00 14/09/2005 23:46
Cyber Dark socchiuse un poco gli occhi, osservando in maniera quasi diretta i raggi del sole che cadevano sulla finestra della sua abitazione.
Si voltò lentamente al rumore di una cinghia di cuoio tirata con forza. Kentan, chinato a terra, aveva raccolto tutti gli oggetti che aveva portato con sé per il viaggio in una comoda borsa da tracolla.
Era la tarda mattinata del settimo giorno dal suo arrivo.
Il paladino gli rivolse un lieve sorriso ad occhi socchiusi, forse ancora infastidito dall’effetto che la luce del sole aveva avuto sui suoi occhi scoperti.
Alcuni minuti più tardi, uscirono entrambi di casa. Imboccarono la via più veloce per inserirsi nella principale strada del Regno, che, in breve, li avrebbe portati allo stesso cancello attraverso il quale il ragazzo aveva fatto il suo ingresso in quelle mura. Non scambiarono alcuna parola tra di loro, forse perché, al loro passaggio, la folla interrompeva il proprio parlare concitato per posare attentamente gli occhi sui due uomini. Raggiunsero le scuderie dei forestieri, situate a breve distanza dal cancello cittadino, e là Cyber Dark pagò lo stalliere che si era occupato del destriero del proprio compagno, il quale si limitò a distogliere lo sguardo dalla scena, come fingendo di non avervi assistito.
Quando ricevette tra le mani le briglie, Kentan rivolse un lieve cenno di ringraziamento al paladino, voltandosi poi verso la strada e proseguendo con passo calmo verso l’uscita dal Regno.

I guardmen all’ingresso del varco salutarono il vassallo con svogliatezza, benché mantenessero la posa sull’attenti in maniera egregia. In pochi istanti, senza che nessuno dei due voltasse il capo per osservare la strada che abbandonavano, entrambi si ritrovarono fuori dalle mura, ad alcuni metri da esse, dove si fermarono.
Cyber Dark fu il primo a volgere lo sguardo verso il proprio compagno. Sorrise lievemente, mentre scostò le spalle in un lieve movimento che ricordava una scrollata lievemente accennata.

“Non mi hai ancora posto quella domanda.” disse con calma il guerriero, come in risposta a quello sguardo.
Il paladino schiuse lievemente le labbra, prima di rispondere. “Cosa ti fa pensare che io abbia ancora dubbi da risolvere?”
“Forse è stato per via del tuo impacciato modo di esprimerti in occasione della nostra ultima discussione.”

Non ricevette risposta. Cyber Dark fissò il proprio sguardo negli occhi del compagno, ma non accennò a controbattere.

“Ascolta,” riprese infine Kentan, “Questo cavallo mi condurrà sino ai porti presso la montuosa rocca di Ocre. Da lì mi imbarcherò verso una destinazione troppo lontana perché tu possa sperare di raggiungermi.”

L’uomo gli lasciò il tempo di assimilare appieno tutte quelle parole. Lo sguardo di Cyber Dark si fece più nervoso.

“..sei sicuro di voler gettare via questa occasione?”

Alla fine, quella strana barriera che aveva deciso di erigere cadde silenziosamente. Gli occhi del paladino tornarono a focalizzare il suo interlocutore.

“Conosci già i pensieri che mi passano per la testa,” rispose infine, “ma esplicherò ugualmente per te tale domanda. Cosa ci ha diviso per tutto questo tempo?”
“Ognuno possiede la libertà di forgiare il proprio destino, lo sai bene. In questo, né dei né sovrani hanno potere.”
“Non è una risposta valida.”
“Forse, semplicemente, non è la risposta che cercavi.”
“E’ inattinente con ciò che ti ho chiesto.”
“E la tua domanda non è espressa nel modo che desideri. Hai paura di pormela?”
“Vorrei capire il motivo per cui hai inserito all’interno della tua risposta quegli elementi a cui io stesso non avevo ancora accennato.”
“ ‘Ancora’ ? C’è dell’altro, dunque..?”
“Non ho detto questo.”
”Non c’è bisogno di giocare a chi nasconde meglio i propri pensieri. Leggo nei tuoi occhi che la mia risposta, per quanto mirata, non ti ha soddisfatto. Ponimi apertamente questo tuo dubbio, dunque. Ti sarà d’aiuto.”

Cyber Dark sospirò piano dal naso, lasciando che trascorressero ancora alcuni istanti. Quello scambio così diretto lo aveva vagamente turbato.

“..D’accordo,” replicò infine con calma. “Ciò che non riesco a comprendere è come..vi sia questa differenza sostanziale tra di noi. Conosco la destinazione del tuo viaggio, perché anche io vi ho poggiato piede, anni fa. Eppure..non capisco come una persona come te vi possa tornare e considerarlo una casa.”

Kentan non rispose nulla, limitandosi a guardarlo. Aveva capito che c’era dell’altro, e desiderava chiarezza assoluta.

“..voglio capire perché poni i tuoi servigi presso il Nemico principale del Sovrano che io servo. Perché, se i nostri animi sono così simili, siamo alle dipendenze di dure Regni opposti? ..perché Kentan ha offerto la propria vita al servizio di RedDragon, e Cyber Dark di BlueDragon..?”

Fu a quel punto che il guerriero sorrise lievemente, in un’espressione che ricordava decisamente il proprio compagno. Lasciò la presa sulle briglie, camminando lentamente intorno all’animale e raggiungendo il paladino, in modo da essergli del tutto di fronte, senza impedimenti. Poi, alzò piane entrambe le braccia, portando le mani al viso di quest’ultimo, e stringendolo debolmente all’altezza delle guance. L’uomo chiuse per qualche istante gli occhi, in risposta al tiepido tocco dei guanti di cuoio.

“Amore, Cyber Dark. O affetto, devozione, attaccamento. Rispetto. Si tratta di rispetto verso chi ci ha fornito il metro di paragone su cui fondare la nostra moralità. Non si tratta di valutare quale dei due sia buono o malvagio: questa dedizione è definita univocamente al di là del Bene e del Male. Trascende questa distinzione. Non può e non deve esistere, negli esseri umani, Nero o Bianco: entrambi i colori si mescolano per dare vita ad una serie infinita di tonalità di grigio, ognuna con le sue caratteristiche, con i suoi affetti, con dei motivi che la spingono a proseguire nelle avversità. Che ci piaccia o no, mentre un individuo della nostra specie cerca se stesso nel conseguimento di una di questa infinità di vie, si scopre a ricercare non il Bene od il Male assoluti, ma il proprio bene, un bene relativo e costruito a misura di se stessi. Una sorta di perfezionamento personale. E’ qui che esso porta. E non esiste una via, esclusiva ed elitaria, per raggiungere questo apice, questo amplesso. Tu hai trovato la tua, all’ombra dell’ala inquisitoria del tuo sovrano. Esattamente come me. E per quanto possano essere diversi gli stemmi sotto cui combattiamo, entrambi, noi, i nostri Re, i nostri fratelli, gli innumerevoli membri della nostra razza lottiamo per far sì che si compia il mondo delle nostre perfezioni, per complementare le nostre debolezze, le nostre mancanze. Ma si tratta e si tratterà sempre di infinite vie che conducono ad uno stesso risultato: la realizzazione di una pace interiore ed esteriore verso cui tutti anelano e tendono le proprie braccia. E questo, amico mio, è un valore che rimarrà sempre puramente soggettivo.”

Non aspettò una risposta, ma si limitò a ritrarre piano le proprie mani, e a riportarle ai fianchi. Il paladino rimase per qualche istante ad occhi chiusi. Quando riaprì le proprie palpebre, Kentan era già montato a cavallo.

“La vita è ciò che più intimamente possediamo. Mettila al servizio di un ideale, ma non dimenticare che ti appartiene. Sii pronto a ritrarla, e a tenerla per te, qualora l’occasione richiedesse di pensare a te stesso.”

Cyber Dark scostò nervosamente lo sguardo a terra, a queste parole, ma il guerriero non attese il suo sguardo per partire. Con un lieve colpo di tacchi, ordinò al cavallo di avviarsi.
Quando il vassallo rialzò lo sguardo, Kentan aveva già percorso almeno una decina di metri. Quasi avesse avvertito lo sguardo del compagno, dubbioso ed emblematico, fissargli la schiena, alzò una mano, pur senza voltarsi.

“Ti ringrazio per l’ospitalità. Troverò il modo di sdebitarmi.”

Nel momento in cui Cyber Dark trovò le parole con cui rispondere a quel saluto, il guerriero si trovava già troppo lontano. Con un sorriso, il paladino consegnò quelle parole al vento del mattino.

“..lo hai già fatto.”