Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!

 
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Un messaggio dal passato

Ultimo Aggiornamento: 21/03/2005 14:40
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26/11/2004 16:33
 
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Si ricomincia!
Fuori dal complesso del vulcano, li attendevano due bianchi destrieri. Uno di loro, Bright lo riconobbe subito, era Tame, il suo fido cavallo.
Balzato in groppa, seguì Faryah indietro attraverso l’altopiano. Quando raggiunsero l’arco runico e lo oltrepassarono, senza fermarsi, il Paladino di Atlantide notò che il cadavere della maga che aveva ucciso all’andata era scomparso. L’andatura sfrenata dell’Antico che lo precedeva non diede tuttavia il tempo al Vassallo di chiedere spiegazioni, e i due continuarono a divorare il sentiero per altre due ore, fino ad arrestarsi sul margine del precipizio. Sotto di loro, la tempesta che Bright e Syrienne avevano affrontato in precedenza ruggiva più forte che mai. Ma non fu quello ad attirare l’attenzione del Paladino. Sul margine del precipizio infatti c’era una roccia abbastanza bassa e squadrata. E sulla roccia, seduta e rivolta verso le nubi sottostanti, c’era la maga che l’atlantideo aveva ucciso presso l’arco runico.
Per poco BrightBlade non cadde da cavallo. La maga si voltò. Aveva la veste strappata nel punto in cui il Paladino aveva colpito.
“Sono dieci minuti che vi aspetto, James. Un Paladino non dovrebbe far attendere una Sacerdotessa” disse la donna, ridendo, poi continuò. “Sir BrightBlade, l’ultima volta non mi sono potuta presentare… il mio nome è Arynn”. La maga sorrise, ma il Paladino non osava guardarla.
“Hai fatto ciò che dovevi fare, BrightBlade. Non vergognartene” disse Arynn, quindi si voltò di nuovo verso l’Antico.
“Allora James, hai intenzione di farci inzuppare fino al midollo dentro quell’allegra tempesta?”
Frayah rise.
“Non temere, mia piccola Sacerdotessa. Ho altri progetti per questo viaggio”.
Quasi come se fosse tutto prestabilito, le nubi tempestose che si stendevano ai loro piedi furono tagliate e divorate dalla forma di una macchina volante, che emerse lentamente dalla furia degli elementi, portandosi in pochi secondi all’altezza del dirupo.
Affusolato come la punta di una lancia, lo scafo argenteo misurava almeno una sessantina di metri, ed era punteggiato da decine di finestre circolari, di varie dimensioni. Sulla coda spiccava una vera e propria terrazza, sovrastata da vetrate multicolori, che ricordava all’atlantideo certi disegni visti nei libri del Regno che trattavano dei vascelli di Direnia.
Dallo scafo sporgevano, su ogni fianco, tre lunghe aste di legno, alle quali erano assicurate altrettante vele triangolari, azzurre. Lungo tutta la sommità dello scafo invece, era assicurata da molte funi una sorta di enorme camera d’aria, dipinta anche questa di azzurro. Quale prodigio consentisse a quel marchingegno di rimanere sospeso nell’aria, BrightBlade non riusciva a sospettarlo. Aveva sentito parlare di mongolfiere, ma la nave volante appariva essere talmente pesante che avrebbe necessitato di un pallone smisurato solo per sollevarsi da terra.
Immerso in tali considerazioni, il Vassallo osservò con stupore lo scafo della nave volante poggiarsi sulla roccia e un portello, verso la poppa, staccarsi dal resto dello scafo e calare a terra come un piccolo ponte levatoio, rivelando un uomo slanciato, vestito da una strana divisa blu con due serie di bottoni dorati sul petto ed un tricorno in testa che lo rendeva simile ad un incrocio tra qualche pirata dei mari del sud ed un vero ufficiale Direniano.
Sir James salutò il comandante della nave con larghi cenni, mentre si avvicinava al veliero volante spronando il cavallo. Lungo la fiancata del veicolo, numerosi volti erano intenti ad osservare l’Antico, il Paladino e la donna che li accompagnava.
Bright raggiunse il Cavaliere mentre questi si liberava dall’abbraccio di ferro del capitano.
“Questi è BrightBlade di Atlantide. BrightBlade, ti presento Rodolphus Henkel, Capitano della Rondine Azzurra!”. L’altissimo uomo si inchinò rispettosamente, e il Paladino fece altrettanto, dopo essere balzato giù dal destriero.
Rodolphus riservò all’atlantideo una stretta di mano d’acciaio, che però il Paladino incassò senza batter ciglio. Soddisfatto di quella prova, Henkel rivolse la sua attenzione ad Arynn.
“Bentornata a bordo, Arynn. E’ molto che non calcate il ponte della mia Rondine!”
Arynn sorrise.
“L’ultima volta, Capitano, ci avete condotti nel bel mezzo di un ciclone. Questa volta cosa prevede il viaggio?”.
“Per il momento posso solo assicurarle la piccola perturbazione che può ammirare da sola, mia signora, in ogni caso c’è un grazioso sentiero che scende dalla collina, se non ama la spartanità del mio vascello” ribatté ridendo il Capitano.
I tre scoppiarono a ridere. Era evidente che si conoscevano da una vita.
BrightBlade venne condotto all’interno della nave, e si ritrovò in una grande stanza rettangolare, suddivisa da vari recinti nei quali erano alloggiate numerose creature. C’erano tre splendidi cavalli, due dal pelo maculato bianco e grigio ed uno completamente nero, un ippogrifo che in quel momento stava consumando il suo pasto giornaliero (una mucca cotta per intero e servita su un apposito spiedo d’acciaio), due cani da galoppo che, liberi della sella ricca di sacche e tasche stavano giocando azzuffandosi, mentre un magnifico pegaso, dal colore delle perle, li guardava con un certo disgusto.
Arynn si diresse proprio verso quello splendido animale, e cominciò a pettinargli la criniera con una spazzola dopo che questi ebbe abbassato l’elegante muso, strusciandolo in faccia alla maga.
Sir James guidò Bright verso un recinto libero, e dopo aver dato qualche pacca amichevole ai loro palafreni, che tuffarono i musi nel recipiente d’acqua installato lungo la parete, avidi di saziare la sete che la lunga corsa attraverso l’altopiano gli aveva procurato.
Lasciando Arynn alle cure del suo splendido pegaso, James e il Vassallo si avviarono verso la scala a chiocciola, unica uscita da quell’ambiente oltre che il portello verso l’esterno.
Il locale superiore era molto più affollato di quello sottostante. Una grande vetrata permetteva di ammirare la parte superiore dello scafo, alla quale era assicurato il grande serbatoio d’aria. Di fronte alla vetrata, che si apriva su tre lati su quattro del locale, erano installati due grandi timoni. Di fronte al più piccolo era seduto in una sorta di sgabello con lo schienale il comandante Henkel, mentre l’altra ruota era lasciata a se stessa. Quasi intuendo la curiosità del Paladino, Henkel disse:
“Quella ruota serve per regolare l’altezza della nave”.
“Come fa quella camera d’aria qua sopra a sostenere la struttura? Non siamo troppo pesanti?” chiese allora l’atlantideo.
Rodolphus scoppiò in una fragorosa risata.
“Quello qua sopra è il serbatoio di aria respirabile. A quest’altezza, l’aria è così rarefatta che moriremmo tutti asfissiati in pochi secondi. La nave è isolata dall’esterno, e ogni sette ore di viaggio scendiamo a bassa quota per rifornire il carico di ossigeno” spiegò poi.
“E allora come voliamo?” chiese Bright.
“Hai mai sentito parlare di Magia Geomantica ragazzo?” chiese Henkel.
Bright annuì sorridendo.
“Ma ci deve volere un enorme cristallo di Baltia per far volare la nave” aggiunse poi.
“Oppure molti cristalli minori” disse Arynn alle sue spalle, risalendo la scaletta.
“Molto più facili da reperire di un melone di pietra così” soggiunse ridendo Sir James.
Bright sorrise.
“Ed ora, giovane Paladino, se non hai ulteriori domande, ti consiglio di sederti da qualche parte e di allacciare le cinture” disse il Capitano.
“Là dentro balleremo la samba”, continuò poi, ammiccando in direzione della tempesta mentre un ufficiale di bordo azionava il secondo timone, facendo sollevare da terra la nave volante.
Bright andò ad accomodarsi in un seggiolino di legno ricavato contro la parete della sala di comando, imitato in tutta fretta da Sir James ed Arynn. Al sedile erano agganciate alcune cinture, che il Paladino fece scivolare attorno all’armatura per poi allacciare davanti al petto. Le due estremità delle cinghie si incastrarono l’una sull’altra, quindi Sir James, dalla sua posizione, allungò la mano e ruotò di mezzo giro una manopola che era saltata fuori dalla chiusura nel momento in cui le due parti si erano agganciate.
“Così blocchi la cintura” spiegò poi.
Bright osservò Rodolphus Henkel spingere in avanti una leva che sporgeva dal pavimento. In risposta, qualcosa nel ventre della nave cominciò a ronzare, e il veicolo fece un balzo in avanti, verso il cielo.
“Jack, scendi di quattrocento piedi” ordinò il Capitano, e l’ufficiale fece ruotare il timone numero due parecchie volte. Se l’atlantideo non fosse stato trattenuto al suo posto dalle cinghie, si sarebbe certamente spiaccicato sul soffitto della stanza. Henkel e gli altri ufficiali invece rimasero perfettamente al loro posto, quasi come se nulla fosse successo.
“Un giorno o l’altro mi dovrà spiegare come fanno” grugnì Faryah dal suo sedile. La nave precipitò letteralmente per un tempo che parve infinito, poi cominciò a rallentare. Bright osservò la sagoma del veicolo svanire attraverso la vetrata, avvolta da nubi sempre più scura. La nave volante cominciò a sussultare e beccheggiare, fino a quando il Vassallo non ebbe l’impressione di essere finito dentro una qualche tempesta di mare particolarmente forte.
Non stavano più scendendo, ma in compenso oscillavano paurosamente, e più di una volta l’atlantideo ebbe l’impressione di trovarsi a testa in giù. Quale che fosse la loro posizione, comunque, Rodolphus era saldamente piantato a terra, a gambe divaricate, di fronte al timone. Aspettando l’attimo in cui la nave fosse stata perfettamente orizzontale, Henkel ordinò ai suoi collaboratori di “ritirare gli alberi delle vele”. Un clangore metallico fece sospettare al Paladino che le tre paia di aste provviste di velame che aveva ammirato dall’esterno avessero in qualche modo aderito allo scafo, rientrando in apposite scanalature apertesi per l’occasione.
Come un cacciatore in attesa della propria preda, il Comandante stringeva la leva che regolava la velocità, quasi si trattasse dell’impugnatura della spada.
Per un attimo, la nave tornò in posizione orizzontale, ed in quell’attimo Rodolphus spinse in avanti la leva fino al termine della fessura nella quale si muoveva.
Con un rombo fortissimo, la nave volante schizzò in avanti, raggiungendo in pochi attimi una velocità incredibile, fendendo le nubi come un proiettile scagliato da un cannone potentissimo.
Bright ebbe l’impressione di essere schiacciato contro lo schienale da un colpo di maglio violentissimo, che per un attimo gli tolse il respiro.
Anche Sir James ed Arynn sembrarono subire lo stesso effetto, nonostante l’Antico avesse cercato di dissimulare la cosa tossicchiando.
Sorridendo, Bright riprese il respiro e rivolse una silenziosa preghiera agli dei di Atlantide.
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