Filosofia greca e Resurrezione

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JoeCommoner
00mercoledì 15 ottobre 2008 07:20
Per gli esperti filosofi del forum
Salve,
leggendo un libro (non voglio rivelare la fonte) ho trovato una affermazione:
"nessuna filosofia greca ha mai sostenuto la tesi della resurrezione".

Che voi sappiate è vera tale affermazione?
Sono mai esistite filosofie greche (prima e dopo Cristo) che la affermavano?
Se no, secondo voi perchè?

Grazie mille,
Joe
Claudium
00mercoledì 15 ottobre 2008 14:51
Io ho studiato filosofia greca due anni fa e forse ti posso aiutare. Per "resurrezione" precisamente cosa intendi? La possibilità delle anime di tornare sulla terra con il loro corpo?
Eruner
00mercoledì 15 ottobre 2008 15:54
Non esistono affatto, è solo una teoria alquanto stupida per dare una prova della veridicità della storia di Cristo, tanto perchè ai Padri della Chiesa serviva una qualche giustificazione per avvalorare la pretesa di essere gli unici a conoscere la Verità ultima. Se si mette da parte la fede per qualche momento, si capirebbe quanto sia tutto realmente una forzatura... Mi riferisco al fatto di voler dare alla filosofia greca, in particolare platonica, la valenza profetica di annunciazione dell'avvento del Messia.
Punto primo, quando Platone parla (Direi ne "Apoteosi di Socrate" o nel "Timeo", ma non ne sono molto sicuro) del "giusto che verrà sacrificato" si riferisce alla morte di Socrate, che lui stesso ha prima definito "l'uomo più giusto del suo tempo" e non, come stupidamente molti teologi sostengono, a Gesù Cristo.
Punto secondo, è ovvio che non si parli di resurrezione in Grecia! L'oltretomba greco antica era un posto orrendo, la morte era vista come orrenda e non c'erano praticelli in fiore e campi elisi, quella sarà roba Romana, inventata per far suicidare le legioni in battaglia, in questo modo rassicurate circa il loro non-futuro nell'aldilà. Basti pensare a cosa dice Achille a Odisseo ne "L'Odissea":
<< Preferirei essere l'ultimo dei mortali in terra che non il grande Achille nell'Ade >>.
La teoria della resurrezione è data da un errore di interpretazione del corpus platonico: quando il filosofo parla di "anima", non intende certamente l'istanza cristiano-ebraica, ma la parte dell'essere umano che consente all'uomo di intuire fugacemente il mondo iperurano, le idee. L'anima è eterna, ma una volta morti, la nostra anima se ne migra, beve dal fiume Oblio e, sottostando al volere delle Parche, torna sulla Terra in un'altra forma, senza cgnizione della vita precedente e, soprattutto, sostanzialmente NUOVA. E' il numero a non cambiare, non si risorge! Basterebbere leggere il mito di Er per capirlo meglio.

Perchè secondo me non c'era resurrezione nella cultura greco antica? Semplicissimo: erano razionali, non credevano a pillole di varia natura per digerire il fatto che si debba morire e finisca tutto in un simpatico sbuffo di polvere.


P.S.= Claudium, nemmeno nella religione le anime tornano sulla terra con il loro corpo. E' l'opposto: sono i corpi a raggiungere le anime nel Regno a loro assegnato.
Claudium
00mercoledì 15 ottobre 2008 17:17
Grazie della precisazione Eruner [SM=x92702]

Per quanto mi riguarda condivido la posizione di Eruner riguardo ai Padri della Chiesa, che a loro tempo hanno forzato tutto il forzabile (persino nell'epoca romana e non solo greca hanno sostenuto che si fosse profetizzato l'avvento del Messia e tale primato sarebbe stato attribuito a Virgilio per la precisione) tuttavia dissento per quanto riguarda l'appunto sull'aldilà greco. Che secondo la loro religione le anime erano condannate a vivere come ombre nell'Averno è vero, però questo non c'entra con la filosofia greca che era di tutt'altro avviso. Essa, infatti, nasce in Grecia proprio come forma alternativa al mito ed alla religione, le quali cercavano di spiegare il reale attraverso l'azione di dei ed eroi. La filosofia si basava invece sul ragionamento e l'osservazione ed in tale ambito sono state sviluppate teorie come quella della metempsicosi, ovvero della reincarnazione delle anime, vista da Platone, ma ancora prima di lui dai pitagorici, come una sorta di punizione. Gli epicurei addirittura credevano addirittura che l'anima non sopravvivesse al corpo e che gli atomi che la formavano si disperdessero andando a formare altri enti.
In conclusione quindi la forzatura c'è, ma occhio a giudicare la filosofia greca, la quale forse, come ha detto Eruner, non ha sviluppato la teoria della reincarnazione perchè non voleva e non aveva bisogno di ingannarsi o forse, più semplicemente, perchè non si era ancora stata partorita una teoria del genere, cosa che il Crstianesimo ha invece fatto.

Eruner
00mercoledì 15 ottobre 2008 18:30
La storia della resurrezione non è mai stata neanche presa in considerazione perchè è semplicemente assurda! Non serve spiattellare l'intera storia della filosofia per farsene una ragione: loro odiavano la morte, ma non per questo montavano racconti ideologici su come qualcuno l'avesse sconfitta. La reincarnazione delle anime non è una risposta di timore, bensì di controbilanciamento alla mortalità. Se esiste il tempo, esiste anche l'eterno, null'altro che un ragionamento... La resurrezione è un'enorme passo indietro rispetto alla trasmissione dello spirito perchè prevede il mantenersi immutato del soggetto reincarnato, compresa la corporeità, cosa quindi che lo riabbassa al livello dell'umano, allontanandolo ampiamente dal divino. Ecco perchè non è mai stata "partorita": non ha senso.

P.S.: Oltre il fatto che Averno e Ade sono la stessa cosa, la filosofia non nasce in antitesi alla cultura mitica, bensì in sua continuazione su un nuovo piano e nuove vie (i logoi). Mi pare fosse stato Socrate, per mezzo dello stilo di Platone, a dire che non bisogna mai scordarsi il proprio traditum, non semplice tradizione, ma eredità culturale. La filosofia risente ampiamente del mito, non foss'altro che per la forma degli insegnamenti platonici e per la tradizione orale socratica e nuovamente platonica. La religione, se così vogliamo dire, ha un ruolo chiave nella nascita della filosofia e nel suo sviluppo. E' da quei temi che parte la critica dei diversi autori, ossia dalla conoscenza passata. Dire che nasce come semplice risposta avversaria è totalmente inesatto.
Claudium
00mercoledì 15 ottobre 2008 20:12
Il ragionamento che mi hai fatto sull'eterno è interessante però ha alcune lacune: per esempio, il tempo non esiste di per sè, è un costrutto della mente umana e da ciò ne consegue che lo è anche l'eterno. Ponendo anche che intendessi che il mondo muta secondo un un ordine di eventi che dall'uomo possono essere pensati come una successione temporale che è eterna, non è comunque detto che sia davvero eterna, visto che oggi si parla di Big Bang e di Big Crunch. Comunque, chi dice che l'individuo debba per forza essere solo anima per avvicinarsi a Dio? Noi siamo formati dall'unione di anima e corpo e un motivo deve pur esserci. Inoltre chi dice che tale unione non potrebbe presentarsi anche nei Cieli, qualora esistano, però eternamente, messo che ciò sia possibile?
Poi chiamare la teoria della reincarnazione passo indietro mi sembra un po' esagerato, io la definerei più che altro come una teoria alternativa, per non stare a fossilizzarsi sull'idea che solo l'anima esista e soppravviva.

Comunque, tornando al discorso della filosofia, io ho studiato che essa è nata a partire dai filosofi fisiologici come Talete, Anassimene ed Anassimandro, che, scontenti delle spiegazioni del mondo secondo il mito, hanno iniziato ad osservare la phisis, la natura, e ne hanno tratto delle conclusioni, ricercando in essa un archè, un principio, e fornendone delle prime spiegazioni. Quindi, magari, non strada contraria ma alternativa ad essa, anzi, parallela, come suggeriscono le corrispezioni, cioè l'adattamento dei miti alle tesi e viceversa, ma comunque senza che si incrocino. Inoltre, dobbiamo distinguere il mito come mezzo dal mito come fine: infatti, un conto è usare un mito per fornire un insegnamento filosofico, cioè usarlo come mezzo, ma un altro conto è usarlo pretendendo che sia la verità e solo per avere una spiegazione per qualcosa; in pratica la differenza tra dire una menzogna per raccontare una verità e dire una menzogna e pretendere che sia la verità. Certamente, mi potrai dire: allora che senso aveva far riferimento al mito visto che è una strada diversa quella della filosofia? ed io ti rispondo che secondo me lo hanno fatto per far passare meglio il messaggio al popolo, parlando di miti di cui era permeata tutta la loro religione, piuttosto che fare esempi partendo da una tabula rasa..

P.s. Ho messo Averno non perchè volevo puntualizzare sul tuo Ade, che hai usato giustamente, ma perchè è la prima parola che mi è venuta in mente per definire l'oltretomba greco.
Eruner
00giovedì 16 ottobre 2008 00:09
Guarda, se anche sulla prima parte possa darti ragione, non per altro, ma non ho voglia di discutere, almeno non al momento e all'ora in cui scrivo, sulla seconda no. La faccenda è così come te l'ho messa, idea sulla reincarnazione a parte (quella è roba mia personale, secondo me è un tornare indietro), per un fatto semplice: frequento la facoltà di filosofia e il mondo filosofico è unanime sulla versione di legami tra mito e filosofia che ti ho scritto sopra. Almeno al momento, può sempre saltare fuori chi dice che le cose siano diverse... In ogni caso, il punto ultimo che finora si è raggiunto è questo. [SM=x92701]
Domani con calma ribatterò sul primo paragrafo, etc., etc.... Ora ho troppo sonno!
JoeCommoner
00giovedì 16 ottobre 2008 07:56
Eruner e Claudium: vi ringrazio per i vostri interventi.

In realtà avete confermato la mia tesi, cioè che la resurrezione dei corpi è una novità assoluta rispetto alla filosofia greca (non alla filosofia in generale, poichè già parte degli ebrei ci credevano).

Tornando alla filosofia greca, qualcuno (es. Platone) parla di immortalità dell'anima, ma riguardo al corpo, mi pare che non ci sono dubbi nel poter affermare che non può risorgere.

Quello che volevo era interpretare un passo biblico che spesso mi viene citato quando inizio a parlare di filosofia cristiana:

"Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo." (Colossesi 2:8)

Volevo cercare di capire perchè S. Paolo ce l'ha tanto contro la filosofia e spulciando i testi sacri ho notato che si mette in evidenza la resurrezione della carne come motivo di condanna, persecuzione, derisione di S. Paolo.
Quindi ne avevo dedotto che gli ammonimenti di S. Paolo erano relativi in particolare a tale aspetto della filosofia greca e non era una condanna di tutta la filosofia greca come alcuni pensano.

Non c'entra tanto con la discussione, ma già che ci siamo,
non ho capito bene se la forzatura dei Padri della Chiesa la riferite al fatto di avere profetizzato la venuta del Messia (il che posso anche capirlo) o c'entra anche con l'errore di interpretazione del corpus platonico circa la resurrezione.

Mi siete stati di grande aiuto,
Joe


Claudium
00giovedì 16 ottobre 2008 14:58
X Eruner

Va bene, appena trovi il tempo posta pure così discuteremo meglio sull'ultimo punto [SM=x92702]

X Joe

Per quanto riguarda i Padri della Chiesa io intendevo forzatura in questo senso: essi hanno letto i testi classici e dopo aver scartato quelli che non erano adattabili alla religione cristiana (morale, concezione di Dio, cosmologia, ecc...) hanno adattato i testi rimanenti (un esempio è Seneca, su cui ho fatto una verifica oggi) leggendoli in chiave cristiana. Da ciò ne consegue che se Virgilio parla della nascita di un bambino di cui non specifica il nome (o meglio di cui non specifica i genitori) ecco che loro vi leggono una profezia sull'avvento del bambin Gesù. Ciò tuttavia non è avvenuto solo in letteratura ma anche in arte. Per esempio se andate in una chiesa paleocristiana e vedete Dio rappresentato come un vecchio vetusto e prestante, ecco che quella è una rappresentazione romana di Giove, fatta per rendere il più indolore possibile il passaggio dalle religioni romane al nuovo Cristianesimo introducendo a poco a poco l'idea nella mente delle altre persone.

Spero di esserti stato di nuovo d'aiuto.
BrightBlade
00venerdì 17 ottobre 2008 00:31
Dall'alto dei miei studi in Ingegneria Elettronica (e non ancora conclusi: avendo 21 anni, sono all'inizio del 3° anno)...

Che nella mitologia greca l'aldilà sia visto come un luogo tenebroso è per lo più vero: quanto ai filosofi, mi viene in mente Socrate che (così narra Platone) era felice e curioso di morire (!!!) perché avrebbe potuto incontrare le più grandi menti del passato (da cui si vede anche che i greci credevano nell'immortalità dell'anima) o almeno scoprire cosa c'era dopo la morte; insomma, bisogna decisamente distinguere tra mitologia e filosofia, tra ciò a cui credeva il popolo e ciò che pensavano i filosofi.
Quanto alla resurrezione anima e corpo, sono quasi sicuro si tratti di un unicum del cristianesimo (elettronica a parte, al liceo abbiamo studiato tantissimo queste cose: per mia fortuna, ho avuto un professore di storia e filosofia decisamente fuori dalla norma).

Un'ulteriore precisazione: come ha giustamente osservato Claudium, nell'antichità molte opere venivano rilette in ottica cristiana, spesso indubbiamente distorcendone completamente il significato; bisogna però anche ricordare che l'Europa ha le sue radici in due grandi blocchi: la Grecia e il Cristianesimo.
Molte delle conclusioni della filosofia greca sono state riprese ''così come sono'' dal cristianesimo, semplicemente perché (dal punto di vista cristiano) ''i greci ci avevano visto giusto''.
S. Tommaso o S. Agostino hanno proprio preso in esame il cosiddetto ''legato greco'', cioè quell'incredibile tesoro di sapienza costituito dalle riflessioni filosofiche della Grecia antica, e lo hanno integrato con gli insegnamenti di Cristo, dando forma e sostanza alla teologia cristiana.
Succintamente, si potrebbe dire che i Padri della Chiesa abbiano preso la grande filosofia greca e vi abbiano innestato la categoria di Individuo, che è la suprema novità del cristianesimo (Dio non ama ''tutti gli uomini'', bensì ''ogni uomo'': sembra una stupidaggine, ma non lo è affatto) e non è presente in nessun altra religione o filosofia o qualsivoglia visione del mondo. Per esempio, la carta dei diritti dell'uomo della Riv. Francese – così come quella dell'ONU – è proprio la negazione del concetto di individuo, sostituito da ''cittadini'' tutti uguali, cioè da una massa assolutamente uniforme e omogenea (insomma: «saranno uguali le formiche!», dico io...); nel Buddismo, viceversa, addirittura l'individuo è considerato un inganno e l'illuminazione è l'annientamento dell'uomo nel nulla che pervade ogni cosa (naturalmente, sto semplificando alla grande!).

Insomma: da un lato vi è stata senza dubbio una distorsione, ma dall'altro è un fatto acclarato che molte affermazioni della filosofia greca non solo sono in perfetto accordo con la teologia Cattolica, ma ne fanno addirittura parte; per tanti altri aspetti, invece filosofia greca e cristianesimo si discostano (per esempio la concezione dell'anima: questo perché, come ho già detto, i greci non avevano l'idea di ''individuo''). L'uno e l'altro aspetto coesistono.
JoeCommoner
00venerdì 17 ottobre 2008 06:15
Eruner, Claudium e BrightBlade vi ringrazio,
mi avete dato delle delucidazioni interessanti [SM=x92702]
e "illuminanti" per i miei studi.


Joe
Eruner
00lunedì 20 ottobre 2008 21:07
Non ho parole... I greci non avevano l'idea dell'individuo? No, seriamente, è uno scherzo, vero? Non si potrebbe dire una boiata più atroce. Santi Numi, cosa predicava Socrate per mezza Atene? "Conosci te stesso". I Greci, la cultura greca (tolta forse Sparta) sono l'ICONA dell'individuo! La Polis era la democratica repubblica, vero, ma era l'unione di INDIVIDUI LIBERI. Cavolo ragassuoli, confusi forte, eh!
Inoltre, non sono le istanze filosofiche greco antiche ad essere in accordo con la teologia cristiana (non ce la meniamo, non è filosofia, è teologia bella e buona), ma anzi sono i cristiani ad aver scopiazzato di qua e di là per "tirare acqua al loro mulino", o meglio, fedeli alla propria ecclesia. Inoltre, per il semplice fatto di essere stati inclusi in una religione, gli autori classici sono stati distorti: una religione, qualunque essa sia, è fondata sulla parola perfetta, sul "ipse dixit" e via dicendo, al contrario la filosofia è proprio per sua natura effimera e non certa, ma discutibile in ogni istante. L'aver fossilizzato il pensiero di Platone, Aristotele e tutti gli altri, è uno snaturamento totale della loro essenza.

Dal basso dei miei studi di Lettere e Filosofia.
Claudium
00lunedì 20 ottobre 2008 22:47
Beh, sul fatto che i Greci non conoscessero l'idea di individuo anche io dissento, in quanto, come hai detto te, la massima di Socrate "Conosci te stesso" predica che ognuno debba guardare all'interno di sè e ciò non può non essere portatore dell'idea di individuo, tuttavia sul fatto che le polis fossero l'icona di questa non sono per niente d'accordo. Semmai le polis erano l'icona della democrazia il che non vuol dire che ogni individuo sia libero ma che la società e la patria in generale sia libera, vista, come ha detto Bright, come massa informe. Non per niente ad Atene veniva esaltato il valore della patria e per essi la morte migliore era quella che avveniva difendendo la propria città come ci insegna Erodoto e ciò vuol dire appunto che l'individuo non conta, che è sacrificabile. Il medesimo concetto di scarsa rilevanza dell'individuo lo troviamo nel diritto: prova a vedere le leggi ateniesi e vedrai quanto una donna è libera rispetto al marito.

Per quanto riguarda il secondo punto, premetto che io sono il primo che l'attacca se possibile, però bisogna dare anche a Cesare quel che è di Cesare. Te sostieni che i Padri della Chiesa hanno completamente stravolto quello che era il pensiero degli autori classici ma io non sono d'accordo e per sostenere la mia posizione presento due frammenti di Seneca su cui la Chiesa si è basata per esprimere il concetto di Dio e della Provvidenza:

Indagini sulla natura Pref. 13-14

"...Che cosa è Dio? La mente dell'universo. Che cosa è Dio? Quello che tu vedi nella sua totalità e ciò che nella sua totalità tu non vedi. Così infatti a lui viene restituita la sua grandezza da cui nulla può essere pensato di più grande, se egli da solo è tutto, se abbraccia la sua opera sia dall'interno che dall'esterno. Che differenza c'è dunque tra la natura di dio e la nostra? La parte migliore di noi è l'anima: in lui al di fuori dell'anima non c'è parte alcuna. Egli è tutto ragione, mentre al contrario è così grande l'errore che avvolge gli esseri mortali che gli uomini guardano questo universo, del quale non vi è nulla di più bello, nè di più ordinato nè di più fermo nell'adeguarsi al suo fine, come un qualcosa di fortuito e di casuale e perciò di agitato tra fulmini, nubi, tempeste e tutti gli altri fenomeni da cui la terra e i luoghi vicini alla terra sono sconvolti"

La provvidenza II, 1-7

"Perchè agli uomini buoni capitano molte avversità? All'uomo buono non può accadere nulla di male. I contrari non si mescolano. Come tanti fiumi, tanta quantità di piogge che cadono giù dall'alto, tanta abbondanza di di fonti medicamentose non cambiano il sapore del mare e neppure lo addolciscono, allo stesso modo l'attacco delle avversità non muta l'animo dell'uomo forte: egli rimane saldo e qualsiasi cosa accada la adegua a sè: è infatti più forte di tutti gli accidenti. E non dico questo: che non le senta, ma le vince e, generalmente quieto e sereno, si erge contro i casi avversi. Tutte le avversità le ritiene esercizi. Chi d'altra parte, che solo sia un uomo e sia volto al bene, non desidera una fatica adeguata e non è pronto a sostenere i suoi compiti, anche se comportano un pericolo? Per quale uomo attivo l'ozio non è una pena? Vediamo gli atleti, che hanno cura della loro forma fisica, gareggiare contro tutti i più forti ed esigere da coloro grazie ai quali si preparano alla gara di fare uso di tutte le loro forze contro di loro; si lasciano colpire ed attaccare con violenza e, se non trovano singoli avversari del loro valore, si scontrano contemporaneamente con più di uno. Senza un avversario la virtù si infiacchisce: è quando viene messa alla prova che appare evidente quanto sia grande e quanto valga, quando mostra quanto può fare in fatto di sopportazione. Sii pur certo che la stessa cosa devono fare gli uomini buoni, in modo tale che non abbiano paura delle prove dure e difficili e che non si lamentino della sorte, che trovino positivo tutto ciò che accade e lo volgano al bene. Importa non che cosa ma in che modo sopporti. Non vedi quanto sia diverso l'affetto dei padri da quello delle madri? Quelli ordinano ai figli di svegliarsi perchè vadano a studiare in tempo, anche nei giorni di festa nn permettono che se ne stiano senza far nullae fanno loro stillare sudore e talvolta lacrime; le madri invece vogliono scaldarli al seno, tenerli all'ombra; desiderano che non siano mai tristi, che mai piangano che mai fatichino. Dio ha verso gli uomini buoni l'atteggiamento di un padre e li ama virilmente e dice: "Che siano pue oberati di fatiche, di dolori, di guai, in maniera che acquistino autentica forza". Gli animali ingrassati nell'inerzia sono senza forza e sono sfiniti non soltanto per la fatica, ma anche per il movimento e il loro stesso peso. Una felicità indenne da colpi non sopporta alcun colpo; ma colui che ha avuto una continua lotta con le proprie vicissitudini si è fatto il callo attraverso gli attacchi subiti e non cede ad alcun male, ma, anche se è caduto, combatte in ginocchio. Ti meravigli tu, se quel dio che ama i buoni a dismisura, che li vuole valorosi e forti quanto più è possibile, assegna loro una sorte con la quale possano misurarsi? Io non mi meraviglio affatto, se talvolta sente il desiderio sente il desiderio di vedere uomini grandi che lottano contro qulche disgrazia"

A me non pare che la Chiesa abbia distorto il significato di questi brani che esplicitano bene i concetti sovrascritti.
A te sembra ?
Eruner
00martedì 21 ottobre 2008 03:49
Il discorso sulla donna lascialo pure perdere: Donne papà? Chi coglie la mela? Quanto conta alla fine Maria per Gesù, o per i discepoli, se non come donna un pelo più alta delle altre? Quindi...
In ogni caso, la filosofia greca forse non esalta il pensiero personale, l'analisi critica e l'espressione delle proprie idee? Posso sbagliarmi, cosa di cui dubito, ma questo mi sembra più che sufficiente per dare l'idea di come funzionasse. E prima che si tiri fuori la "Apologia di Socrate", ricordo che quell'evento avvenne non perchè il filosofo si fosse estraniato dalla patria, ma al massimo perchè risultava uno scomodo anarchico contestatore rivoluzionario.
Infine, certo, l'idea del cittadino-oplita era fondante, ma perchè? Non spariamo alto sulla società di massa (che storicamente nasce SOLO dopo l'industrializzazione massiccia della 2^ Rivoluzione), il discorso era molto più semplice: meglio un esercito di mercanaro pagati, a cui poco importava della città, o meglio che fossero coloro che la abitavano, la polis, a difenderla? La democrazia prevede di BASE l'individualità, che poi và a conformarsi in legge dei molti. Ripeto, non spariamo alla cazzarium, le società di massa non esistevano, neppure Roma, se vogliamo vedere, lo era. Almeno, non come concezione odierna. Se l'individuo è l'espressione della propria libertà di pensiero e parola, allora che espressione potrà mai esserci in una religione, dove le libertà sono nulle, le orazioni sono sempre quelle e l'unica "filosofia" possibile è ristretta in margini prestabiliti da un libro sacro e dai teologi? (Si badi bene, in OGNI religione è così, per l'essenza stessa del fenomeno)
Non diciamo bippate, la filosofia cristiana non è filosofia come l'idea di libertà di una religione non è quella della filosofia vera.

P.S.: lo stravolgimento non stà nei contenuti (grazie al bippo, hanno fatto copia-incolla!), ma nell'essenza della filosofia. Quest'ultima prevede di lasciare in OGNI risposta, il posto a un'altra domanda, che può confermarla, ma anche negarla! In una religione, ciò non avviene e non DEVE avvenire! Essa si fonda sulla pretesa di Verità assoluta e inconfutabile delle parole scritte nel libro sacro, piuttosto che narrate dai cantori o dai sacerdoti o dai venditori di caldarroste. Il trasportare aribitrariamente pensieri filosofici in contesti a crescita argomentativa zero, equivale a ucciderli, quindi stravolgerli. E non lo dico io, ma il prof. XXXX dell'ateneo di Genova, che credo sappia ciò di cui parla...
Atisjoe
00martedì 21 ottobre 2008 15:44
E quindi ogni fedele deve prendere così com'è ogni singola parola di un qualunque prete?

A cosa sono serviti i concilii? Perchè è l'unica religione che ne ha fatto uso?

A cosa serve studiare teologia? E filosofia? Ci sarà da fidarsi anche di loro?

Qual'è il significato che la religione cristiano cattolica dà alla resurrezione?

Eruner
00mercoledì 22 ottobre 2008 02:41
1- In una parola, sì. A livello teorico, ogni cosa detta da un teologo, deve essere presa per buona da un sacerdote, così come ogni parola di un sacerdote deve essere presa buona da un fedele di quella religione. Ripeto, in teoria... Poi, essendo umani, le cose cambiano, ma di base, è così.

2- I Concili, più che per espremersi, sono serviti a dare una linea generale e "rimordenata" alla religione. Non si può certo pretendere che per 2000 vada bene la stessa solfa, anche se, essendoci la pretesa di Verità assoluta e inconfutabile, dovrebbe essere così. In ogni caso, oltre a questo, sono serviti anche per dare compattezza all'ecclesia e alla discussione teologica. Della serie "Ragazzi, la storia è così d'ora in poi, ok? Adeguarsi, prego."

3- La teologia si occupa di ricercare all'interno del libro sacro (valevole in eterno e superiore ai cambiamenti mortali) le soluzioni capaci di risolvere ogni problema della vita. Una sorta di "decriptamento del divino", insomma... La filosofia, al contrario, si fonda sul ragionamento razionale quindi è passabile di revisione, se non annullamento. In questo differisce e su questo è maggiormente affidabile (non del tutto, ma di certo in modo maggiore).

4- Sinceramente, è una questione troppo complessa e che, detto in parole povere, non mi frega più di tanto. In ogni caso, alla base di tutto stà la sconfitta della morte (che per me è metafora della rinascita della speranza, sia essa nell'uomo o nel divino) e la salvezza dei mortali, a cui così si "assicura" la vita eterna, come anche la redenzione dei peccati. Insomma, invece dei rubinetti, questa volta si è aperta una tomba.
JoeCommoner
00mercoledì 22 ottobre 2008 07:27
Provo a rispondere anche io:

1. Un fedele deve avere grande stima di ciascuna parola che dice un prete, ma deve sempre e comunque confrontarla con le Scritture e con il Magistero della Chiesa. Se è in evidente contrasto con una delle due, allora certamente il sacerdote è in errore. Mentre la Scrittura e il Magistero, se è correttamente interpretati non possono esserlo per un credente.

2. I concili storicamente sono stati indetti perchè si affacciavano eresie nella Chiesa o per rivedere la dottrina per "scrutare i segni dei tempi".

3. Per teologia e filosofia, basta vedere il significato letterale: rispettivamente "Parola di Dio" e "amore per la sapienza", ma ovviamente le due cose sono strettamente intrecciate: non si può studiare teologia senza "amore per la sapienza" e non si fa filosofia senza guardare alle realtà protologiche e escatologiche (origine e fine dell'uomo e della terra). Insomma "fides et ratio" sono strettamente legate tra loro. Con la ragione si puo' arrivare fino ad un certo punto, poi dei fidarti (o meglio affidarti) e fare un "salto", che è relativo alla fede su cose che non si potranno dimostrare, ma solo mostrare.

4. E' il centro della predicazione cristiana.
"Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato!
Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. (1Corinzi 15:13-14).
Consiste nella partecipazione gloriosa alla vita eterna dell'uomo nella sua pienezza (quindi in anima e corpo).

Joe
Claudium
00mercoledì 22 ottobre 2008 14:34
X Eruner

Sull' individualismo greco mi hai convinto però non capisco perchè non va bene l'esempio della donna: in una società icona dell'individualismo e della libertà ciascun individuo deve essere libero e parificato agli altri. Che poi la donna sia sempre stata, purtroppo, in tutte le culture che mi vengano in mente subordinata all'uomo questa è un'altra storia.

Sui Padri invece avevo capito male io nel post prima, sono d'accordo con te allora.

P.s. Anche se non mi dicevi che lo dicono all' Ateneo di Genova non è che ti ascoltavo di meno.

X Atisjoe

Non rispondo alle tue domande, Atis, in quanto non darei altro che risposte simili a quelle di Eruner e Joe e quindi almeno vi evito rindondanze.
BrightBlade
00giovedì 23 ottobre 2008 02:21
Ho già detto in anticipo di non essere un filosofo e di far riferimento agli unici – per quanto approfonditi – studi compiuti alla Scuola Superiore.
Proverò dunque a citare alcuni esempi per rendere chiaro cosa intendo quando l'Individuo è un'invenzione cristiana.

Per prima cosa, un chiarimento. Quando parlo di Individuo, penso essenzialmente a tre cose: libero arbitrio, creazione e unicità. Senza una delle tre, non si dà un Individuo in senso cristiano. Dio ha creato l'uomo libero, e ogni uomo è una creazione unica e irripetibile: questo insegna la Chiesa, e da quel che so nessuno prima di Cristo aveva affermato in maniera compiuta un simile concetto, anche se parti di questo sono state affrontate in passato.

Un uomo senza libero arbitrio è niente più che un animale tra animali: non è un individuo, cioè qualcosa di indivisibile, poiché può essere scomposto nelle sue cause, nei suoi ''pezzi''. Ma il libero arbitrio non ha cause – non potrebbe averne, sennò che libero arbitrio sarebbe? Inoltre, due sono le possibili spiegazioni del libero arbitrio: l'uomo è Dio (idealismo, Hegel in particolare, per citare esempi), oppure l'uomo è creato libero da Dio (il libero arbitrio non può essere ''causato'' dalla materia o, che ne so, dall'evoluzione) (terza opzione: l'uomo non è libero: ma allora non è Individuo). Infine, il libero arbitrio contribuisce forse più di ogni altra cosa a rendere Unico un Individuo.

Socrate dice ''conosci te stesso'', senza dubbio. Ma lo fa perché sostiene che l'uomo ha in sé tutta la verità (da cui l'anima è immortale): o non è così?
Dove accenna al libero arbitrio?
Al contrario, fu proprio Socrate a introdurre quello che mi è stato insegnato chiamarsi «intellettualismo etico»: e cioè che un uomo che conosce il bene per ciò stesso fa il bene; viceversa, coloro che compiono il male lo fanno solamente perché non conoscono il bene.
La possibilità che qualcuno, pur conoscendo il bene, compia il male non è assolutamente presa in considerazione: ma questa possibilità è proprio il libero arbitrio, essenza di un Individuo nel senso cristiano e oggetto pressoché sconosciuto alla filosofia greca almeno fino ad Aristotele (Platone accenna a qualcosa, ma non ne parla mai sistematicamente, o almeno così mi sembra; per quanto riguarda Socrate, come ho già detto siamo lontani anni luce).

Ancora: Platone sostiene (Repubblica) che tutti gli uomini sono uguali – persino le donne – e che siano distinti solamente dalle loro attitudini, in base alle quali vengono assegnati a una delle tre categorie della sua società ideale (governanti, guerrieri, lavoratori): sembrerebbe completamente assente l'idea dell'unicità dell'Individuo (e se con ''società di massa'' si intende società di uomini tutti uguali ed ''intercambiabili'' proprio come formiche in un formicaio, come ho scritto, sembrerebbe proprio che tale società di massa sia nata ben prima della rivoluzione industriale!).

Dunque: sì, la società greca era indubbiamente ''individualista'': ma non si tratta certo dell'individuo a cui pensiamo noi. Dopo tutto, i greci parlano sempre di ''uomo'', mai di ''individuo''!

Può tranquillamente darsi – dopo tutto, per quanto fosse bravo il mio prof. non sono certo un laureato in Filosofia – che ci siano tracce (forse anche più di tracce) tanto di libero arbitrio quanto di Individuo anche in alcuni filosofi greci; resta il fatto (o sbaglio? In che cosa?) che filosofi come Socrate o Platone sembrano escludere la possibilità del Libero Arbitrio, e dunque di Individuo (in senso cristiano).

Quanto a eventuali travisamenti dell'essenza della filosofia... in pratica, la religione potrebbe non travisarne l'essenza... solo se divenisse filosofia essa stessa. Siccome però non lo è, non deve osare avvicinarsi ad alcun testo filosofico perché, sopprimendone le domande, lo ''uccide''!?
Ed è poi vero che ogni risposta filosofica nasconda un'altra domanda? Che la filosofia, in altri termini, non sia in grado di definire nulla, poiché in ogni sua affermazione è nascosta la possibilità di una confutazione?

Ed è vero che religione e libertà sono incompatibili? La religione indica regole (il Decalogo, per esempio): in che modo questo mina la libertà? L'unica cosa ad essere minata, a dire il vero, è la libertà di scegliere cosa è bene, cosa è male: ma neanche Satana volle spingersi a tanto. Disse: ''sarete come Dio, conoscerete il bene e il male'' e non ''sceglierete il bene e il male''.
Né la filosofia è diversa dalla religione in questo: anche lei, per mezzo della ragione, vuole scoprire, non inventa nulla. Il ''testo sacro'' della filosofia è il mondo, ed essa lo indaga ed interpreta con la ragione proprio come fanno i teologi con la Bibbia. Dov'è nella prima la libertà che non sta anche nella seconda? Può darsi che la Bibbia sia una stupidaggine ed il mondo invece è vero: ma il metodo è lo stesso, e la verità è senza dubbio unica: una volta scopertala, bisogna aderirvi... o no?

Concludo: nel mio primo post, avevo scritto: «dall'alto dei miei studi di ingegneria elettronica...» e proprio per questo cerco di argomentare il più possibile quel che dico; di usare un linguaggio il più possibile esatto, e soprattutto di riferirmi a ciò che ho letto nei libri e che devo supporre essere vero (tanto più quando trovo corrispondenza tra testi diversi e di diversi autori).
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