00 11/01/2009 17:49
La camera in cui entrarono non ricordava affatto la Sala del Triplice Trono. Se nel Regno c'erano marmi e arazzi, lì c'erano legno di ciliegio e drappi di seta colorata, sui quali spiccava il simbolo dello Shogun, un fiore di Malvarosa. Scranni e panche erano sostituite da due file di lunghissimi cuscini, disposte lungo le tre pareti del grande salone rettangolare e occupate da un gran numero di dignitari, riunitisi per presenziare all'imminente ricevimento.
Di fronte alla quarta parete era disposto uno sfarzoso baldacchino. Ogni centimetro della struttura era ricoperta di disegni coloratissimi e scritte nella lingua del Katai, che solamente Albins poteva decifrare. La copertura del baldacchino, completamente dorata, ricordava quella di certi templi che i gli Aspiranti avevano incontrato avvicinandosi alla capitale; attorno alle quattro colonne che la sorreggevano erano stati scolpiti quattro dragoni orientali, il cui corpo serpentino si avvolgeva attorno alle colonne fino a quando le code si intrecciavano sulla sommità del tetto. Le orbite delle divinità a forma di drago erano occupate da pietre preziose così luminose che sembravano ardere di vita propria. Eruner fu particolarmente colpito da quella vista: nel suo viaggio a sud dell'Equatore si era infatti imbattuto in gigantesche statue di pietra, semisepolte dalla sabbia, i cui occhi contenevano pietre preziose altrettanto spettacolari. Per un attimo, il Guerriero di Atlantide ritornò con la mente alla sua avventura in quelle terre lontanissime, ma il giovane fu riscosso dalla voce di Aiko Matsu, che presentò gli ospiti e li invitò a prostrarsi.
Solo allora gli Aspiranti capirono che all'interno del baldacchino, celato alla vista da una meravigliosa tenda di seta azzurra, sedeva lo Shogun.
Uno dopo l'altro, gli Aspiranti si inginocchiarono fino a terra, rivolgendo gli occhi rigorosamente in basso imitando Albins e BrightBlade che – conoscendo già il protocollo – li avevano preceduti nel saluto.
«Benvenuti nella nostra terra, valorosi guerrieri. Voi ci onorate con la vostra presenza».
BrightBlade fu talmente sorpreso da ciò che udì, da alzare per un attimo lo sguardo, come se i suoi occhi avessero potuto scorgere il volto oltre i tendaggi.
Quella che era appena risuonata nella grande sala, infatti, era la voce di un ragazzino.
L'occupante del baldacchino doveva aver notato quel gesto, poiché disse:
«Mio padre mi ha molto parlato di voi, BrightBlade. Avrebbe desiderato ricevervi di persona, ma una grave malattia lo ha costretto a letto. Sono certo che Matsu-san vi abbia avvertito...»
Con la coda dell'occhio, il Paladino di Atlantide scrutò il volto del vecchio Maestro di Palazzo. A giudicare da quel che vide, Aiko Matsu era ancora più sorpreso dell'atlantideo che lo Shogun avesse delegato al giovane figlio il compito di ricevere gli ospiti.
L'ultima volta che il Paladino di Atlantide era stato in Katai, durante la cerca del Diadema del Potere, il figlio dello Shogun, Hidetada, aveva sette anni. Perciò, se la memoria non tradiva il Vassallo, ora il Principe aveva appena dieci anni: un'età più che sufficiente, in Katai, affinché l'erede al trono imperiale sostituisse il genitore in caso di malattia. Eppure, lo Shogun Ieyasu era un uomo che non era solito delegare: del resto, aveva unificato il Katai con le sue mani, combattendo in prima linea ogni battaglia e assumendo personalmente ogni decisione. Il fatto che a riceverli fosse stato il figlio poteva significare due cose: o la malattia di Ieyasu era davvero grave – ma in questo caso Aiko Matsu ne sarebbe stato senza dubbio al corrente – o a palazzo era in corso qualcosa di grosso.
«Vi ringrazio a nome del mio venerabile genitore per aver affrontato un così lungo viaggio».
Gli inviati del Sommo si prostrarono in un nuovo inchino continuando a tacere, non sapendo se fosse concesso loro di parlare.
Dopo un attimo di silenzio, dunque, il Principe riprese l'iniziativa.
«Vi attendevamo più di una settimana fa, ma ho sentito dire che siete stati... rallentati».
«E' vero, mio signore. La nostra nave è stata attaccata da un ninja, che ha ucciso il nostro timoniere e sabotato il timone. Nonostante i nostri sforzi, non abbiamo potuto giungere prima al vostro cospetto».
«Un ninja, dite? Lo avete catturato?»
«Purtroppo è riuscito a sfuggire, mio signore».
«Eppure, i miei servitori mi dicono che siete stati attaccati in alto mare. Trovo incredibile che un uomo così lodato e rispettato dal mio onorevole padre non riesca a catturare un assassino senza possibilità di fuga. Forse – con il dovuto rispetto – il vostro sovrano avrebbe dovuto mandare qualcuno più esperto...».
BrightBlade ebbe la chiara sensazione di avere gli occhi di tutti gli Aspiranti puntati su di lui. Anzi, era quasi sicuro che Drago avesse già messo mano alla spada.
Sebbene fosse tentato di rispondere a tono, il Vassallo frenò la lingua: non sarebbe stato lui a far scoppiare una crisi tra il Katai e il Regno. Se il ragazzo voleva la guerra, il Paladino lo avrebbe costretto a scoprire le carte e sguainare per primo la spada.
«Forse il mal di mare ha offuscato i miei pensieri, principe ereditario: ma vi assicuro che non commetterò altri errori».
Quindi, senza lasciar tempo a Hidetada di replicare, il Vassallo proseguì:
«Tuttavia, i miei compagni ed io abbiamo impedito al ninja di sabotare del tutto la nave, e uno di noi lo ha visto chiaramente. Portava al braccio una fascia rossa: avete idea di cosa possa significare?»
Il Paladino di Atlantide sorrise sotto i baffi quando tutti i dignitari scoppiarono in un brusio di sorpresa.
«Ciò che dite è molto... improbabile, cavaliere. Il vostro amico deve aver visto male... dopo tutto, il buio e la pioggia rendono difficile distinguere i colori» osservò il principe.
«Non se colui che osserva è un elfo, mio signore. Eruner, fatevi avanti».
Il Guerriero di Atlantide sollevò il capo e rivolse uno sguardo piuttosto ostile in direzione del baldacchino.
Hidetada impiegò qualche secondo a elaborare una risposta.
«In questo caso, ritengo che qualcuno voglia gettare discredito sul mio nobile genitore. Soltanto i ninja della famiglia Sawamura portano una simile insegna, e tutti conoscono l'assoluta fedeltà del clan allo Shogun. Inoltre, non è mai giunta notizia di qualcuno che sia sopravvissuto per raccontare di aver visto un Sawamura in azione: evidentemente, dunque, quell'uomo era soltanto un impostore.
Ma non perdiamo altro tempo e veniamo ai vostri incarichi.
Come forse saprete, il Tempio della Primavera e il Tempio dell'Inverno sono stati attaccati ormai da molti giorni, e i Daisho che vi erano contenuti sono perduti.
Non sappiamo chi sia dietro questo attacco, ma almeno il suo scopo è evidente: impossessarsi delle quattro Bannin Kama, le spade forgiate per sconfiggere la creatura che voi chiamate Tur.
Inoltre, i nostri nemici si sono dimostrati abbastanza forti da sconfiggere non solo i monaci posti a guardia dei tempi, ma persino i Custodi stessi – o almeno, così crediamo.
Il vostro compito sarà dunque quello di dividervi e difendere gli altri due templi, per impedire a questi impostori di completare la loro opera. Due miei fidati ufficiali si uniranno a voi per guidarvi e fornirvi tutta l'assistenza di cui potreste avere bisogno».
«Non sarebbe meglio compiere delle indagini e scoprire chi sono i nostri nemici?» disse allora Claudium, dando voce ai pensieri di tutto il gruppo.
«I Sawamura si stanno già occupando di questo, cavaliere. Naturalmente, se scoprissero qualcosa voi sareste i primi a saperlo...»
«Se questo è il volere di vostro padre, così sia» disse allora BrightBlade, prima che i compagni replicassero.
«Benissimo. Domattina partirete per le vostre destinazioni: nel frattempo, vi chiedo di onorare con la vostra presenza il banchetto che terrò questa sera» concluse allora il principe, prima di suonare una campanella. Da una porta laterale entrarono quattro servitori riccamente vestiti, i quali sollevarono da terra il baldacchino e condussero via il giovane Hidetada.
Non ci ha neanche salutati, pensò l'atlantideo mentre osservava la portantina uscire dalla stanza.
Nel frattempo, un ufficiale di palazzo si era avvicinato agli inviati del Sommo.
«Vi prego di seguirmi, vi condurrò ai vostri alloggi».
«Se permettete, ufficiale, questo è compito del Maestro di Palazzo» disse il vecchio Matsu, avvicinandosi.
«Sua Altezza Imperiale desidera parlare con voi immediatamente, Matsu-dono. Raggiungetelo nella Sala della Volta di Stelle» rispose l'ufficiale.
Il vecchio fece per rispondere, quindi strinse le labbra. Dopo aver rivolto un solenne inchino agli avventurieri, uscì dalla stanza scortato da due guardie, mentre gli ospiti venivano condotti via attraverso un'altra porta.