Eternal Story intro

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Alucard82
00venerdì 30 luglio 2004 11:28
Salve a tutti Voi! Da un alcuni anni sto lavorando su un romanzo.. sono arrivato a metà dell'opera, però l'introduzione l'ho completata ormai da un sacco. Ho cambiato modo di scrivere, migliorando si spera, ma ora mi ritrovo con questa introduzione e non so che farmene... cioè non so se modificarla oppure eliminarla completamente e riscriverla da zero. Proprio per questo ho bisogno del Vostro aiuto, cosa mi consigliate? Ho fatto questo post in maniera tale che poteste visionare l'intro del romanzo... quindi, se volete, buona lettura!
P.S.=ora mi metto a scriverla, farei copia incolla, ma mi dice sempre che non posso farlo aprendomi una finestrella con scritto l'indirizzo del Regno... non capisco... vabbè...
Alucard82
00venerdì 30 luglio 2004 11:34
Incredibile ci sono riuscito col C&I
Un volto e una mano protesa in alto, questo era visibile dalla fioca luce sospesa a mezz’aria.
-Raghen, che stai aspettando? Che ci ammazzino tutti?!- ad alcuni metri un guerriero, con una leggera armatura di cuoio e un largo mantello rosso sulle spalle, spaccava la testa di un omuncolo dal naso schiacciato, dalla bocca larga e dai denti aguzzi, a Nuova Nascita erano conosciuti col nome di Goblin. Il cranio della creatura si spappolò sotto la pressione esercitata dal ragazzo impugnante la spada bastarda, oltre al cervello anche i bulbi oculari purpurei fuoriuscirono.
Lo stregone non diede alcuna importanza a quell’esclamazione, doveva richiamare nella sua mente il complicato incantesimo che ora gli occorreva. L’energia magica defluì dalla testa sino al suo braccio, poi trascorse un breve attimo in cui non accadde nulla: dalla mano si originò un globo azzurrastro, lo stregone fece un cenno con gli occhi e la sfera si catapultò su di un gruppo di umanoidi dagli occhi rossi, di seguito delle lame di ghiaccio perforarono le carni di almeno cinque creature uccidendole.
Una delle lame si conficcò nella nuca di uno dei mostri, la punta usciva dalla bocca, il colpo provocò un fiotto di sangue violaceo che si riversò sul tessuto bianco dell’abito della sacerdotessa che con una mazza e uno scudo tentava di tenere a bada da sola tre goblin. Due colpi riuscì a pararli, ma l’ultimo, infertole da un pugnale, le prese la spalla. Una macchia rossa, grande quanto un pugno, apparve come una rosa scarlatta dove aveva ricevuto la ferita.
-Brutto bastardo! Ora mi tocca lavarlo di nuovo!-. Sferrò un colpo alle costole del goblin, la cassa toracica gli si ruppe per l’impatto e il mostro cadde in avanti morto. La bocca rigurgitante del cadavere formò sul pavimento una pozza sanguinolenta.
Soddisfatta Samanxia sorrise compiaciuta, intanto uno dei due compagni del morto tentò di scappare, ma la lama del guanto di Petrus gli aprì la gola, un altro fiotto di sangue si riversò sul vestito già macchiato.
-L’hai fatto apposta?!- urlò scocciata la ragazza.
Il ninja non disse nulla, rise sommessamente e scomparve nuovamente nell’oscurità da dove aveva sorpreso di spalle la sua vittima.
Il guerriero, distante pochi passi dai suoi compagni, prese una torcia dallo zaino che aveva appoggiato per terra, cercò di farla accendere avvicinandola alla lanterna non molto distante. Due goblin gli furono addosso e la luce appena accesa cadde. L’uomo era steso sul pavimento con un essere che gli teneva ferme le gambe e un altro accovacciato sopra il suo petto con le mani alzate impugnanti una piccola lama. Furioso Foe scaraventò sulla pietra il piccolino e contemporaneamente riprese la torcia e la lanciò nel buio. Il goblin, che era sulle sue gambe, era ora inspiegabilmente afflosciato di lato senza dar segni di vita.
La torcia in aria girava disegnando un arco di luce. Per un attimo si scorse la sagoma di Petrus, poi, quando la fiamma cadde nuovamente per terra, tre mostri molto più grossi degli altri già uccisi, guardavano torvi quegli esseri umani.
Gli occhi bianchi senza iride, la bocca stranamente aperta fino a quasi le orecchie, fili di sbava vischiosa cadevano fra le zanne, lo stesso liquido fluiva a penzoloni dalle inesistenti labbra.
-Goblin Magi! State attenti, potrebbero nascondere oscuri poteri!-, le parole pronunciate dal mago suonavano più roche provenendo dal fondo della caverna. Il cavaliere dalla sua posizione lo guardò in modo sospetto, -Spero non intendessi dire che ce la dobbiamo cavare da soli-, poi, alzandosi, con un colpo netto di spada, tagliò la gola al sopravvissuto che era stato poco prima sopra di lui. Un attimo dopo venne assalito da uno dei grossi esseri che si rivelarono, in quel modo, tremendamente agili oltre che feroci. Con le mani nelle fauci Foe cercava disperatamente di non essere divorato. Nessuno poteva aiutarlo: la sacerdotessa e il ninja erano impegnati nel combattimento con gli altri due “animali”, il mago invece era scomparso. Il guerriero rotolò sulla terra fredda e si liberò dalla scomoda situazione scattando sulla spada bastarda cadutagli poco prima.
Samanxia era ridotta male: il vestito era ormai da buttare. Con una mano si stava tamponando una grossa ferita all’altezza dello stomaco. Ansimava e a pochi metri il suo nemico era pronto a sferrare un secondo e mortale attacco. Con un colpo secco ai polmoni, il cuore della giovane sembrò scoppiare, e perse conoscenza. Petrus se ne accorse e lanciò un urlo soffocato -No! Non lei...-. con la sua katana attraversò il cervello del terzo mostro dalle fauci di lupo, poi si precipitò dalla ragazza.
-Scappate, fuori da qui! Chiudete gli occhi!-. Raghen non si vedeva da nessuna parte, ma era lui. Le ultime parole erano tanto chiare che il gruppo di avventurieri, il guerriero con la sua enorme spada e il ninja con nelle braccia il corpo della loro compagna, si misero subito a correre verso l’uscita. Si sentì solo uno sbattere di mani, e poi uno schianto di luce prese di sorpresa e accecò i due goblin Magi rimasti. Gli uomini, tra cui il mago, tutt’a un tratto ricomparso, si misero a correre nella medesima direzione approfittando dell’attimo di smarrimento dei mostri.
Percorsero svariati metri di pareti oscure, dietro di loro non si sentiva altro rumore che l’eco cacofonico dei loro rapidi passi. Ogni tanto dovevano fare attenzione a non inciampare in alcuni cadaveri uccisi in precedenza. Più volte il percorso si allargava e si stringeva, in caverne che si intravedevano soltanto, a causa della poca luce proveniente dal piccolo pugnale che il mago teneva davanti a sé come una torcia, dietro di lui Petrus che portava il peso di Samanxia, non avrebbe retto ancora per molto. Chiudeva la fila Foe con le mani poggiate sulle armi per un’eventuale attacco. La corsa durò poco più di quaranta secondi, ma sembrò un eternità quando videro finalmente il tramonto apparire da un uscio a pochi metri.
La corsa appariva più tranquilla, poi il mago si accorse di qualcosa prima che ci andasse addosso -Fermi! Ci sono delle dannatissime sbarre di ferro!-. il gruppo ci si fermò a venti centimetri.
Il ninja voleva piangere, ma era troppo stanco, più indietro si sentivano i passi selvaggi delle creature che avrebbero decretato la loro morte.
-Un terribile scherzo del destino.-, commentò il guerriero conficcando la sua spada nel terreno.-Click!- si sentì soltanto. Le sbarre caddero. -Svelti dobbiamo uscire!-. Raghen era percorso da un brivido di pura gioia, tutti si rimisero velocemente a fuggire verso l’uscita, dietro gli rincorrevano i ruggiti delle due bestie.


-Anche se siamo usciti dal loro covo, dubito che quei grossi goblin ci lascino in pace, gli abbiamo ammazzato il loro clan, si vorranno vendicare,-. Il fuoco in mezzo al campo proiettava le ombre degli eroi sulle pareti naturali degli abeti e dei pini selvaggi di quella sera. Lo sguardo di Foe, seduto su un coccio di legno non lontano dal suo giaciglio, era fisso sulla sua poca razione di carne essiccata rimasta.
-Samanxia si sta riprendendo?- la domanda era rivolta a Petrus. Da quando avevano finito di sistemare quell’accampamento provvisorio, lui era sempre rimasto accanto alla sacerdotessa e si era preso cura di lei. L’aveva spogliata dei vestiti sporchi di terra e del sangue uscito dalle gravi ferite che aveva riportato su più parti del corpo, le aveva poi messo il vestito di ricambio che lei si portava appresso nello zaino. Era la prima volta che la vedeva nuda, il viso sembrava quello di una ventunenne, ma il seno immaturo faceva presente la sua vera età: quella primavera ne avrebbe compiuti sedici. Otto anni di differenza sono troppi, pensò il ninja, mentre per l’ennesima volta inzuppava un piccolo straccio nell’acqua della sua borraccia e lo posava sulla fronte scottante della ragazza.
-Non si è ancora svegliata. Le ho bendato le ferite e ho utilizzato delle erbe per evitare complicazioni, ma non sembrano servire... mago, non puoi fare niente coi tuoi poteri?-.
-No, purtroppo non conosco neppure un incantesimo che ora possa aiutarci.- Raghen sospirò e riprese a leggere un grosso tomo in lingua antica che teneva appoggiato sulle gambe.
-Già i tuoi dannatissimi incantesimi!- Foe si era alzato di scatto dal suo posto che era esattamente dall’altra parte dello stregone, stringeva forte il pugno. -Tutte le volte che c’è un pericolo ti allontani mettendo le tue chiappe al sicuro! Se ci avessi realmente aiutato Samanxia non sarebbe in fin di vita e noi non saremo braccati da quei mostri!- con un balzò saltò il falò e fu davanti a Raghen. Con una mano lo prese per il collo sollevandolo da terra, il grosso libro cadde pericolosamente vicino al fuoco. Il guerriero alzò l’altra mano per picchiarlo.
-Basta Foe! Lascialo stare, lui non ha colpa e adesso calmati. Siamo tutti preoccupati per Samanxia, litigando non risolveremo la situazione e inoltre... no, niente... ora torna al tuo posto.- Foe mollò la presa su Raghen facendolo cadere come un pesante sacco. Il mago si sbrigò a riprendere il tomo e a sedersi a gambe incrociate, mentre il cavaliere tornava al suo coccio di legno a ravvivare il falò.
Raghen sembrava ora pensieroso e rattristato e più volte alzò gli occhi verso il fuoco cercando quasi qualcosa da dire.
-Credo sia inutile continuare a stare svegli, è meglio che si comincino i turni di guardia per la notte, mi offro io per primo, se siete d’accordo.- questa era l’unica cosa che potesse fare.
-Il secondo lo faccio io. Potremmo farlo di tre ore ognuno, ok?- La voce del ninja era giovanile nonostante il tessuto scuro che lo copriva per intero, solo gli occhi, le orecchie e le mani erano visibili.
-Per me va bene- ruggì Foe, ancora innervosito per l’accaduto di poco fa.
La sua vita l’aveva passata nei boschi, non aveva esperienza di magia e stregoni, ma per quel poco che sapeva chi l’adoperava era gente senza carattere e personalità, cercava di nascondersi dietro pile di libri. Lui credeva solo nelle cose pratiche, come la forza e l’agilità, cose che un uomo come lui e suo padre avevano. L’intelligenza era importante, ma non se si trascura il proprio corpo; era abbastanza sveglio di mente per accorgersi se stavano cercando di prenderlo in giro e questo bastava. La magia in fondo non era altro che un chiedere aiuto ad una forza di un altro “piano di esistenza” (non sapeva bene cosa significasse, ma era quello che gli aveva detto Raghen tentando di spiegargli il concetto di “evocazione di incantesimi”): era da codardi!
Foe e Petrus si misero a dormire quasi subito mentre il mago si sistemava poco lontano dal fuoco, sfogliando ancora quel grosso libro. Ogni tanto ripeteva a bassa voce qualcosa in una lingua arcana tra sé e sé. Trascorse un’ora a pensare alle parole del guerriero. Foe probabilmente aveva ragione, era un fallimento di personalità. Non aveva mai preso proprie decisioni, anche quella di diventare quel che era non fu una sua scelta. Niente di quello che fino adesso aveva fatto era stato affrontato con coraggio, ma più con un enorme disinteresse. La vita attorno a lui era solo materia, numeri di atomi uguali o diversi, aggregati da legami che potevano essere spezzati e cambiati grazie alla magia. Gli stupidi la odiavano, la magia, perché le loro piccole menti non potevano concepire l’enorme forza e gioia che si ha nel comandare gli elementi. Era come essere delle semi divinità, potevi creare, plasmare e distruggere, lo si poteva fare in vario modo: invocando poteri di esseri superiori, utilizzando illusioni delle proprie menti, memorizzando nel cervello energie prodotte da complicate formule e movimenti, o più semplicemente utilizzando oggetti che avevano già in sé le arcane conoscenze necessarie. No, Foe non poteva capire, qualsiasi bravo mago avrebbe fatto le stesse azioni che lui aveva eseguito, Raghen non era un codardo, era solo prudente e coscienzioso. Cosa avrebbe dovuto fare? Buttarsi sopra uno di quei mostri e aspettare che lo buttassero giù per poi mangiarselo? Che cosa diavolo avrebbe... Raghen sentì qualcosa muoversi nel bosco alle sue spalle.
Si guardò attorno, ispezionò con gli occhi ogni solco buio tra un tronco d’albero e l’altro. Il fuoco del campo si era indebolito molto e il mago cominciò a pensare che in quelle condizioni avrebbe scambiato qualsiasi pezzo di legno per una creatura minacciosa. Rivitalizzò le gambe camminando un po’, ravvivò anche il fuoco.
Sentì ancora quel rumore di piccoli rami spezzati (o forse era solo lo scoppiettio delle fiamme?). Si avvicinò al suo zaino e ne tirò fuori un lungo bastone che spuntava con una grossa palla di ferro, posizionata come il pomo di uno scettro. Marcato sul legno c’erano miriadi di segni mistici. Raghen aveva lavorato mesi per ottenere quello strumento, lo aveva reso magico con riti che imparò solo teoricamente alla scuola della Gilda di Aishi. Aveva anche utilizzato il doppio del tempo per generare un’opzione che al ritrovo dei Piccoli Edificanti avevano ritenuto intelligente, l’invenzione gli era anche fruttata abbastanza soldi. Dall’ultimo incontro erano passati circa sei mesi, aveva ancora un anno di tempo per trovare un nuovo incantesimo che gli permettesse di salire di classe. Le riunioni avvenivano per determinati livelli di esperienza ed erano presiedute da dieci stregoni di una classe maggiore. Essi decretavano se l’allievo poteva procedere con studi più elevati e quindi creare incantesimi di livello superiore. Gli avrebbero potuto far guadagnare soldi, se avesse trovato qualcuno interessato alla compravendita delle sue ricerche. La dimostrazione delle proprie capacità, con il giudizio dei dieci stregoni, veniva fatta in una stanza speciale in cui era attivo un forte incantesimo che agiva in modo tale che chi usciva non ricordava, ad eccezione dei giudici, quello che era accaduto all’interno della sala. In questo modo si evitava che qualcuno si appropriasse delle magie degli altri, poiché tutti potevano presenziare agli esami.
L’opzione agli oggetti l’aveva mostrata quasi tre anni fa e aveva interessato molta gente anche di classe superiore.
Quella notte in quel bosco aveva paura che avrebbe utilizzato, con l’inevitabile sacrificio, il secondo potere donato al bastone. Raghen aspettò che succedesse qualcosa nel silenzio dei grilli che avevano smesso di cantare. Nulla... poteva sentire il suo cuore battere... si guardò ancora attorno, rimanendo immobile dov’era... tu-tum... tu-tum... stava per mettersi a ridere per la sua stupidità. I rumori, la tensione, erano solo frutto della stanchezza della giornata, tra mezz’ora avrebbe potuto riposare e riprendere le forze per il giorno dopo. Intanto avrebbe ripreso a studiare sul suo grimorio, avrebbe tenuto comunque accanto il suo bastone per ogni evenienza.
Stava per sedersi su un pezzo di legno, quello utilizzato precedentemente da Foe, quando le due creature apparvero, una accostata all’altra, sullo sfondo verde dei cespugli. -Per i Grandi Déi!- il mago si alzò di colpo, il guerriero che era lì vicino appisolato mugolò. Lo stregone impugnò la sua arma come una lancia e la gettò a poca distanza dalle creature conficcandola nel terreno -Esplodi!-.
Il lungo legno sembrò reagire a quel comando: alcune rune si illuminarono come lucciole poi ci fu una grossa esplosione. Una sfera infuocata investì le due vittime. A quel punto Foe e Petrus si svegliarono di soprassalto.
-Sono i vendicatori... carbonizzati- avvertì divertito Raghen.
-I corpi carbonizzati sono solo uno, i nostri vendicatori erano due.- osservò il ninja impugnando la katana e avvicinandosi al giaciglio di Samanxia per proteggerla. Il guerriero si mosse rapidamente per prendere la sua grossa spada, scostando con energia il suo mantello che aveva utilizzato come coperta.
-Mago non sai più contare? Comunque mi devo ricredere sul tuo aiuto nel gruppo- così dicendo si mise un dito davanti alla bocca: ora era importante non farsi prendere di sorpresa.
Il mostro correva nel buio nella boscaglia, aggirando il campo. Con la sua vista poteva vedere chiaramente qualsiasi creatura nella notte, compresi i tre uomini. Per un momento il grosso goblin pensò, se per pensiero intendiamo anche le tattiche di guerra, che avrebbe ucciso il mago. L’avrebbe preso alle spalle staccandogli con le mandibole la testa con uno strappo, poi si sarebbe scansato a sinistra per fuggire di nuovo, per attaccare un’altra volta.
Quello era il momento, scivolò lateralmente sul terreno increspandolo. Voltò il grugno verso il bersaglio. Con uno scatto uscì dalla boscaglia, l’ambiente intorno divenne indistinguibile e scivolò via come troppo colore fresco su una tela, l’unico punto fermo era la sua preda. D’istinto balzo a destra, mimetizzandosi nuovamente nella natura.
Il guerriero si girò solo in tempo per vedere un’ombra scomparire nel bosco e una freccia blu impiantata trasversalmente nel terreno. Corrugò la fronte -Ma che...?- guardò con aria interrogativa il ninja che per risposta si alzò e si avvicinò ad analizzare la freccia. Il mago non si era ancora accorto di nulla -Che cosa è successo?-.
-È quello che ci stiamo chiedendo anche noi Raghen. Forse voleva ucciderti, ma qualcuno è intervenuto spaventandolo,- Foe indicò la freccia -Dalla inclinatura e dalla forza di penetrazione è facile dire che il nostro “benefattore” deve aver mirato dall’alto.-
Petrus sconficcò la freccia. Era lunga circa cinque mani, un pollice di spessore, la punta era di uno strano minerale nero che il combattente evitò di toccare, quattro piume gialle la completavano alla fine.
-Questo genere di frecce non viene prodotto in queste zone...-
-Sai forse dove?- s’incuriosì il mago.
Petrus guardò lo stregone con un movimento della testa dubbioso, il tessuto blu notte della sua tuta aderente fece un lieve fruscio per lo spostamento -No... non ricordo, ma sono sicuro di quello che ho detto. Bhè - fece alzandosi - è inutile che rimaniate ancora svegli. Raghen ti do il cambio. Buonanotte.-
-Se credi ci siano altre creature svegliaci subito, non vorrei essere ucciso nel sonno. Notte.- Foe si ammantò nuovamente nella sua coperta provvisoria, come un bambino strinse e coccolò la sua spada bastarda e prese sonno. Dietro a lui il mago spostava il proprio giaciglio vicino al suo. In un lento crescere di rumori la vita notturna del bosco cominciò a ripopolarsi. Affianco a Samanxia, si appostò l’ombra di Petrus, un angelo nero, vendicatore contro chiunque avesse attaccato quella bambina.
Era visibilmente preoccupato per lei, pregava che non fosse già troppo tardi, da quando erano usciti dalle caverne avevano percorso un tragitto casuale perdendo l’orientamento. Riuscirono a correre solo per altri dieci minuti poi decisero di trovare un posto comodo per accamparsi. Sperava che vicino ci fosse un qualche villaggio, oppure una strada principale che portasse da qualsiasi parte ci fosse un medico o un guaritore. Non sapeva più che fare, che pensare. Era confuso, non sapeva che provava per quella ragazzina che ora guardava con occhi preoccupati.
Con la mano accarezzò i corti capelli neri, sfiorandole la piccola fronte e spostando un fine ricciolo bianco che si era separato dalla propria ed unica ciocca. Le palpebre erano chiuse, le ombre provocate dalla luce in mezzo al campo rimarcavano tutte le linee del volto, le piccole labbra sporgenti rosee, il naso quasi a punta lievemente alzata.
Il ninja si tolse la maschera che ricadde piegata dietro di lui per terra, capelli biondi tagliati alle spalle scivolarono in avanti nascondendogli la faccia. Si chinò su di lei, si stava lentamente avvicinando con movimento insicuro alla bocca di Samanxia. Un rumore fece sobbalzare Petrus che velocemente rindossò la maschera, gradualmente si rimise a fare la guardia volgendosi verso il bosco rattristato per quel momento. “Che aveva pensato di fare?” si chiese fugacemente. L’attenzione tornò sulla notte con i suoi abitanti invisibili. Lì attorno si nascondeva il loro “benefattore” o forse se n’era già andato a salvare la vita a qualcun altro.
Foe fece l’ultimo turno ma dopo dei minuti si addormentò e si svegliò poco prima che i due compagni potessero riprenderlo con qualche rimprovero. Sembrava fosse una delle tante mattine passate insieme da quando si erano conosciuti in quella strana situazione che fu la festa del villaggio di un anno e mezzo fa.
Raccolsero parecchi rami, li legarono fra loro mediante una corda che portavano con sé e usarono il mantello rosso affinché Samanxia potesse sdraiarsi sulla rudimentale barella. Non fecero colazione perché non avevano niente da mangiare, ma questo non impedì loro di essere allegri, spensierati, e fare battute sulla vita e sui nobili. In breve tempo si sorpresero a costeggiare una strada principale, la scoperta scatenò una risata di scherno sulla propria stupidità. La strada che percorsero, non più larga di quattro metri, era fatta da piccoli ciottoli bianchi sprofondati a formare una specie di carreggiata che suggeriva un frequente viavai; infatti dopo un centinaio di metri una carovana si presentò in prossimità di un esteso campo di frumento, offrendosi di dare un passaggio fino alla città in cui era diretta.
Quelle dovevano essere giornate davvero fortunate: all’inizio le sbarre nella caverna, poi il “benefattore”, trovare quella strada e infine il carro. Raghen non sprecò che pochi pensieri su quei fatti, sedendosi davanti con il mercante e cocchiere della carovana, gli altri due erano dietro con Samanxia, sotto quella vuota nuvola che poteva sembrare la tela, tenuta dai stretti e flessibili bastoncini di legno.
-Qual è la città dove ci fermiamo?- “e quanto tempo manca alla fine di questo noiosissimo viaggio?” fu la domanda inespressa di Raghen che giocherellava con la bambina di Nahf. Seduta sulle sue gambe aveva sei anni e corti capelli rossi ramati, con le mani giocava a tirare la barba caprina del mago che, non molto divertito, tentava di scansare i colpetti dell’infante. Più volte aveva cercato di spostare la ragazzina ma dopo un po’ se la ritrovava sopra di lui.
-Felicia smettila di disturbare il nostro ospite... la città è Wamashtar, conosciuta un tempo come la dimora di Gudrun. Sa già la storia?-
-Sì la conosco, ma la pregherei di raccontarmela un’altra volta.- la bambina sembrava tutt’a un tratto calmatasi, si accomodò meglio su Raghen, stiracchiò la sua lunga gonna rosa con le mani, in silenzio, e come una brava scolaretta si mise ad ascoltare.
-Alla mia bambina piacciono le storie, non è vero?- Felicia sorrise, era un bellissimo sorriso, tanto che Raghen la imitò, il risultato fu uno sguardo idiota.
-È una storia di duecento anni fa, dove ora splende Wamashtar esisteva allora un bosco che si diceva fosse il regno dei misteriosi abitanti che ogni notte ballavano e cantavano per il loro tesoro. Un giorno però le forze del male, che a quel tempo governavano la grande energia del Flusso Amniotico degli Immortali, tiranneggiarono il misterioso popolo.
Essi non si ribellarono ma gridarono aiuto a Urihid, la dea della luccicanza. La sua risposta fu la venuta di Gudrun, nato dall’unione di un elfo, figlio della dea, e da Salice, colei che esercitava la maieutica presso gli Immortali. Egli combatté contro gli oppressori del popolo misterioso. Fulmini, tuoni e luci vennero evocati, il tutto finì con la vittoria di Gudrun e la ritirata del male.
Il bosco però non era più abitabile per gli esseri di quel luogo, così essi dovettero migrare in una nuova zona in cui potessero nuovamente divertirsi ballando. Prima di andarsene i piccoli esseri ringraziarono il loro salvatore donandogli la città più ricca e artistica che tutta Nuova Nascita avrebbe visto nella sua esistenza, e l’avrebbero costruita in quello stesso luogo distrutto per esorcizzarne le influenze negative. Il giorno dopo quella città era lì: tetti splendenti di rosso rubino, verde giada, giallo ametista; tantissime case, torri, templi, monasteri, ogni costruzione con preziose pareti di marmo dai svariati colori, nero, rosa bianco e grigio. E il nome del suo Re era Gudrun.
Felicia ricordati di questa storia quando entreremo a Wamashtar e narrala a tutti quelli che incontrerai, perché anch’essi sappiano dei prodigi delle forze del bene.- strizzò l’occhio alla bambina e riprendendo presa sulle briglia, incitò i cavalli a proseguire con trotto più rapido.
Era la prima volta che Raghen sentiva quella storia raccontata in quel modo. Aveva studiato e conosceva la verità di quella città, di come Gudrun era riuscito a costruire quegli edifici, il perché moltissima gente nota vivesse in quel posto nonostante le salatissime tasse. La realtà si scostava molto da quella fiaba.
D’altronde non era il caso di distruggere le illusioni di una ragazzina. Non le si poteva certo dire che quel re era un mascalzone. L’unica città che non rimaneva succube della povertà e della decadenza era dove Gudrun alloggiava con il suo sfarzoso palazzo, nella capitale. Essa continua a vivere, anche dopo la morte del suo primo re, delle salate tasse che venivano imposte agli abitanti che rimanevano in quel paese solo perché tutelati dalle leggi degli altri regnanti con cui avevano delle accese diatribe. Quella città era diventata la prigione più lussuosa e vivibile dell’intero mondo di Nuova Nascita.
-Guarda Felicia, su quel promontorio! Vedi quegli strani luccichii che spuntano dal bosco in fondo?,-
Dentro alla carovana Foe si scostò da una cassa di stoffe e rimanendo appena ingobbito mosse qualche passo per poter vedere fuori la scena.
-Quella è la città più bella, Wamashtar. È il tramonto, la miglior opportunità per ammirarla, ancora poca strada e saremo arrivati.-
-Raghen spostati che voglio mirare il paesaggio. Lui continua a mugolare e non riesco a riposare,- Raghen si ritrovò ai bordi dell’asse di legno che fungeva da sedile, schiacciato fra il vuoto e il corpo dell’aggiunto uomo. Una piccola chioma rossa abbracciò il collo robusto di Foe -Ciao Felicia- rispose lui scompigliandole i capelli. La ragazzina sorrise a bocca aperta e gli strizzò l’occhio. Intanto il mago, aggrappatosi alla vita del guerriero, cercava di non cadere, al che si vide alzare per il colletto della sua tunica rossa e sbattuto all’interno del carro -Grazie...-
All’interno Petrus piangeva sopra il corpo pallido di Samanxia, parlava a voce rotta e interrotto da numerosi singhiozzi -Non riuscirà a sopravvivere... non arriveremo mai in tempo... Proprio ora che la amo...- con il volto rigato dalle lacrime si voltò -Raghen, ti prego... portala via a Wamashtar... salvala,- Il ragazzo si tolse con fatica la maschera e scoprì i suoi capelli biondi spettinati, si appoggiò con la testa sulle gambe dell’amico -Io non ce la faccio più, è come un cancro che mi divora l’anima... Non posso stare qui e... io la amo!-
Solo luci deboli e smorte filtravano dal telaio, l’ambiente era carico dello scuro marrone delle molte stoffe sovrapposte. Il vento fuori suonò una tacita melodia mentre Petrus premeva con entrambe le mani il suo volto quasi tentando di strapparsi la carne dalla faccia.
Forse cercava di sostituire il dolore che provava nel cuore con uno più violento, fisico.
-Ti prego... uccidimi se lei non dovesse tornare... da me- le unghie cominciarono a penetrare nella carne, un rivolo di sangue scese e si mescolò ad una lacrima che aumentò la sua discesa sulla guancia dell’uomo.
-Smettila Petrus!- Raghen, con le sue forze insufficienti, tentò di fermare le braccia dell’amico i cui nervi sembravano sul punto di esplodere -Stai impazzendo, così lei non tornerà in vita!-
Petrus urlava, al limite del dolore sbranante il suo animo.
Il mago mollò la presa e istantaneamente portò i pugni al petto -Forza magica, dirompi nel lento torrente di Hypnos- e con l’ultima parola aprì le mani e una nuvola di polvere rossa coprì il ragazzo biondo che cadde addormentato sul legno del pavimento. Le dita non facevano più pressione, i muscoli si erano tutti rilassati, solo la faccia aveva trattenuto l’espressione di una terribile tristezza.
All’esterno Foe sgranava gli occhi guardando sopra la sua testa, Felicia era nascosta dietro il suo mantello, Nahf aveva fermato i cavalli. Il cielo sembrava una grossa creatura vivente che si spingeva in un movimento altalenante, un mare in tempesta con creste protese per decine di metri verso terra. I due Soli erano scomparsi, coperti da una luce rossastra che ammantava l’intera volta celeste.
-Raghen, Petrus, uscite fuori presto!- il cavaliere smontò dal veicolo con un balzo e la bambina lo seguì.
-Che cosa sta succedendo è... strano- furono le parole dello stregone. Raghen scese con calma e restò a guardare quello spettacolo vicino Foe. Il mercante era rimasto impietrito, gli animali erano impauriti e cominciavano ad agitarsi.
-Petrus, ha avuto una crisi, l’ho dovuto far addormentare, ma che cos’è?- quella cosa cominciava a formare dei grossi vortici piatti bluastri là sopra.
-Cosa?! Petrus... per via di Samanxia, non è così? Ascolta...- il ragazzo non finì la frase che un forte rombo squarciò quell’attimo, una colonna di luce divampò nel cielo e si frantumò a diversi chilometri da loro. Come una rapida reazione a catena altri fasci caddero seguendo una linea retta dal punto in cui il primo si era consumato.
-Scappiamo!-, i cavalli erano impazziti, Nahf piombò sulla strada e venne calpestato dagli zoccoli ferrati delle bestie, che prima gli pestarono le gambe e poi, nell’agonia straziante del dolore dell’uomo, gli schiacciarono la testa ponendo fine alla breve tortura del loro padrone.
Gli enormi raggi crollavano sempre a minor distanza dagli avventurieri che, in preda al panico, correvano a più non posso con appresso la bimba. Il pilastro luminoso raggiunse e colpì in pieno la carrozza che svanì frantumata; uno scoppio bianco e un’esplosione fece volare per cinque metri i fuggitivi. Dietro loro non rimaneva altro che un’enorme spiazzo morto, quelle folgori erano svanite ma il colore rossastro permaneva accompagnato da uno sgradevole puzzo di carne arrostita.
Due figure rimanevano al centro di quel luogo calvo; sdraiata e nuda c’era Samanxia e a pochi metri Petrus galleggiava nell’aria con un lieve bagliore grigiastro intorno al corpo, dopo un primo momento una forza invisibile lo sbatté al suolo. Il ninja si rianimò,
-Samanxia... che sta succedendo...- con una mano si teneva la testa dolorante, alzò di poco lo sguardo e, vedendo la sacerdotessa, si protrasse in avanti: la sua mano sembrò toccare una parete d’aria che non si lasciava oltrepassare.
Il corpo della ragazza cominciò ad essere preda da violente convulsioni, gli occhi sbarrati mancavano dell’iride, la bocca aperta era un muto grido. La schiena della donna si inarcò, le dita della mano affondavano nella terra mentre raffiche di fili bluastri la percorrevano, raccogliendosi poi a generare una voluttuosa sfera all’altezza del suo addome sollevato. L’urlo non manifestato prima scaturì in un istante nel suo straziante suono.
-Samanxia che ti sta succedendo!- Petrus urlava per la disperazione, impotente poteva solo guardare. Samanxia prese a galleggiare rannicchiata intorno alla sfera azzurrastra. Un rumore di ossa spezzate precedette l’apertura di due enormi ali argentee, uscite dagli squarci obliqui sanguinolenti al livello delle scapole della fanciulla. A quel punto si eresse in tutta la sua figura che sembrava avesse acquistato in possenza, gli occhi senz’anima di Samanxia crollarono verso Petrus.
La bocca si mosse in piccoli scatti. La voce era irriconoscibile, profonda e roca, sembrava provenisse da un’altra dimensione.
-Tu, mortale, pagherai il tuo volere con il nostro volere.- con il dito puntò verso l’inerme ragazzo -Ora in questo momento il destino s’incammina per la seconda Placenta in Stasi. Esseri animali che vi avvalete del nome di Uomini, non rimarrete più nel maglio embrionale degli Immortali! Cadrete finalmente nel grande Caos,- la faccia di quella creatura, che non era più Samanxia, si rivolse al cielo. L’atmosfera rossastra venne ricoperta da un manto nero, quello della notte, e tutto sembrò tornare alla normale natura del luogo.
In quello spiazzo levitava ancora la figura alata della fanciulla, -Arzhakim! Immortale, i demoni porranno fine a tutto questo!- . L’oscurità sembrò inghiottire il suo corpo nudo, poi rimase solo Petrus, un anello ai suoi piedi e le voci concitate dei suoi amici.
Alucard82
00venerdì 30 luglio 2004 11:37
Evviva Ctrl+V
-Con questo si conclude l'introduzione e in più ci sono le prime 4 pag. del primo cap.-

Il sole splendeva nel cielo azzurro, i suoi raggi toccavano ogni spiga di grano del campo. Petrus era sdraiato, riscaldato da quella giornata si riposava nel lembo di terra verde che lo circondava. Si appoggiò sulle braccia, in modo da avere una maggiore visuale guardando davanti a lui. Vide la silhouette di una giovane ragazza in un lungo vestito campagnolo, reggeva delicatamente con una mano un cappello sulla testa, un ricciolo bianco le ricadeva sul volto e, come divertita, sorrise. –Allora, vieni? Ti sto aspettando.-
-Samanxia... sì arrivo subito, amore!-, con una spinta si mise in piedi e s’incamminò verso la ragazza. Lei gli tese la mano e Petrus la tirò a sé, abbracciandola e poi baciandola sul collo. -Dai, che fai? Dobbiamo andare, manchiamo solo noi-, Samanxia lo guardò negli occhi e arrossì, -ti amo-.
-Lo so, anch’io ti amo.- così dicendo il ragazzo affondò la sua testa tra i capelli di lei.
Il ninja, che ora non vestiva la sua consueta armatura, ma una ben più comoda toga estiva di colore giallo con una grossa corda nera alla vita, alzò il viso e notò volteggiare tra le nuvole un corvo nero. Lo seguì con lo sguardo scendere di quota, rallentare la sua corsa e appollaiarsi su una staccionata di un casolare a poche decine di metri da dove si trovavano loro.
-Ora dobbiamo proprio muoverci, gli ospiti ci attendono-, Samanxia si staccò dal corpo dell’uomo e, tenendogli ancora la mano, lo condusse fin dentro lo steccato. Un ampio cortile ciottolato di levigate pietre bianche, lasciava spazio a molti alberelli di ginkgo in piccole zone delimitate dalle Hypnozie.
Le Hypnozie erano particolari piante arrampicanti di colore blu scuro che, invece di inerpicarsi sopra ogni superficie, si limitavano a diramarsi in orizzontale, creando un particolare tappeto di soffici foglie. Petrus, che ancora si stava gustando la dolce compagnia della ragazza, si chiese, come aveva fatto negli ultimi sei mesi dopo aver sposato la non più sacerdotessa, se tutto quello che aveva davanti agli occhi era solo un meraviglioso miracolo o era, più semplicemente, la realtà. Era tutto vero, lui stesso aveva assistito alla cerimonia con la quale Samanxia si liberava dai vincoli sacerdotali della Chiesa di Flow e nello stesso giorno convolava a nozze con lui.
Però da alcuni giorni aveva uno strano presentimento: il vescovo che li aveva uniti in matrimonio aveva chiesto di vederli ora per annunciargli una notizia di grande importanza. Ciò che lo aveva preoccupato era il fatto che avesse voluto anche la presenza degli altri suoi compagni di avventure: Raghen e Foe.
Camminando abbracciati, la coppia sposata arrivò al tavolo dove erano attesi. L’asse di legno nero era imbandito da piccole posate, tozzi bicchieri di vetro e da una stuoia di piattini farciti da ogni genere di antipasto. Su tre sobrie sedie erano adagiati i loro due amici e il vescovo Durnhill.
-Aspettavamo solo te per poter cominciare a mangiare!-, il guerriero li accolse così, mentre il mago sorrise e strizzo l’occhio. Il vescovo invece si alzò in piedi e come voleva l’etichetta fece il consueto saluto che si addiceva alla sua carica e allo stesso modo risposero i giovani sposi.
-Sono lieto di vedervi tanto felici, anche se oggi sono venuto a disturbarvi, ma dovevo consegnarvi un’urgente missiva di cui neppure io conosco il contenuto-, Durnhill così si sedette di nuovo e con fare poco elegante riprese,-ma ora pensiamo a riempire la pancia!-.
-Lei non ci disturba mai ed è per noi un vero piacere ospitarla qui da noi e anzi ci stupisce che sia venuto lei in persona per una semplice missiva- Samanxia si sedette vicino a Petrus mentre rivolgeva quella domanda indiretta all’anziano.
-Di solito mando infatti un incaricato per svolgere queste faccende, però ero anche curioso di come stavano andando le cose tra voi due e mi compiaccio nel vedere che non è sorto alcun tipo di problema; ma parliamo più avanti delle altre faccende, intanto allietatemi parlandomi di voi-.
Trascorsero così parecchie ore, parlando, mangiando e bevendo, interrotti solo per accendere un falò che riscaldasse il fresco vento della sera che si era avvicinata senza quasi farsi sentire.





Cap. I





Il corpo incosciente di Petrus, trasportato da Raghen e Foe, era ancora in vita ma inerme. Al momento la mente del ninja era occupata da un bel sogno, dove forse fosse possibile accettare la scomparsa di Samanxia.
Sia il mago che il cavaliere non si erano ancora detti niente sull’accaduto, erano rimasti frastornati da tutto quell’avvenire, si sentivano preda di eventi di cui, per ora, riuscivano solo a subirne gli effetti; l’unica loro volontà era raggiungere Wamashtar e trovare aiuto. Felicia li seguiva, la morte del padre era avvenuta davanti ai suoi piccoli occhi, in una maniera disumana, diabolica, o divina. La paura e lo sgomento per essere stata vittima e spettatrice di forze che non poteva contrastare, impadronivano il suo animo riducendolo al nulla, senza alcun senso. Non importava che potesse arrabbiarsi con gli Déi? A Loro non importava?
L’amarezza li avrebbe accompagnati per molte ore se avessero voluto procedere a piedi in quello stato. Nella radura spazzata via dai terribili fasci luminosi, comparve in lontananza ad un tratto un lungo polverone, seguito dal rumore dello scalpiccio di zoccoli e del clangore di armature. I tre sventurati si fermarono e aspettarono immobili il gruppo di qualsiasi cosa fossero.
Il sollievo di vedere lo stemma ricamato sull’araldo, trasportato da un giovane uomo equipaggiato di uno spadino alla cintura e una tromba nella mano, non bastò a rallegrare l’atmosfera. Infatti, dopo la nota stridula fuoriuscita dallo strumento a fiato, cinque soldati semplici circondarono i tre ragazzi e la bambina.
–Non opponete resistenza, entrate nella gabbia e aspettate di essere trasportati nella città dalla squadra di recupero superstiti.– da un cavallo pezzato parlava quello che doveva essere il generale. Portava capelli scuri che gli arrivavano alle spalle. L’elmo, che presentava una visiera a forma di muso di tigre, celava il suo viso. Nonostante ciò era possibile intuire i suoi lineamenti facendo affidamento alla forma affilata del mento che restava scoperto. Con un gesto della mano fece portare i pesanti contenitori a sbarre metalliche e le fece buttare per terra davanti ai prigionieri.
Raghen, perplesso da quello che stava accadendo, si fece avanti con l’intenzione di cominciare un discorso, ma appena aprì bocca una lancia puntata alla gola lo fece desistere dalle sue idee sul da farsi. –Niente domande o spiegazioni, quelle le lasciamo al nostro inquisitore di corte, entrate nelle celle e aspettate, in silenzio!–
Gli ordini erano chiari e tanto ormai erano rassegnati al fato che li voleva così sfortunati. Entrarono in quelle reti metalliche in silenzio pregando che libertà e tranquillità arrivassero il più presto possibile.
Dopo due ore d’attesa la milizia arrivò portandoli finalmente nella città, loro meta iniziale. Di tutto quello che volevano vedere solo le mura marmoree risplendevano nei loro occhi. Per il portone principale non ci passarono neanche vicino, anzi erano proprio al lato opposto, dal quale si accedeva direttamente alla caserma dei soldati al cui interno era stata costruita anche la prigione e la sala degli interrogatori.
Uno spiazzo, lungo una decina di metri e largo altrettanto, era pavimentato da terriccio scuro, di tanto in tanto erano visibili casse riempite da armi di diverso tipo, alcune delle quali Foe le vedeva per la prima volta; Raghen non ci faceva neanche caso, conosceva già la sua grande ignoranza sulla guerra e non aveva affatto bisogno di rammentarsela; Felicia, al contrario, guardava tutto con stupore ed interesse, con occhi splendenti di curiosità. Superata un’arcata di legno si trovarono in un corridoio illuminato dalle molte torce appese alle pareti. Era già notte e la loro visita turistica all’interno delle galere era appena iniziata.
–Ora apriremo le gabbie… non provate mosse strane o verrete puniti severamente sul posto, domani mattina sarete chiamati per essere interrogati dal nostro inquisitore. Mentre siete in cella cercate di non fare baccano o ci penseremo noi a farvi stare zitti–
Sei soldati uscirono dalle portantine poste davanti e dietro ai prigionieri, le gabbie venivano intanto fatte abbassare dai cavalli che sostenevano i bastoni che le sorreggevano. L’aria fresca e umida all’interno della stanza trasportava un senso impalpabile di imprevedibilità. Il cavaliere, il mago, la bambina, il corpo incosciente di Petrus sembravano forme che male combinavano in quel ambiente lugubre, fatto di uomini dagli sguardi e dalle voci funeree.
Tutti e quattro vennero messi in stanze diverse, tranne il guerriero e la bambina che condivisero assieme la piccola cella. Il ninja non si era ancora riavuto e inutili furono le richieste di aiuto da parte dei suoi amici per portarlo in un luogo in cui lo guarissero. Non sapevano cosa avesse Petrus, ma sentivano che avrebbe corso un pesante rischio se un guaritore non l’avesse immediatamente visitato. Nessuno però si dimostrò particolarmente interessato alla loro condizione, alcuno cercò di aiutarli. Passarono la notte dormendo scomodamente sulle brandine, soprattutto il cavaliere che teneva raggomitolata sul suo corpo Felicia.
Alla mattina il ragazzo la ritrovò sdraiata sul pavimento, forse era caduta per qualche suo movimento notturno. Dalle sbarre poteva vedere un uomo sulla trentina che sonnecchiava appoggiato a una sedia, delle chiavi erano allacciate alla cintola. Accanto al guardiano stava un grezzo comodino sul quale stava un foglio macchiato d’inchiostro blu. Già, per il cavaliere le lettere erano macchie di colore, nel villaggio in cui abitava non c’erano scuole e solo chi viveva una vita agiata poteva permettersi di mandare, con una carrozza, il proprio figlio nell’istituto più vicino, ma nel suo paese non c’era proprio nessuno che aspirasse ad avere una istruzione maggiore a quella di tanti altri suoi compaesani.
–Raghen, sei sveglio?– sussurrava, non voleva che qualche orecchio indiscreto sentisse la loro conversazione.
–Sono sveglio, Foe, ma avrei voluto svegliarmi e rendermi conto che fosse stato tutto un sogno. Amico, devo darti una brutta notizia…–, la voce proveniva dalla cella attigua a quella del cavaliere, il tono era roco e sembrava che tirasse fuori a stento le parole che pronunciava.
–Mago mi spaventi, cos’è successo?–
–Le nostre preoccupazioni sono diventate realtà, non c’è più niente da fare…–, un lungo silenzio aumentò il nervosismo del compagno.
–Petrus è morto–
La notizia cadde come un macigno sulla testa di Foe –Non è possibile, lui era ancora vivo quando… ti stai sbagliando, non può essere, inoltre come fai a saperlo se sei rinchiuso qui? Ah, ho capito sai, è un altro dei tuoi stupidi scherzi, non è vero Raghen? …–
–No, non è uno scherzo, è la verità. Quel foglio di carta lo dice... c’è scritto che uno dei tre uomini raccolti l’altra notte è stato trovato nella prigione senza vita questa mattina. Il nostro amico… è morto…–, il mago piangeva, si sentiva la gola strozzare, la stessa sensazione che stava provando il cavaliere appoggiando la testa sulle sbarre, lo sguardo assente. L’unica cosa ad animare la faccia pietrificata di Foe era un’unica lacrima che gli scendeva sul viso e un leggero tremolio del labbro. Fluiva tutto nella testa, i ricordi, le voci di vecchi dialoghi, le risate fatte intorno al fuoco e camminando, tutte le speranze di un improbabile futuro, ma anche i litigi, quella sua figura di padre del gruppo. Petrus era questo, oltre l’essere un compagno di avventure era soprattutto un caro amico. Non esisteva più, cancellato dal futuro, dal presente, neanche la possibilità di vederlo un’ultima volta ancora vivo, nessun altro secondo per dirgli un’ultima parola, un abbraccio conclusivo di molte esperienze fatte assieme. –È finita… è davvero finita qui, la nostra compagnia si è sgretolata in un paio di giorni, in così poco tempo. Forse era questo quello che volevi bastardo!? Abbandonarci e raggiungere Samanxia, ovunque essa sia? Non dovevi lasciarci nel momento del bisogno, che amico sei tu che ti allontani da noi per sempre?–
Disperato Foe cadeva sulla pietra fredda cercando di allontanare il pensiero così orribile della morte; oggi, come avevano già detto le guardie, avrebbero dovuto sostenere l’interrogatorio, ma con quali forze lo avrebbero affrontato.
–Non c’è più tempo, dobbiamo muoverci, scappare!– Foe sentiva le parole di Raghen ad un tratto più vicine, ma non gli importava, il peso che gravava sul suo cuore aveva affievolito qualsiasi volontà. Il rumore della serratura che scattava fece voltare lievemente il cavaliere che piangeva ancora sommessamente. Quello che vide lo colse impreparato. Davanti a lui stava ritto in piedi il mago che gli porgeva una mano per aiutarlo ad uscire: la cella era aperta. Anche gli occhi dell’amico erano arrossati, ma allo sguardo triste si era sostituita una espressione risoluta. –Non possiamo portarci dietro la bambina, dobbiamo andarcene prima che la guardia si svegli– Foe era ancora un po’ scombussolato, tirando su con il naso chiese –Ma come…–
–Magia... avanti alzati e sbrighiamoci a svignarcela, restare qui non migliorerà la nostra condizione– in Raghen si era acceso uno spirito nuovo, pronto a rialzarsi e combattere. Foe non l’aveva mai visto in quello stato, si domandava se non fosse il proprio modo di reagire alle situazioni tragiche che non si addiceva. Il mago si era rinchiuso in una torre impenetrabile nel cui fondo custodiva tutto il suo dolore, tutta la sua persona, che era troppo fragile per venire alla luce davanti a qualcuno, si era coperta da un manto di apatia.
Il ragazzo che ormai era stato spogliato dell’armatura e del suo mantello rosso, strinse la mano che gli era stata tesa e si rimise in piedi –Senza armi ci sarà difficile superare ciò che stiamo per affrontare–, con il braccio si asciugò la faccia dalle lacrime.
–A questo ci ho già pensato, seguimi e non fare alcun rumore, tutto il nostro equipaggiamento è…–
–Ehi, voi! Cosa ci fate fuori dalle vostre celle!– l’uomo che poco prima dormiva sulla sedia si era destato dal sonno. Il cavaliere, istantaneamente, scostò con una mano il mago poi, facendo un balzo e arrivando davanti al guardiano, scazzottò il muso dell’uomo che, con il naso rotto e battendo la testa sulla parete rocciosa, cadde senza sensi nuovamente sulla sedia –Prendiamogli le chiavi, ci potrebbero tornare utili–, con uno strattone il mazzo si liberò dalla cintura a cui erano legati. –Il vostro padrone ora è un altro– sogghignò Foe. Dietro di loro Felicia miracolosamente non sembrava ancora essersi destata.
–Avanti seguimi– il mago era impaziente di proseguire la fuga, spalancò una porta e all’interno trovò tutti i loro oggetti. –Come facevi a sapere che qua dietro non si nascondeva qualcos’altro?–, chiedeva allibito il cavaliere mentre si precipitava a rimettersi la sua armatura e a rinfoderare la sua cara spada bastarda. –I miei “inutili” poteri me l’hanno suggerito–, lo stregone si chinò allacciandosi sulla schiena il suo grosso tomo con la propria custodia, poi si caricò anche dello zaino, contenente ampolle quasi vuote di sostanze necessarie per procedere ad alcuni incantesimi come quello che avrebbe tra poco preparato. –Oh, non ce l’avrai ancora per quello che ti ho detto l’altra sera? Non dicevo sul serio!–
–Ah, no? Mi sembravi molto sicuro di quello che dicevi quando mi hai alzato per il collo, se non fosse stato per–, il mago si fermò nel proseguire la frase, un nodo alla gola aveva cominciato a farsi sentire, per terra rimanevano ancora le cose di Petrus, i due amici rimasti si guardarono per un istante, ma distolsero lo sguardo prima che uno dei due ricominciasse a piangere per lo sconforto –andiamo prima che ci scoprano!–
Senza dire altro, i due compagni, aiutati dal manto dell’invisibilità evocato magicamente da Raghen, uscirono in fretta dalla fortezza. Tutti pensavano a correnti d’aria o a soldati distratti quando vedevano aperti passaggi e portoni, nessuno era riuscito a vedere oltre la patina dell’illusione creata dal mago, forse la fortuna aveva cominciato a fare buon viso agli avventurieri.
Alucard82
00venerdì 13 agosto 2004 13:11
Non c'è nessuno?
[SM=x92711] Alcune visite ma nessuno che mi abbia dato un seppur minimo giudizio... è così noioso? siate seinceri e se dovete infangarmi fatelo pure, ne sarò felice[SM=x92709] , non scherzo! Anche se leggete le prime cinque righe e vi stufate nell'immediato, o vi suscita un qualche conato di vomito... ditelo! Solo così potete aiutarmi, vi preeeeegooooo...[SM=x92711]
O forse è perchè siamo nel mezzo di Agosto e nel Regno sono andati tutti quanti in vacanza? Mah...

Fedele al Regno! Alucard, Cavaliere della Speranza[SM=x92701]
Gianlu79
00venerdì 13 agosto 2004 17:39
Ad esser sincero, l'ho copiato sul mio PC per leggermelo con calma, ma ancora non ho avuto occasione [SM=x92713]

Comunque da quel poco che ho letto fin ora, sembra molto nteressante ed abbastanza ben costruito.........[SM=x92705]
Alucard82
00venerdì 13 agosto 2004 21:01
Evviva!
[SM=x92705] [SM=x92705] [SM=x92705] [SM=x92705] [SM=x92705] [SM=x92705]
Alucard82
00venerdì 13 agosto 2004 21:24
Sono un approfittatore
Se vuoi ti mando l'intero testo(sono giunto al settimo capitolo che nella mia visione d'insieme dovrebbe essere circa la metà dell'opera completa)... fammi sapere![SM=x92703]

Fedele al Regno! Alucard, Cavaliere della Speranza[SM=x92701]
Cyber Dark
00sabato 14 agosto 2004 03:16
Letto.
Come intuirete dall'orario avevo poco da fare.

Storia egregia, in qualche piccolo punto va avanti troppo velocemente, ma io sono un patito delle frasi brevi e della punteggiatura extra, mi piacciono molto i punti fermi, e qui ce ne avrei messi di più. Ma in sostanza è una buona storia, analizza quanto basta l'aspetto psicologico anche se mi soffermerei di più proprio su questo. Ottime le descrizioni.

In sostanza, un lavoro molto positivo. Sarei contentissimo se me lo inviassi a cyberdark@t4ci.com, la storia sembra molto interessante e sono intenzionato ad approfondirla[SM=x92702]
Alucard82
00sabato 14 agosto 2004 15:32
Che bello!
Ti ho inviato l'"intero" scritto... buona lettura e infinite grazie[SM=x92705] , poi fammi sapere il tuo giudizio definitivo... ancora grazieeeeeeeeeeeeeeee!!!

Fedele al Regno! Alucard, Cavaliere della Speranza[SM=x92701]
Mariuccia5
00lunedì 16 agosto 2004 19:51
bella
per favore, potresti inviarlo anche a me?
m.posani@libero.it
graaziee!

ah e quando l hai fnita, me la invii[SM=x92705] Grazie[SM=x92702] e é bella!![SM=x92702] [SM=x92702] [SM=x92702] [SM=x92709]
Alucard82
00mercoledì 18 agosto 2004 00:59
A questo punto...
Bhè.. sono stra felice che lo stiate leggendo!!! A questo punto vi voglio dare un indirizzo nel cui potrete trovare direttamente e diviso in capitoli il mio racconto, pubblico circa un capitolo al giorno e sono arrivato a farlo con quattro dei sette... ovviamente trovate i miei scritti cercando il mio nick Alucard82 ma dovrebbe essere facile trovarlo già solo accedendo alla sezione dei racconti fantasy[SM=x92702]
Ecco l'home page

Fedele al Regno! Alucard, Cavaliere della Speranza[SM=x92701]
Alucard82
00mercoledì 18 agosto 2004 13:27
Per Mariuccia..
Ho provato a inviarVi il racconto(pesa 370Kb), ma purtroppo non giunge a destinazione a causa del troppo poco spazio disponibile nel Vostro account... ditemi quando avrete lo spazio sufficiente e io sarò ben lieto di riinviarvi il mio romanzo... sono contentissimo[SM=x92705]

Fedele al Regno! Alucard, Cavaliere della Speranza[SM=x92701]
Mariuccia5
00mercoledì 18 agosto 2004 16:04
ora dovrei avere spazio sufficiente
ho occupato il 20%, libero l 80%.
bastera??[SM=x92710]
Alucard82
00venerdì 20 agosto 2004 00:51
Evvai!
Ho quasi finito il settimo capitolo! E non dimenticate di darmi il vostro commento, ciauuu!

Fedele al Regno! Alucard, Cavaliere della Speranza[SM=x92701]

P.S.= mi stavo chiedendo se non fosse il caso di chiudere questo post... la sua utilità effettiva è quella del collegamento al sito dove pubblico giornalmente i capitoli del romanzo... uhm... e se mettessi pure i restanti capitoli in questo post? uhm... dilemma... grande dilemma..
Jack MagicEagle
00giovedì 2 settembre 2004 12:40
Grande1 mi è piaciuto molto![SM=x92702]
Alucard82
00venerdì 3 settembre 2004 19:30
Grande, sono contento, tutti i vostri possibili commenti mi sono di grande stimolo, grazie infinite!!!!

Fedele al Regno! Alucard, Cavaliere della Speranza[SM=x92701]
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