui sono come nella mia casa...Valer detto l’Eclettico, Vassallo del Sommo Blue Dragon!»
Nel sentire pronunciare il suo nome, lo sconosciuto sbiancò in viso.
«Quel nome non viene pronunciato da molto, molto tempo! Come fate a conoscerlo?»
«Nel Regno si parla ancora molto di voi!»
«Me lo immagino!» rispose, amaro, Valer l’Eclettico.
«Si parla di voi con stima e rimpianto per il vostro esilio volontario... mancate al Regno ed ai Sommi!»
«Dunque, anche voi venite dal Regno di Blue Dragon?» chiese lo sconosciuto, lasciando cadere il cappuccio che ne celava il volto, rivelando le lunghe orecchie a punta da elfo.
Il Cavaliere annuì.
«Sono qui perché vi stavo cercando! Il Regno ha nuovamente bisogno di voi e delle vostre opere, Vassallo!»
«Non chiamatemi così!! Non sono più un Vassallo!!!»
«Nel cuore dei Sommi lo siete sempre rimasto! Il dono di Blue Dragon non può essere tolto a chi ancora lo merita! Ed è solamente una vostra convinzione che voi non ne siate più degno!»
Valer tacque, mentre un velo di lacrime rabbiose iniziava ad offuscargli la vista.
«Tutti, nel Regno, conoscono la vostra storia, Valer! – continuò il Cavaliere – Essa appartiene ormai alle leggende del Regno! Molti giovani che desiderano diventare Aspiranti Vassalli e Vassalli sono stati ispirati dai racconti delle vostre gesta e hanno in voi un esempio da seguire! Il vostro nome è pronunciato con rispetto, riconoscenza ed orgoglio da tutti!»
«Ma io fallii... fui ferito gravemente... e fui costretto a lasciare le armi!» le lacrime, finalmente, traboccarono e solcarono la faccia rugosa del vecchio Vassallo.
«A tutti è capitato di fallire o, quanto meno, di non riuscire sempre nelle proprie imprese! Anche i Vassalli più potenti hanno conosciuto l’amaro sapore della sconfitta, ma non per questo si sono esiliati dal Regno!»
«Voi non capite!» gridò l’elfo.
«Capisco meglio di quanto pensiate! – il Cavaliere si avvicinò lentamente al gigantesco elfo, gli pose le mani sulle spalle e continuò – Se veramente pensate di esservi coperto di disonore venendo sconfitto, tornate con me nel Regno e riscattate il vostro nome come meglio credete! Per conto mio, vi posso garantire che nessuno dei Sommi pensa male di voi e nemmeno tra le fila dei Vassalli e degli Aspiranti c’è chi non vi ritenga degno del titolo che vi è stato donato dai nostri Re!»
«Dite che il Regno ha nuovamente bisogno di me...» mormorò Valer, mentre il Cavaliere si stupiva di come la sua voce continuasse a risultare limpida nonostante il peggiorare della tempesta.
«Ho detto così, è vero! Nel Regno sono in corso molti cambiamenti e voi siete necessario... se ancora nutrite amore per i Valori su cui i Sommi hanno creato il Regno e per cui tanti Aspiranti e Vassalli hanno rischiato e continuano a rischiare la vita, dovete tornare indietro con me!»
«Certo che credo ancora nei Valori del Regno! Cosa mai vi siete messo in testa!! Me ne andai proprio perché non potevo sopportare il peso di aver fallito, dopo aver dato tanto per loro!» esclamò, offeso, l’elfo.
«Beh... sappiate che non siete stato perdonato, perché nessuno ha mai pensato che voi aveste bisogno di perdono! Il vostro fallimento non è stato considerato una colpa o un torto, quanto, piuttosto, l’esito possibile di un’impresa di guerra!»
Valer piantò scuri occhi profondi nello sguardo dell’uomo.
«Come posso essere utile ancora al Regno ed ai miei Re?» chiese, quasi timidamente: le parole di quello sconosciuto avevano toccato corde profondamente nascoste nel suo cuore, corde che pensava si fossero spezzate tanti anni prima.
Il Cavaliere sorrise.
«Conducetemi nella vostra dimora e, asciutti ed al caldo, vi spiegherò tutto!»
Il gigantesco elfo condusse l’uomo nella parte più profonda e riparata della caverna in cui abitava e lì, davanti ad uno stentato focolare e seduti intorno ad un fragile tavolo di legno, seppe ciò che era accaduto nel Regno dalla sua partenza.
I due parlarono per tre giorni e tre notti, Valer era avido di sapere, i suoi occhi erano tornati a brillare, il progetto di cui gli stava parlando quell’uomo era qualcosa di meraviglioso... finalmente avrebbe potuto tornare nel Regno e riprendere le sue vecchie mansioni.
«Una forgia?!» Valer sembrava stupito.
«Proprio così... e sarà alimentata dalle energie estratte dal cuore di due Vassalli del Regno! Queste energie saranno plasmate a formare due sfere e conterranno quanto di più caldo e di più gelido possa essere presente al mondo, perché le vostre opere possano essere ancora più resistenti! Vostro compito sarà custodirle in un luogo segreto che sarà noto solo a voi ed ai Sommi ed utilizzarle per il vostro lavoro!»
Quando il Cavaliere ebbe terminato di raccontare e Valer di porre domande, la tempesta di ghiaccio si era esaurita ed un pallido sole illuminava l’uniforme coltre di nevi eterne intorno alla Piana.
L’elfo chiese di poter rimanere solo qualche minuto, si alzò, stiracchiò le membra intorpidite dalla lunga immobilità ed uscì dalla sua caverna ad ammirare lo spettacolo della Piana dei Ghiacci Sottili.
Dopo un tempo che al Cavaliere parve interminabile, Valer rientrò sorridente.
«Questo gelido angolo di mondo mi ha fatto da casa per moltissimi anni e credo mi mancherebbe molto!»
«Sarà così, manca anche a me!»
«Ma se i Sommi ed il Regno di Blue Dragon hanno davvero bisogno di me... beh, non posso fare altro che accettare! – il sorriso di Valer si allargò ancora di più – Verrò con voi, cavaliere!»
In poco tempo il Vassallo raccolse le sue poche cose e raggiunse il Cavaliere fuori dalla caverna, si voltò come per guardarla un’ultima volta e mormorò parole incomprensibili.
«Giusto per evitare che alcuni animali possano entrarmi in casa, durante la mia assenza!» si giustificò l’elfo, mentre una piccola frana precipitava davanti alla caverna, nascondendone l’ingresso.
«Mi pare giusto!» sorrise l’uomo.
E così i due compagni intrapresero insieme il viaggio di ritorno.
In poche settimane giunsero ai Cancelli e lì Valer apprese che anche il Cavaliere era un Vassallo del Sommo Blue Dragon.
«Ecco perché siete riuscito a tenermi testa mentre combattevamo!»
«Non volevo che il conoscermi troppo a fondo potesse creare dei pregiudizi capaci di compromettere la vostra decisione!»
Valer annuì, silenzioso, mentre con sguardo avido cercava di notare tutti i cambiamenti che erano avvenuti durante la sua assenza.
Lo Scrittore condusse l’elfo al grande cantiere, ancora nascosto dai candidi teli, e lì davanti vide l’Architetto che li attendeva.
«Ho sentito le vostre aure, quando siete arrivati ai Cancelli!» sorrise loro, mentre gli andava incontro.
I tre rimasero a parlare per qualche istante, poi l’Architetto invitò Valer ad entrare nel cantiere per osservare i lavori.
«Lo farò più tardi... prima devo andare a salutare due vecchi amici che non vedo da tanto tempo!» si congedò il Vassallo, incamminandosi verso il Castello.
Nella sala del Triplice Trono, Valer ne era sicuro, i Sommi Ostri e Palank lo stavano già aspettando.





Jekyll, Cavaliere del Nord

Vassallo del Sommo Blue Dragon

Membro del Sacro Ordine dei Paladini del Regno

Membro dell'Ordine dei Templari Sin Fein



Trova nel tuo cuore la Fede e la Forza e con esse camminerai al di sopra del Destino