Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!

 
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Un messaggio dal passato

Ultimo Aggiornamento: 21/03/2005 14:40
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Sesso: Maschile
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21/10/2004 15:52
 
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Il Paladino e la Sacerdotessa si incamminarono attraverso le vie dell’antichissima città. Da quando avevano scoperto la sua esistenza, né l’atlantideo, né la sua compagna avevano proferito parola, e stavano vagando senza una meta ben definita in quella distesa di antichi edifici.
BrightBlade, cominciava a capire perché una così grande città non fosse mai stata trovata. Ricordava ancora quando, quattro anni prima, quando ancora era un giovane ed inesperto Aspirante Vassallo, Muldon dei Ghiacci gli aveva insegnato a riconoscere l’arrivo della primavera osservando le labili tracce lasciate dallo sciogliersi della neve attorno ai sassi.
La stessa cosa stava succedendo a tutta la città: il livello del ghiaccio era calato, e anche piuttosto bruscamente, a quanto sembrava: alcuni monumenti, tenuti in piedi fino a quel momento dalla neve perenne che li circondava, erano rovinati a terra di recente, e si sentiva, in lontananza, l’eco di nuovi crolli.
Syrienne sembrava vivere in un altro mondo. Camminava persa nei suoi pensieri, sfiorando a volte la parete di un edificio con la mano o fermandosi ad osservare, assorta, ciò che al Paladino sembrava essere nulla più che un cumulo di rovine. Qualsiasi cosa stesse pensando, Bright decise di non interromperla, e, dopo essersi seduto su di una colonna crollata, di dedicare la propria attenzione ad un altro dettaglio che lo aveva sorpreso: all’interno della città, il Diadema non dava segni di vita. Non che normalmente emettesse luce o calore, certo, ma in quel luogo la sua aura magica era completamente scomparsa. Tenendolo tra le mani, il Paladino aveva l’impressione di stringere un comune gingillo di ferro, invece che un artefatto dai poteri spaventosi. A cosa poteva essere dovuta questa stranezza? Non aveva percepito alcun campo anti-magia e, d’altronde, tutti i suoi oggetti magici, a partire dalla sua fida Lama di Atlantide, erano tali e quali a prima. Nulla sembrava essere influenzato dal fenomeno, fuorché il Diadema stesso.
Bright sussultò, quando qualcosa lo sfiorò su un braccio. Syrienne ritirò la mano e gli fece un cenno col capo, senza proferir parola. Voltandosi, il Vassallo scoprì che lui e la sua compagna non erano soli. In piedi in cima alla facciata di quello che doveva essere un tempio, un uomo lo guardava. Aveva gli occhi azzurri, e capelli biondi – quasi d’oro – lunghissimi, che scendevano lungo la sua schiena fin quasi al ginocchio. Il nuovo venuto indossava una strana armatura translucida, dai bagliori biancastri, e portava in fronte una fascia argentata che si interrompeva al centro per lasciar spazio ad un diamante triangolare, dalla punta rivolta verso il basso.
Bright si alzò in piedi, stringendo l’elsa della spada, e avanzò di qualche passo, frapponendosi tra lo sconosciuto e Syrienne.
“Salve a te, BrightBlade, l’ultimo sopravvissuto di Atlantide” disse l’uomo con una voce quasi da bambino, che stupì il Vassallo.
“Salve a te. – rispose il Paladino – Con chi ho l’onore di parlare?”.
L’altro lasciò che la raffica di vento che gli stava agitando la folta capigliatura cessasse, prima di rispondere:
”Solo colui che ha potere su di me può conoscere il mio nome, poiché il nome è la chiave di ogni mortale. Quelli del tuo popolo usavano chiamarmi semplicemente “Cavaliere Bianco”, quando giungevano qua in cerca di guadagni o di consigli. Con il passare del tempo, tuttavia, hanno cercato sempre più i primi e meno i secondi, e alla fine più nessuno scafo di Atlantide ha solcato le fredde acque del Mare Interno. Ciò è avvenuto molti secoli prima della nascita del nonno di tuo nonno, Paladino. Il tuo popolo ha la stessa memoria della roccia, si dice, ma il nome della mia gente è andato ugualmente perduto, e sopravvive soltanto nelle leggende”.
BrightBlade pensò di aver capito, e disse: “Sei dunque tu un membro del popolo che tutti chiamano: “gli Antichi”?”.
Ancora una volta, Aurora lasciò passare qualche secondo prima di rispondere.
“Ebbene no, BrightBlade di Atlantide, anche se il mio cuore si riempie di gioia, poiché non avrei mai creduto che voi ricordaste gli Antichi, i nostri Padri, coloro che ci hanno creato.
No, io non appartengo alla loro nobile razza: essi se ne sono andati, e non mi è dato conoscere il giorno del loro ritorno”.
“E allora chi sei?” chiese l’atlantideo.
“Chiamami Aurora, Cavaliere Bianco, e non domandare più il mio nome, perché non lo rivelerò. La mia stirpe è quella dei Guardiani, e il mio destino è quello di proteggere la Città fino al ritorno di coloro che possiedono la chiave”.
“Proteggerla da cosa? Che cosa ha questa città di così importante?” chiese Syrienne. Era la prima volta che parlava. Lentamente, Aurora spostò il suo sguardo dal Paladino alla Sacerdotessa.
“A voi mortali non è concessa la conoscenza di ogni cosa, né è dato di vedere il Disegno, ma soltanto di coglierne le linee che più vi si avvicinano e vi sfiorano, e a volte non siete capaci di comprendere neppure quelle. Se io ti rispondessi, giovane donna, non capiresti neppure una delle mie parole, poiché non esiste alcuna delle vostre lingue capaci di esprimere un simile concetto: io parlerei, ma tu udresti soltanto il canto degli uccelli, il fragore di una cascata, il mormorio del vento e il fruscio delle foglie”.
“Se non possiamo capire la tua lingua, allora scrivila” disse Syrienne, decisa. Il Cavaliere Bianco sembrò sorpreso dall’audacia della donna, poiché passò un tempo molto più lungo prima della sua risposta, che fu:
“Ho pensato di respingervi, all’inizio, ma poi ho cambiato idea. “Mostrati e poi rimandali là dove sono venuti” mi sono detto, e così ho fatto. Ma ora vedo che le mie azioni fanno parte del Disegno. Ebbene, scriverò per te, giovane donna, anche se dubito tu possa capire qualcosa”.
Ciò detto, Aurora fece uscire con un movimento fluido la sua spada dal fodero, e cominciò a fendere il ghiaccio, seguendo una strana danza di cui né l’atlantideo, né la Sacerdotessa comprendevano la logica. Quando ci si sarebbe aspettati che la danza finisse, ecco che essa ripartiva rapidissima, per bloccarsi pochi attimi dopo e quindi ricominciare. Segni si sovrapponevano a segni, solchi a solchi, fino a quando Bright non si accorse che il Cavaliere Bianco stava creando un cerchio nel ghiaccio, scavandolo nella sostanza bianca ai suoi piedi. Quando anche l’ultimo strato di neve fu spazzato via dalla lama della spada, Aurora attaccò una nuova danza, questa volta più frammentaria. Ad ogni movimento, tracciava un solco all’interno del cerchio. Alla fine, si arrestò sul margine della circonferenza, nello stesso momento in cui la sua spada tornava nel fodero. Tra Aurora e i due compagni si stendeva un semplice pittogramma, composto da dodici linee e curve di diversa lunghezza.
“Tornerò all’alba – disse infine il Cavaliere Bianco – Se avrete compreso, potrete proseguire per il vostro cammino, altrimenti tornerete sui vostri passi, e non metterete più piede in questa terra sacra”.
Ciò detto, Aurora ruotò su se stesso, si incamminò verso il tempio e, prima di scomparire oltre la soglia della costruzione, si voltò un’ultima volta, e guardò dritta negli occhi Syrienne.
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