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Trekentoff camminava pensieroso, ascoltando distrattamente le parole della sua guida.
Dopo l’episodio del bambino e della donna, Evandar lo aveva accompagnato attraverso le piccole vie del paese fino alla casa del capomastro, una massiccia torre di pietra alta quattro piani, con porte solide e robuste e finestre saldamente protette da inferiate di ferro, che con la sua mole troneggiava cupamente sul resto del villaggio.
Da quel che diceva Evandar, la torre era il centro nevralgico di Otis. Non solo veniva utilizzata come centro amministrativo e magazzino, ma era anche il rifugio di tutti gli abitanti in caso di attacco.
Vi avevano residenza il capomastro e tutta la sua famiglia e, dietro un affitto non proprio economico, tutti gli abitanti più benestanti.
A detta del capitano la torre era un capolavoro di ingegneria militare.
La sua maggiore solidità le permetteva di resistere tranquillamente ad attacchi che avrebbero sbriciolato le palizzate esterne e inoltre grazie alla sua maggiore altezza sugli altri edifici, dai suoi bastioni gli arcieri potevano colpire senza problemi qualunque nemico che fosse riuscito a entrare nel villaggio.
Il capitano arrivò a parlarne talmente bene che per un attimo Trekentoff pensò che doveva essere stato lui in persona a costruirla.
In pochi minuti arrivarono al pesante portone d’accesso. Una decina di guardie lo sorvegliavano, tutte, notò con disappunto Trekentoff, apparentemente molto più esperte di quelle al cancello principale. Invece di corazze ammaccate e sporche, indossavano pesanti armature di ferro lucide come specchi e impugnavano alabarde e massicce spade perfettamente affilate.
Stranamente Evandar, che era il capitano della Guardia, sembrava intimidito dalla loro presenza e le parole che aveva loro rivolto erano state rapide e piene di timoroso rispetto.
Trekentoff domandò il perché, ma preferì non indagare per il momento.
Appena seppero dell’identità dell’Aspirante Vassallo, le guardie si fecero da parte e li lasciarono lasciati passare senza una parola.
Mentre li superava, Trekentoff li aveva osservati in silenzio. Quegli uomini non erano abitanti del villaggio. Troppo chiusi e taciturni.
Aveva accantonato quei pensieri, mentre attraversavano rapidamente il pianterreno, adibito a camerata e sala d’addestramento. I soldati li fissavano di sottecchi, senza interrompere le loro occupazioni. I loro sguardi erano sospettosi, quasi astiosi e di nuovo Trekentoff si chiese il perché.
Anche se forse lo intuiva.
Lui e il suo accompagnatore salirono le rampe di scale che salivano a chiocciola lungo il perimetro della torre. A ogni piano Evandar si spendeva in descrizioni accurate, come se volesse scusarsi del mutismo che aveva tenuto davanti alle guardie.
Dalle sue parole, Trekentoff aveva capito che il secondo piano era utilizzato come magazzino sia delle scorte di cibo, rigorosamente conservate in dispense tenute sempre sotto controllo da un notabile che annotava tutte i tributi portati dai contadini e le derrate che spettavano a ognuno. Il terzo invece ospitava il centro amministrativo in cui venivano registrate tutte le pratiche importanti, come morti, nascite e altro ancora, e il tribunale, dove venivano giudicati tutti i reati commessi nel villaggio e emanate le sentenze. Infine al quarto piano c’erano gli alloggi del capomastro e dei civili che potevano permettersi l’affitto e delle loro famiglie. Solo chi aveva un permesso speciale poteva salire fin lassù e per ottenerlo bisognava sempre avere un motivo molto più che valido, perché il borgomastro si occupava solo dei casi più importanti.
“ Una volta non era cosi” aveva aggiunto Evandar, mentre salivano i ripidi gradini di pietra. “ Fino a qualche anno fa il borgomastro riceveva personalmente chiunque avesse un problema, ma ora si fa vedere in pubblico molto raramente e si occupa solo delle questioni più importanti, come il vostro arrivo”
“ Ne sapete il motivo?” chiese Trekentoff
“ Girano delle voci che sia malato e che non possa più gestire gli affari del villaggio come una volta, ma se devo essere sincero non ci ripongo molta fiducia”
“ E allora voi cosa pensate di tutto ciò?”
La domanda di Trekentoff fece fermare di colpo Evandar, un piede appoggiato sul gradino successivo. Il capitano si voltò a guardarlo, una strana espressione titubante sul volto. Sembrava combattuto, come se stesse soppesando l’idea di rivelare qualcosa di importante.
Poi veloce come era arrivata, l’espressione sparì, lasciando il posto a uno strano sguardo vacuo.
“ Io non so niente, non mi impiccio e faccio solo il mio lavoro”
Detto questo, riprese salire con un passo più veloce. Trekentoff aggrottò la fronte, perplesso, osservandolo per un istante, poi lo seguì.
In breve raggiunsero l’ultimo piano, un ampio spazio circolare elegantemente arredato da mobili e arazzi che riproducevano immagini soprattutto di lavoro nei campi. A destra dell’entrata partiva un corridoio tappezzato di porte che conducevano agli alloggi, mentre in fondo si apriva una piccola porta sorvegliata da un paio di soldati arcigni.
Evandar condusse Trekentoff proprio davanti a questa e dopo aver parlato con le guardie, si congedò con un veloce inchino, sempre con quello sguardo vacuo.
“ Spero che vi troverete bene nel nostro villaggio” mormorò, prima di dileguarsi lungo le scale.
Trekentoff rimase a guardarlo, finchè non sparì dalla sua vista. Sentiva un gran brutto presentimento.
Con un sospiro si voltò verso la porta, facendo cenno alle guardie. Subito quella che stava a destra estrasse dalla tasca un grosso numero di chiavi arrugginite e, sceltane una, la infilò nella toppa.
I chiavistelli gemettero come anime in pena, quando il soldato girò la chiave e la porta scricchiolò, quando la aprì con una spinta.
“ Prego, entrate” disse il soldato, riprendendo il suo posto.
Trekentoff fece un cenno di ringraziamento ed entrò.
L’interno era molto spazioso e confortevole. Come il resto del piano era arredato da mobili e arazzi che ricoprivano le pareti, mentre un variopinto tappeto ricopriva lo scarno pavimento di pietra.
Un gran numero di sedie stavano allineate per tutta la lunghezza delle pareti. La luce entrava abbondantemente da una grossa finestra a vetro che si apriva sul fondo.
Sotto di essa, seduto a un ampia scrivania, sommersa da pile di documenti, c’era un uomo molto vecchio, probabilmente almeno sull’ottantina. Il volto era ricoperto da una ragnatela di rughe profonde che lo facevano assomigliare alla corteccia di un vecchio albero con centinaia di anni sulle spalle. Una lunga capigliatura bianca perfettamente annodata in una coda gli scendeva dal capo raggrinzito, arrivando quasi a terra, mentre una folta barba dello stesso colore ricopriva il suo petto scarno. Il fisico scarno del vecchio era coperto da una lunga veste rossa che gli arrivava fino ai piedi, ripiegandosi più volte sul prezioso tappeto.
L’attenzione del vecchio era tutto concentrato su la pergamena che stringeva tra le mani callose, tanto che sembrava neanche essersi accorto della presenza di un visitatore.
Trekentoff tossicchiò. Richiamato da quel rumore, l’uomo sollevò lo sguardo dalla pergamena, portandolo su di lui.
“ Voi chi siete? Cosa volete?” chiese, severo, adocchiando le armi di Trekentoff. Non c’era la minima traccia di preoccupazione nella sua voce, ma solo una forte indignazione.
“ Perdonate l’intrusione, il mio nome è Trekentoff e sono l’Aspirante Vassallo inviato dal Sommo BlueDragon per liberare il vostro villaggio dai predoni, immagino che voi siate il capomastro”
Il vecchio posò la pergamena e un gran sorriso si dipinse sul suo volto legnoso.
“ Oh, cosi siete giunto finalmente, non sapete quanto abbiamo bisogno del vostro aiuto, ma prego sedetevi” disse, indicando una sedia, davanti alla scrivania.
Trekentoff accettò l’invito con gratitudine. Dopo una giornata intera passata sotto il sole, chiuso nell’armatura, cominciava a sentirsi un po’ stanco.
Si tolse dalla tracolla la lancia e lo scudo e li appoggiò contro il muro non troppo distanti da sé. Poi si sfilò anche l’elmo e si sedette sulla sedia, appoggiandoselo in grembo.
Appena vide il suo ospite comodo e attento, il vecchio riprese a parlare:
“ Immagino che avrete già dovuto sopportare abbastanza convenevoli, perciò non vi assillerò con saluti e salamelecchi vari”
Trekentoff annuì, grato. Già si prospettava una altra serie interminabile di elogi e ringraziamenti.
Il borgomastro ridacchiò, facendo dondolare l’ampia barba.
“ Vi capisco, so bene quanto possa essere forviante essere continuamente al centro dell’attenzione, negli anni passati mi è capitato cosi tante volte che oramai ho perso il conto”
La risata chioccia si spense in una serie di colpi di tosse che scosse il suo fisico esile.
“ Siete sicuro di sentirvi bene?” domandò Trekentoff, appena sembrò strare meglio, guardandolo preoccupato. Forse Evandar aveva torto a non credere alle dicerie.
Il vecchio sollevò lo sguardo verso di lui, guardandolo tristemente.
“ Non come vorrei, ma purtroppo non c’è molto da fare contro la vecchiaia, se non accettarla con serenità”
Trekentoff sorrise. Quel uomo gli piaceva, era schietto e non si nascondeva dietro giri di parole.
“ Ma tu guarda che scortese” riprese il vecchio, sorridendo gioviale “ Vi ho coinvolto nei miei problemi da vecchio acciaccato senza nemmeno presentarmi, il mio nome è Bertus e ho la fortuna di essere il capomastro di questo splendido villaggio da oltre venti anni, è un onore conoscervi, Messer Trekentoff”
Si sporse in avanti, porgendo la mano in direzione del suo interlocutore.
“ L’onore è mio” disse Trekentoff, stringendola rudemente. Ebbe l’impressione di avere tra le mani un giunco secco, di quelli che spuntano nelle paludi.
“ Immagino che siate impaziente di conoscere la situazione qui a Otis” riprese Bertus, risedendosi sulla sua grossa sedia imbottita.
“ Ho notato qualcosa, mentre una delle vostre guardie mi accompagnava fin qui, e mi sono fatto qualche mia ipotesi, ma spero che voi possiate darmi un quadro più esaustivo” Detto questo rimase in silenzio, in attesa di una risposta.
Bertus sospirò. Un sospiro stanco. Si passò una mano sul volto calloso.
“ Non c’è molto da dire” cominciò dopo qualche istante “ Come ho già scritto nella mia missiva al vostro Regno, da qualche tempo i traffici commerciali di Otis non sono più sicuri, una banda di predoni si è stabilita nella regione e ha cominciato ad assalire senza sosta ogni carovana che passa per le vie vicine al villaggio, abbiamo tentato di porre un freno alle loro scorrerie, ma le guardie appostate lungo le strade sono state tute sconfitte e i soldati che avevo inviato alla ricerca del covo dei banditi non sono più tornate” Bertus voltò la propria sedia verso la finestra, osservando il villaggio che si stendeva al di sotto. Pigri fili di fumo uscivano dai comignoli delle rozze abitazioni, un gruppo di bambini si rincorreva, ridendo e strillando. “Non ho voluto allarmare la popolazione, ma la situazione è davvero grave, i soldati rimasti sono appena sufficienti a difendere il villaggio e ogni giorno che passa quei predoni si fanno sempre più impudenti, ormai non passa giorno che io non tema di vederli attaccare Otis stesso e a aggravare la situazione c‘è Griferia che sembra ignorare la mia richiesta di rinforzi, a quanto ho saputo ilgoverno sta passando un momento di instabilità, ma questo non è un motivo per indugiare, ogni secondo che perdono nelle loro inutili discussioni potrebbe essere fatale” Tornò a volgersi verso l’Aspirante che lo ascoltava con attenzione, lo sguardo serio e determinato “ Io non posso permettere che accada qualcosa alla mia gente, non permetterò che ci sia una seconda Barishan, per questo ora io vi chiedo, Messer Trekentoff, posso contare sull’aiuto del Regno di BlueDragon per salvare il mio villaggio?”
Trekentoff mantenne un espressione severa, come se quella domanda lo offendesse.
“ il Sommo mi ha inviato qui per questo, capomastro, il Regno esiste per aiutare tutti coloro che sono in difficoltà, chiunque essi siano, a prescindere dalla razza e nazionalità, e inoltre la vostra situazione ci riguarda doppiamente, poiché è giunta notizia che a comandare i predoni che vi assillano ci sia un Ex-Guardman del Regno”
Appena sentì quella parola, il volto di Bertus si rabbuiò. Trekentoff capì di aver toccato un tasto dolente.
Le parole che uscirono dalla bocca del vecchio erano dette con un tono basso e calmo, ma ognuna era cosi impregnata di odio e veleno che Trekentoff ne rimase stupito.
“ Colui a cui vi riferite si fa chiamare il Tagliateste, ma il suo vero nome è Sondor, un barbaro sanguinario, bestemmiatore e sprezzante di ogni pietà, un mostro crudele come mai ne ho visti in tutta la mia vita, lo conosco, perché fu lui a massacrare le pattuglie di soldati che inviai in esplorazione, dopo averli uccisi barbaramente, si presentò davanti alle nostre mura, ricoperto da capo a piedi di sangue di uomini valorosi. Quel giorno io sentì schernire tutto ciò in cui credevo con una brutalità e un sangue freddo spaventoso, i soldati sulle mura lo bersagliarono, ma le loro frecce rimbalzavano come polvere sull’enorme armatura di Sondor che rise e ci schernì ancora per poi andarsene, lasciando davanti al portone chiuse in un sacco le teste di tutti gli uomini che aveva ucciso” Fece un leggera pausa, come se ricordare quei terribili avvenimenti gli costasse un immane fatica “ I pianti delle madri, delle mogli e dei fanciulli che sentì ancora mi rimbombano nella mente, Messer Trekentoff, spero con tutto il cuore che voi possiate mettere fine alle atrocità di quel mostro, ora se non vi dispiace, preferire rimanere da solo, vi ho detto tutto ciò che potevo e l’unica cosa che posso fare ancora è auguravi buona fortuna”
Capendo che non era il caso di restare ancora, Trekentoff si alzò in piedi.
“ Vi ringrazio, capomastro, le vostre informazioni mi saranno utili”
Prese le sue armi e, imbracciatele, si congedò con un lieve inchino che Bertus non vide, perché si era voltato verso la grande finestra, le mani giunte dietro la schiena.
Trekentoff uscì dalla stanza del capomastro a passi svelti che risuonarono sul pavimento di pietra. Doveva trovare Evandar.

OT Stavolta gli ot me li sono ricordati [SM=x92713] Piccolo capitoletto di discusioni per fare il punto della situazione del disgraziato villaggio di Otis.
Un grazie a tutti per i complimenti, sul serio, non me li merito!!
X Eruner: Ma non si abbattono gli alberi, vandalo! Cosa diranno i verdi e gli Ent? Occhio che quelli ti fanno una marcia contro con tanto di fanfara [SM=x92706] OT
[Modificato da Trekentoff 30/09/2009 21:25]




Aspirante Vassallo del Sommo BlueDragon
Scribacchino dilettante
Campione mondiale di salto carpiato sul divano

"Il Regno è ben più di un luogo, ben più di un palazzo, ben più di un castello.
Il Regno è una luce nel buio.
Il Regno è una costruzione più resistente dell'
acciaio e più duratura del tempo.
Il suo architrave sono i Valori, i suoi mattoni sono le persone.
Non serve cercarlo lontano.
Ovunque ci sia uno sguardo che si solleva contro l'ingiustizia, ovunque ci sia un sussurro che combatte la menzogna, ovunque ci sia un cuore che respinge l'Oscurità, là c'è il Regno.
Più solido dell'acciaio, più duraturo del tempo.
Il Regno è nel cuore. La sua Luce è nel cuore.
Pensate di poterlo abbattere?
Oh, io non credo che potrete riuscirci.
Anche nel buio più profondo c'è una scintilla, anche nella luce più fulgida c'è una macchia.
Umana natura.
Dio ci ascolta e piange per le Luci che si spengono, lacrime di amarezza e compassione
A noi sta la scelta, condanna e grande benedizione.
Qualunque essa sia, il Regno è qui."

Piccolo componimento scritto di getto. Non pretendo che vi ci ritroviate.
Io si. O almeno tento, giorno dopo giorno.
Trekentoff, Aspirante Vassallo del Sommo Blueragon

"La vita è un viaggio, perciò a voi tutti auguro:"
Buen camino

Joe Commoner, Vassallo del Sommo Bluedragon

"C'è bisogno sopratutto di uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto"