È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!

 
Vota | Stampa | Notifica email    
Autore

Un messaggio dal passato

Ultimo Aggiornamento: 21/03/2005 14:40
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Maestro
21/10/2004 14:58
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Son felice che piaccia a tutti così tanto
In ogni caso, preferisco prima finirla, e ancora dovrebbe mancare parecchio, seguendo il mio progetto...
[SM=x92708]
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Maestro
21/10/2004 15:52
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Il Paladino e la Sacerdotessa si incamminarono attraverso le vie dell’antichissima città. Da quando avevano scoperto la sua esistenza, né l’atlantideo, né la sua compagna avevano proferito parola, e stavano vagando senza una meta ben definita in quella distesa di antichi edifici.
BrightBlade, cominciava a capire perché una così grande città non fosse mai stata trovata. Ricordava ancora quando, quattro anni prima, quando ancora era un giovane ed inesperto Aspirante Vassallo, Muldon dei Ghiacci gli aveva insegnato a riconoscere l’arrivo della primavera osservando le labili tracce lasciate dallo sciogliersi della neve attorno ai sassi.
La stessa cosa stava succedendo a tutta la città: il livello del ghiaccio era calato, e anche piuttosto bruscamente, a quanto sembrava: alcuni monumenti, tenuti in piedi fino a quel momento dalla neve perenne che li circondava, erano rovinati a terra di recente, e si sentiva, in lontananza, l’eco di nuovi crolli.
Syrienne sembrava vivere in un altro mondo. Camminava persa nei suoi pensieri, sfiorando a volte la parete di un edificio con la mano o fermandosi ad osservare, assorta, ciò che al Paladino sembrava essere nulla più che un cumulo di rovine. Qualsiasi cosa stesse pensando, Bright decise di non interromperla, e, dopo essersi seduto su di una colonna crollata, di dedicare la propria attenzione ad un altro dettaglio che lo aveva sorpreso: all’interno della città, il Diadema non dava segni di vita. Non che normalmente emettesse luce o calore, certo, ma in quel luogo la sua aura magica era completamente scomparsa. Tenendolo tra le mani, il Paladino aveva l’impressione di stringere un comune gingillo di ferro, invece che un artefatto dai poteri spaventosi. A cosa poteva essere dovuta questa stranezza? Non aveva percepito alcun campo anti-magia e, d’altronde, tutti i suoi oggetti magici, a partire dalla sua fida Lama di Atlantide, erano tali e quali a prima. Nulla sembrava essere influenzato dal fenomeno, fuorché il Diadema stesso.
Bright sussultò, quando qualcosa lo sfiorò su un braccio. Syrienne ritirò la mano e gli fece un cenno col capo, senza proferir parola. Voltandosi, il Vassallo scoprì che lui e la sua compagna non erano soli. In piedi in cima alla facciata di quello che doveva essere un tempio, un uomo lo guardava. Aveva gli occhi azzurri, e capelli biondi – quasi d’oro – lunghissimi, che scendevano lungo la sua schiena fin quasi al ginocchio. Il nuovo venuto indossava una strana armatura translucida, dai bagliori biancastri, e portava in fronte una fascia argentata che si interrompeva al centro per lasciar spazio ad un diamante triangolare, dalla punta rivolta verso il basso.
Bright si alzò in piedi, stringendo l’elsa della spada, e avanzò di qualche passo, frapponendosi tra lo sconosciuto e Syrienne.
“Salve a te, BrightBlade, l’ultimo sopravvissuto di Atlantide” disse l’uomo con una voce quasi da bambino, che stupì il Vassallo.
“Salve a te. – rispose il Paladino – Con chi ho l’onore di parlare?”.
L’altro lasciò che la raffica di vento che gli stava agitando la folta capigliatura cessasse, prima di rispondere:
”Solo colui che ha potere su di me può conoscere il mio nome, poiché il nome è la chiave di ogni mortale. Quelli del tuo popolo usavano chiamarmi semplicemente “Cavaliere Bianco”, quando giungevano qua in cerca di guadagni o di consigli. Con il passare del tempo, tuttavia, hanno cercato sempre più i primi e meno i secondi, e alla fine più nessuno scafo di Atlantide ha solcato le fredde acque del Mare Interno. Ciò è avvenuto molti secoli prima della nascita del nonno di tuo nonno, Paladino. Il tuo popolo ha la stessa memoria della roccia, si dice, ma il nome della mia gente è andato ugualmente perduto, e sopravvive soltanto nelle leggende”.
BrightBlade pensò di aver capito, e disse: “Sei dunque tu un membro del popolo che tutti chiamano: “gli Antichi”?”.
Ancora una volta, Aurora lasciò passare qualche secondo prima di rispondere.
“Ebbene no, BrightBlade di Atlantide, anche se il mio cuore si riempie di gioia, poiché non avrei mai creduto che voi ricordaste gli Antichi, i nostri Padri, coloro che ci hanno creato.
No, io non appartengo alla loro nobile razza: essi se ne sono andati, e non mi è dato conoscere il giorno del loro ritorno”.
“E allora chi sei?” chiese l’atlantideo.
“Chiamami Aurora, Cavaliere Bianco, e non domandare più il mio nome, perché non lo rivelerò. La mia stirpe è quella dei Guardiani, e il mio destino è quello di proteggere la Città fino al ritorno di coloro che possiedono la chiave”.
“Proteggerla da cosa? Che cosa ha questa città di così importante?” chiese Syrienne. Era la prima volta che parlava. Lentamente, Aurora spostò il suo sguardo dal Paladino alla Sacerdotessa.
“A voi mortali non è concessa la conoscenza di ogni cosa, né è dato di vedere il Disegno, ma soltanto di coglierne le linee che più vi si avvicinano e vi sfiorano, e a volte non siete capaci di comprendere neppure quelle. Se io ti rispondessi, giovane donna, non capiresti neppure una delle mie parole, poiché non esiste alcuna delle vostre lingue capaci di esprimere un simile concetto: io parlerei, ma tu udresti soltanto il canto degli uccelli, il fragore di una cascata, il mormorio del vento e il fruscio delle foglie”.
“Se non possiamo capire la tua lingua, allora scrivila” disse Syrienne, decisa. Il Cavaliere Bianco sembrò sorpreso dall’audacia della donna, poiché passò un tempo molto più lungo prima della sua risposta, che fu:
“Ho pensato di respingervi, all’inizio, ma poi ho cambiato idea. “Mostrati e poi rimandali là dove sono venuti” mi sono detto, e così ho fatto. Ma ora vedo che le mie azioni fanno parte del Disegno. Ebbene, scriverò per te, giovane donna, anche se dubito tu possa capire qualcosa”.
Ciò detto, Aurora fece uscire con un movimento fluido la sua spada dal fodero, e cominciò a fendere il ghiaccio, seguendo una strana danza di cui né l’atlantideo, né la Sacerdotessa comprendevano la logica. Quando ci si sarebbe aspettati che la danza finisse, ecco che essa ripartiva rapidissima, per bloccarsi pochi attimi dopo e quindi ricominciare. Segni si sovrapponevano a segni, solchi a solchi, fino a quando Bright non si accorse che il Cavaliere Bianco stava creando un cerchio nel ghiaccio, scavandolo nella sostanza bianca ai suoi piedi. Quando anche l’ultimo strato di neve fu spazzato via dalla lama della spada, Aurora attaccò una nuova danza, questa volta più frammentaria. Ad ogni movimento, tracciava un solco all’interno del cerchio. Alla fine, si arrestò sul margine della circonferenza, nello stesso momento in cui la sua spada tornava nel fodero. Tra Aurora e i due compagni si stendeva un semplice pittogramma, composto da dodici linee e curve di diversa lunghezza.
“Tornerò all’alba – disse infine il Cavaliere Bianco – Se avrete compreso, potrete proseguire per il vostro cammino, altrimenti tornerete sui vostri passi, e non metterete più piede in questa terra sacra”.
Ciò detto, Aurora ruotò su se stesso, si incamminò verso il tempio e, prima di scomparire oltre la soglia della costruzione, si voltò un’ultima volta, e guardò dritta negli occhi Syrienne.
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Cacciatore di demoni
Regio Cronologo
22/10/2004 04:27
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

OT----
Cavolo, nel continuare la storia delle parziali origini di Otrebmu dovro' mettermi ancora piu' d'impegno se voglio che sia un decimo bella come la vostra, sempre se rimarrete su questi livelli, perche' se migliorate ancora dovro' accontentarmi che la mia sia bella un centesimo della vostra [SM=x92708]
Sicuro di non essere uno scrittore ? [SM=x92708] [SM=x92713]
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Maestro
22/10/2004 13:59
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

OT: No no, non sono uno scrittore, e sono convinto che siate tutti capaci di uguagliare il mio modesto livello!
[SM=x92702]

*****


Dopo che Aurora se ne fu andato, BrightBlade cominciò a studiare il tracciato. Cercò di sovrapporre ad essa le rune della lingua di Atlantide e di semplificare le linee in comune, ma non ottenne alcun risultato. Per di più, il disegno stesso non assomigliava a nessun simbolo che il Paladino avesse mai visto. Le linee si incrociavano formando angoli bizzarri che non sembravano seguire alcuna legge matematica, nel loro dividere il cerchio in pezzi di varie forme.
Mentre il Vassallo rifletteva sul disegno, Syrienne ne percorreva le linee con le dita, assorta. I capelli scendevano verso il ghiaccio, a volte sfiorandolo, e nascondevano quasi il volto concentrato della Sacerdotessa. Bright si sorprese ad osservarne il naso perfetto, le labbra serrate e le ciglia che incorniciavano quei due occhi azzurri nei quali avrebbe potuto vagare per ore. Rimproverandosi mentalmente per quell’atto di distrazione, l’atlantideo tornò a concentrarsi sul disegno a terra, e quasi per caso notò un punto in cui due linee, invece di incrociarsi, si interrompevano a pochi centimetri di distanza l’una dall’altra. Dev’essere un errore, pensò il Paladino, ma subito gli tornò in mente Aurora che tracciava il glifo. No, il Cavaliere Bianco non poteva aver commesso alcun errore. Quella seppure minima interruzione doveva significare qualcosa.
“Syrienne, guarda qui. Le linee si interrompono” osservò ad alta voce Bright. La Sacerdotessa si avvicinò e, dopo aver guardato quella strana interruzione per qualche secondo, sorrise.
“Quell’Aurora dev’essere un amante dei giochi” disse, e proseguì: “Questa non è una runa. È un labirinto”. “Ma come è possibile? – chiese Bright – Gli unici vicoli ciechi sono questi quattro qui, e non c’è nessuna entrata né uscita”. Syrienne lo guardò divertita. “Non è quel genere di labirinto, questo è diverso, più antico”. “Cosa intendi dire?” chiese lui. “Per prima cosa, devi scegliere il punto da cui partire. – rispose lei – Qui ce ne sono quattro, ma uno solo è quello giusto. Una volta scelto, devi riuscire a percorrere tutti i corridoi – le linee di questo disegno – senza passare mai due volte sullo stesso punto. L’unica che puoi percorrere due volte è la linea della partenza, visto che il tuo scopo è di ritornare là dove sei partito”.
“E le altre tre partenze? Come faccio a percorrerle una volta sola, se da un lato sono interrotte?” domandò Bright, che cominciava a capire.
“Quando avrai scelto la tua partenza, le altre tre dovrebbero scomparire” rispose Syrienne.
“E tu tutte queste cose come le sai?” chiese infine l’atlantideo.
“È l’unica cosa che ricordo della mia vita prima di diventare Sacerdotessa” rispose ridendo lei. Bright vide però un velo di tristezza calare sugli occhi della donna.
“E va bene, che labirinto sia. Come faccio a partire?” soggiunse allora il Vassallo.
“Mille passi, mille ancora, per tornare alla dimora” sussurrò Syrienne, rivolta più al disegno che al Paladino. In risposta a quella bizzarra filastrocca infantile, infatti, una minuscola miniatura, che ricordava vagamente le fattezze della Sacerdotessa stessa, comparve accanto alle interruzioni.
“Ora non ci resta che scegliere il via” disse lei. Il Vassallo percepì l’incertezza nella sua voce. Dopo aver riflettuto, un attimo… “Non c’è problema, ho già scelto” disse, mentre prendeva la miniatura e la posizionava su una delle linee. Lentamente, le altre tre partenze scomparvero dal ghiaccio.
“Perché proprio quella?” chiese Syrienne, che evidentemente non approvava la rapidità con cui il Paladino aveva fatto la sua scelta.
“Hai detto che lo scopo è tornare a casa, giusto? Beh, la mia casa si trova proprio in quella direzione, ed è là che voglio tornare.” dichiarò BrightBlade, deciso.
Solo allora, Syrienne notò che la linea scelta dall’atlantideo puntava dritta verso nord.
“Ottima scelta, Bright. Ora però lascia fare a me, credo di ricordarmi un paio di trucchi per completare il labirinto” disse la donna.
BrightBlade si fece da parte e, difatti, dopo pochi minuti Syrienne riposizionò la sua riproduzione in scala ridotta sulla linea di partenza.
“Bel lavoro” disse la voce di Aurora alle loro spalle, facendoli sobbalzare.
“E così, il segreto di questa città è un labirinto magico?” chiese BrightBlade.
“Non è esatto, giovane atlantideo. Questa città è l’origine e la metà del Disegno. Da qui partirono gli Antichi, e qui ritorneranno, proprio come voi avete percorso il disegno per ritornare al punto di partenza”.
“Perché gli Antichi se ne sono andati?” domandò allora il Vassallo.
“Conosci già troppo, Paladino di Atlantide, e il Disegno degli Antichi, come ti ho già detto, tu non lo puoi comprendere. Nessuno mai era riuscito a risolvere il Labirinto, a comprenderne la vera natura. Voi mortali non potete concepire nulla del genere. Impegnate tutta la vostra vita inseguendo una meta lontana, che neppure conoscete. Spendete ogni vostro respiro per cambiare il mondo, per mutarlo e farlo divenire ciò che ora non è. Come potreste comprendere un percorso il cui arrivo è anche il punto di partenza? Un percorso che può durare anche anni, secoli, millenni, ma che alla fine riconduce esattamente là dove era cominciato?”.
“Eppure Syrienne l’ha compreso” ribatté BrightBlade.
“Certamente. Poiché, solo ora me ne accorgo, ella è la Sacerdotessa del Tempio delle Sirene, l’unica tra tutti i mortali scelta per poter interpretare il Disegno” disse il Cavaliere Bianco, e proseguì, rivolgendosi alla donna: “Il tuo è un potere raro, che i miei padroni hanno concesso a pochi. La tua presenza qui mi ha svelato l’ultima parte che mi riguarda del Disegno. Tuttavia…” nel pronunciare l’ultima parola, Aurora la accentuò sensibilmente, “…sei stata indecisa circa il punto di partenza da scegliere. Proprio tu, che discerni i fili del Destino gli uni dagli altri, hai perso di vista il bandolo della matassa, e di questo dovrai rendere conto, quando sarà il momento: solo il buon senso di questo mortale vi ha salvati”. Aurora rivolse nuovamente la propria attenzione a Bright.
“La scelta che hai compiuto è la stessa scelta che hanno compiuto gli Antichi. Essi se ne sono andati, ma hanno scelto che, qualsiasi sia il loro percorso, alla fine essi torneranno qui. Allo stesso modo, ricorda sempre, BrightBlade di Atlantide, la tua scelta. Nel viaggio che stai per affrontare non potrai tornare indietro sui tuoi passi, ma finché non perderai di vista la tua meta, che è da dove provieni, non potrai perderti”.
Ciò detto, il Cavaliere Bianco fece qualche passo indietro, fino ad uscire dal cerchio tracciato nel ghiaccio, ed indicò il glifo ai due compagni.
BrightBlade e Syrienne entrarono a loro volta nel cerchio, posizionandosi al suo centro.
Aurora allora levò le braccia al cielo, poggiando un ginocchio a terra. Lentamente, il Labirinto cominciò a pulsare di energia, avvolgendo i due viaggiatori in un alone bianchissimo.
L’ultima cosa che i due videro prima che la sfera di energia crepitante li sovrastasse fu il Cavaliere Bianco che, guardandoli, alzava la mano in segno di saluto.
Subito dopo, il terreno venne a mancare sotto i piedi dell’atlantideo e della Sacerdotessa, e i due furono inghiottiti dal portale magico.
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Maestro
24/10/2004 16:54
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Quando BrightBlade riprese i sensi, pensò di essere divenuto cieco: ogni cosa attorno a lui era avvolta dall’oscurità più assoluta. A poco a poco, i suoi occhi si abituarono a quell’oscurità, e il Paladino cominciò a distinguere il paesaggio circostante. Attorno a lui, file e file di enormi colonne, così alte che non si riusciva a vederne la sommità, si stendevano in ogni direzione. Il freddo pavimento di marmo, le colonne, tutto sembrava ripetersi in serie all’infinito. Il Vassallo si guardò intorno: di Syrienne non c’era traccia. Dove poteva essere?, si chiese l’atlantideo.
Bright lanciò l’incantesimo bussola: una sferetta luminosa sarebbe apparsa e volata nella direzione del nord. La sferetta apparve, ma invece che sfrecciare via cominciò a zigzagare attorno al Paladino, quasi fosse indecisa sulla direzione da prendere.
“A quanto pare, devo essere al Polo Nord” disse tra sé e sé Bright.
“In questo caso, una direzione vale l’altra” continuò poi. Sistemandosi lo zaino con le provviste residue sotto il mantello, il Vassallo cominciò a camminare, seguendo le file di colonne, ignaro che qualcuno lo stesse osservando.

La sua immagine, infatti, appariva perfettamente nitida nella sfera di cristallo. L’uomo ammantato di nero ghignò, rivolgendosi verso Syrienne. La Sacerdotessa era incatenata ad un muro di mattoni, chissà dove, ed il suo sguardo era puntato con apprensione verso la sfera magica.
La voce dell’uomo la fece rabbrividire: “Te lo ripeto per l’ultima volta, donna. Se non accetterai, lui vagherà in eterno nella Dimensione Parallela”.
Syrienne tremava sensibilmente, vuoi per il freddo intenso che aggrediva la sua pelle, protetta solo da una semplice tunica, vuoi per il terrore che incuteva quell’uomo misterioso.
“Non posso farlo” disse debolmente la donna. Lo sconosciuto si voltò, e portò le mani guantate al cappuccio, calandoselo dalla testa. Agli occhi della Sacerdotessa comparve una testa pelata e attraversata da numerose, orribili cicatrici. Ma ciò che più terrorizzò Syrienne fu lo sguardo glaciale di quegli occhi neri come l’abisso. Non vi era pietà in quello sguardo, non vi era… vita.
Resistere a quello sguardo era impossibile.
“Basta!” gridò Syrienne, scoppiando in lacrime. “Farò tutto quello che vuoi”.
L’uomo risollevò il cappuccio, si voltò e si avviò verso la porta di ferro che chiudeva la stanza. Giuntovi, si voltò, puntò un dito contro la donna e pronunciò alcune parole, con un tono troppo basso perché la Sacerdotessa potesse udirle. Non che avesse molta importanza, d’altronde: pochi istanti dopo, la donna perse i sensi, e pendette inerme dalla parete, sostenuta soltanto dagli anelli d’acciaio delle catene che mordevano la sua pelle.
“Preparatela per il viaggio all’indietro” disse lo sconosciuto, mentre due alti uomini dalla pelle nera entravano nella stanza.

BrightBlade stava camminando ormai da ore, senza che il deprimente paesaggio attorno a lui cambiasse. Aveva consumato un pasto, ma non sapeva dire se, fuori, fosse giorno o notte, o quanto tempo avesse passato in quel luogo monotono. Il Paladino cominciava a sospettare di essere caduto preda di un incantesimo, quando intravide di fronte a sé una parete ed una porta. Corso in quella direzione, giunse di fronte ai battenti. Erano in pietra, perfettamente lisci. Nessuna maniglia, nessun bottone o fessura. Bright provò a spingerli, e questi ruotarono sui propri cardini senza emettere un suono. Oltre la porta c’era una piccola stanza circolare. La prima cosa che vide il Paladino fu il corpo esanime di Syrienne, steso sul pavimento. Bright corse verso di lei, mentre la porta alle sue spalle si chiuse da sola. La donna respirava ancora, e non appena il Vassallo versò sulle sue labbra un po’ d’acqua lei si risvegliò.
“Che è successo, Syrienne?” chiese lui. Lei non rispose subito, poi disse: “L’incantesimo del Cavaliere Bianco deve averci separati per sbaglio. Comunque… l’uscita è da quella parte” disse lei, indicando una parete. Effettivamente, c’era una porta, ma l’atlantideo avrebbe potuto giurare che, pochi istanti prima, la porta non c’era.
L’incantesimo deve avermi messo sotto sopra, pensò il Vassallo, aiutando la Sacerdotessa a rialzarsi.
Varcata la soglia, i due si ritrovarono in una landa ghiacciata. Non vi era traccia della porta dalla quale erano usciti. In ogni caso, di fronte a loro si innalzava un’enorme catena montuosa. Era così grande che Bright si stupì di non averla mai vista in nessuna cartina. Si rammentò poi che, probabilmente, nessun esploratore era mai riuscito a giungere così a nord. Forse, nemmeno lui avrebbe dovuto essere lì. Tuttavia, alzando lo sguardo, l’atlantideo notò un enorme vulcano stagliarsi tra le alte vette della catena montuosa.
Come un flash, gli tornò in mente l’immagine che, una notte che gli sembrava lontanissima, aveva visto nella Biblioteca del Regno. E così, dunque, là era stato forgiato il Diadema.
“Torna all’origine”, diceva la profezia. Sì, tutto quadrava. Per ora, il Paladino sapeva cosa fare. Ma una volta giunto al vulcano – se vi fosse giunto vivo – cosa lo aspettava?
Bright scrollò la testa. Ogni cosa a suo tempo, era solito ripetere Cyber Dark, quando il suo allievo gli chiedeva impaziente di insegnargli una nuova tecnica.
“E’ al vulcano che vuoi andare, vero?” disse Syrienne. Sembrava quasi che temesse una risposta affermativa, che comunque il Paladino fu costretto a darle.
“Conosco la strada. Non so perché – aggiunse la Sacerdotessa – ma la conosco. Seguimi”.
Così dicendo, Syrienne si incamminò verso i monti e Bright, superando la sua perplessità per lo strano comportamento della compagna di viaggio, la seguì di buon passo.
I due giunsero ai piedi di una stretta scalinata, che si inerpicava lungo la ripidissima parete del monte. La visibilità era ridotta al minimo per via della bufera di neve che era scoppiata improvvisamente, come spesso avviene a quelle latitudini estreme, non appena i due avevano cominciato a salire; per di più, gli stretti gradini erano resi scivolosi dalla spanna di neve che li ricopriva, e che si sfaldava sotto il peso dei due viaggiatori.
Più e più volte si udì il frastuono di una valanga, e in un caso spruzzi di neve arrivarono a schizzare il volto di Bright, che camminava davanti. Il vento ululava tutto attorno, rendendo impossibile qualsiasi forma di comunicazione tra i due, e la neve mista a grandine li avrebbe senz’altro fatti precipitare, senza le protezioni magiche erette dal Paladino. Ancora una volta, questi rimpianse di non avere un più alto grado del controllo dell’elemento Ghiaccio: i suoi poteri, per quanto si sforzasse, non riuscivano a risparmiare ai due le gelide folate di vento che si abbattevano implacabili su di loro. Dopo pochi minuti, Bright decise di legarsi una corda alla vita, e di annodare l’altro capo al bacino di Syrienne: il pericolo di perdersi, vista la visibilità ridotta praticamente a zero, era enorme, e le conseguenze mortali.
Avanzarono in queste condizioni per più di un’ora, fermandosi di tanto in tanto sotto una sporgenza rocciosa a riprendere fiato. In quelle occasioni, il Paladino badava più alle condizioni della compagna piuttosto che alle sue: ancora una volta, la Sacerdotessa cominciava a cedere al freddo estremo.
Ogni volta i due si fermavano per qualche minuto, poi ricominciavano a salire lentamente. Le soste si fecero via via più frequenti: spesso Bright sentiva la corda venire tirata, e capiva che Syrienne era rimasta indietro. Anche le soste divenivano via via più lunghe, e tuttavia il Paladino non aveva intenzione di rimanere dentro quella bufera un secondo in più del necessario: per quanto potessero fermarsi e riposare, le soste davano solo l’illusione del ristoro, e il freddo prosciugava ogni secondo di più le loro energie.
Mentre affrontavano una curva, Bright sentì un forte strattone alla corda, che gli fece quasi perdere l’equilibrio. Tornando sui suoi passi, vide Syrienne rialzarsi dalla neve. Senza pensarci un momento di più, l’atlantideo la raggiunse e la prese tra le braccia. Lei all’inizio protestò debolmente, poi la stanchezza l’ebbe vinta, la donna strinse le braccia attorno al corpo del Vassallo e tacque.
BrightBlade sentiva la morsa del freddo sui suoi muscoli. Utilizzandola a proprio vantaggio, assunse un’andatura sostenuta, saltando a volte alcuni gradini. Lentamente, il suo corpo riacquistò calore grazie allo sforzo, e i battiti del cuore ricominciarono ad accelerare. Molti nemici sul campo di battaglia si erano stupiti nel vedere quel Paladino incassare colpi che avrebbero gettato a terra un uomo comune, ma pochi di loro avrebbero scommesso su di lui in quella prova di resistenza.
Il popolo di Atlantide, tuttavia, ha molte caratteristiche che lo rendono differente a un essere umano. Molti sanno dell’estrema longevità di quella gente, che arriva in alcuni casi a sfiorare i tre secoli, alcuni conoscono la loro affinità con la magia degli elementi, ma pochi sanno che un atlantideo, spesso a dispetto del suo fisico snello, è estremamente più resistente di un comune umano. Quei pochi che sanno ciò, non esitano a paragonare la gente di Atlantide alle formiche, in grado di trasportare pesi molte volte superiori al loro.
Se dunque qualsiasi guerriero, anche il più allenato, sarebbe preso stato sconfitto dalle infinite difficoltà di quella scalata, BrightBlade, non più costretto ad avanzare al passo di Syrienne, salì su per il pendio ad un’andatura impensabile per chiunque non conosca un atlantideo, e l’ebbe vinta sulla scalinata in due ore, trascorse le quali il Vassallo superò la violentissima perturbazione che ormai infuriava sotto i suoi piedi e si ritrovò in un altopiano al di sopra delle nubi. Lasciata Syrienne, sorpresa di essere sfuggita così presto alla tormenta di neve, Bright si sedette su di un masso, riposandosi e guardandosi intorno.
Il panorama era stupendo. Guardando verso sud, l’altopiano lasciava il posto alla distesa di nuvole che aveva scatenato su di loro la sua forza terribile. Dalle nuvole sbucava il disco infuocato del sole. Bright rimase sorpreso dal constatare che si trovava praticamente alla stessa altezza dell’astro. Essendo il esattamente a sud, ragionò l’atlantideo, doveva essere mezzogiorno, ma a quell’ora il sole sarebbe dovuto essere ben più alto!
Ben presto però i calcoli astronomici lasciarono il posto al paesaggio. Ad est e ad ovest, le cime innevate dei monti facevano da cornice all’altopiano, che si stendeva come una lingua di terra tra i monti. Lungo questa si snodava la strada, che conduceva da un lato alla scalinata che i due avevano percorso e dall’altro verso l’ignoto. A nord, infatti, oltre alcune piccole montagne, si stagliava l’immenso vulcano che il Vassallo e la Sacerdotessa avevano visto quando erano alla base dei monti. Persino da quell’altezza, il monte dal cuore di fuoco svettava sopra le loro teste per una distanza incredibile, stimata dal Paladino in più di semila metri. La verità era che le dimensioni di quella montagna erano semplicemente inconcepibili.
Dopo aver passato una mezz’oretta a riposarsi guardando ora da sotto il gigantesco vulcano, ora da sopra la tempesta che infuriava a pochi metri di distanza, BrightBlade e Syrienne si misero in cammino, lungo il sentiero che si snodava attraverso l’altopiano.
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Maestro
25/10/2004 22:44
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Dopo un po', proseguendo lungo il sentiero, alcune pietre runiche cominciarono a comparire sul fianco del sentiero. Si facevano via via sempre più frequenti, fino a quando un arco non comparve. Si trovavano ormai parecchio all’interno dell’altopiano, che era stranamente una pianura quasi perfetta: da quando camminavano, i due non avevano ancora affrontato una discesa o una salita.
L’arco che comparve era una specie di ruota confitta nel terreno. Sulla superficie, scintillavano di luce alcune rune, simili a quelle delle pietre incise lungo il sentiero.
I due si avvicinarono. Sotto all’arco, una donna ammantata di porpora li osservava avvicinarsi, appoggiata ad un bastone dall’aspetto quantomeno stravagante. All’asta, rossa come le vesti della sconosciuta, erano agganciati numerosi anelli di vario diametro e colore. Sulla sommità era invece saldato un anello più grande di tutti gli altri, ma completamente bianco. Era una vera e propria stonatura in quell’oggetto.
Mentre i due si avvicinavano, la donna puntò il palmo aperto della mano sinistra verso di loro. Bright pensò ad un saluto, ma si preparò ugualmente ad un attacco, rallentando l’andatura. Così facendo, Syrienne lo superò di qualche passo. Prima che il Paladino potesse richiamarla, la stregona a guardia dell’arco scagliò una crepitante sfera di elettricità. Bright balzò in avanti, interponendosi tra l’incantesimo e la Sacerdotessa e assorbendo su di sé la forza della magia, che lo fece barcollare e cadere addosso alla compagna di viaggio. Prima che la maga potesse scagliare un altro incantamento, Bright scagliò un dardo solare al volto dell’avversaria, accecandola. Quindi, rimessosi in piedi, sguainò la spada e caricò il nemico.
La maga, superato l’abbagliamento, vide il guerriero di Atlantide piombarle addosso e fece ciò che chiunque avrebbe fatto: si scansò. Tutto si sarebbe aspettato il Paladino, fuorché quella mossa elementare, e di conseguenza il suo attacco andò completamente a vuoto. Bright faticò non poco per non essere gettato a terra dal suo stesso impeto, e perse l’iniziativa. La stregona gli evocò contro una palla di fuoco a bruciapelo – è proprio il caso di dirlo – proiettandolo all’indietro. Il volo fu arrestato dalla superficie granitica dell’arco. L’impatto tolse il respiro al Paladino, che tuttavia fece in tempo a rotolare su un fianco per evitare una seconda sfera infuocata. Rialzandosi in piedi, vide un mostro di pietra emergere proprio di fronte a lui. Senza attendere che il golem fosse completato, il Vassallo gli si gettò contro, spada in pugno, e con due micidiali fendenti intaccò la struttura del costrutto, riducendolo in pezzi. Quindi, correndo ad arco attorno al mostro appena abbattuto, attaccò su un fianco la maga con un affondo violentissimo. La maga interpose il suo bastone, ma questo si spezzò con un sordo rumore a contatto con la Lama di Atlantide, che mancò di poco il bersaglio. Gettando via l’oggetto magico, ormai inservibile, la stregona balzò all’indietro, allontanandosi dall’atlantideo, e portandosi invece molto vicina a Syrienne, che era ad una ventina di metri dal Paladino. Per un attimo, la maga sembrò accarezzare l’idea di attaccare la Sacerdotessa, che appariva ben più vulnerabile del Vassallo di Blue Dragon, ma Bright, intuendo la mossa, scagliò un cono di ghiaccio tra le due donne, separandole.
La sconosciuta allora si preparò ad attaccare, mentre le unghie delle sue mani si allungavano a dismisura. Bright frappose la Lama di Atlantide tra sé e la maga, e attese. Quest’ultima lo guardò dritto negli occhi per qualche secondo, quasi volesse leggervi la futura reazione del Paladino. Soddisfatta di ciò che vide, balzò come una tigre contro l’avversario. BrightBlade non aveva mai visto un salto di venti metri, ma aveva previsto ogni evenienza. Raccogliendosi su se stesso, la spada rivolta verso l’alto, attese che la maga completasse il salto, quindi, quando questa spalancò le braccia nel movimento che le avrebbe permesso di sferrare due artigliate micidiali dirette al volto del nemico, si scagliò in avanti, uscendo in un istante dalla sua posizione difensiva, perfettamente inutile contro l’attacco che stava per giungere. La maga, che aveva riso dentro di sé della futile difesa approntata dal suo avversario, non poté far nulla per proteggersi da quella mossa in anticipo. Per la prima volta dall'incidente al Tempio, la Lama di Atlantide bevve il sangue del nemico. La stregona sarebbe morta sul colpo, impalata sulla spada magica dell’atlantideo, se quest’ultimo, seguendo un istinto venutogli chissà da dove, non avesse all’ultimo momento spostato la spada. Così facendo, colpì la donna sul fianco sinistro, provocandole una ferita comunque terribile, ma rimediò anche un’artigliata all’avambraccio. Il cozzare degli artigli magici contro il duro acciaio di Atlantide fece rabbrividire il Paladino, ma il metallo resse l’urto, intaccandosi profondamente ma non abbastanza perché il colpo potesse danneggiare il Vassallo.
Gridando di dolore, la stregona ruzzolò a terra, stringendosi il fianco là dove aveva ricevuto l’affondo. BrightBlade piantò la spada a terra e, gettatosi sulla maga, la immobilizzò prendendola per le braccia e serrandola a terra con il suo peso.
In un istante, Syrienne fu a fianco a lui. Mormorando alcune parole, la Sacerdotessa stese le mani sulla sconosciuta, che smise immediatamente di dibattersi.
“Dannazione! Devo aver colpito qualche arteria!” disse Bright, osservando il sangue che usciva a fiotti dalla ferita. “Non so se riuscirò ad arrestare l’emorragia” continuò, mentre premeva entrambe le mani contro la ferita, raccogliendo la propria energia per cercare di salvare la maga.
Dopo qualche secondo, il flusso di sangue diminuì a vista d’occhio, per poi cessare del tutto. Syrienne sorrise, ma non altrettanto fece il Paladino di Atlantide. “Ha perso molto sangue. Non so se riuscirà a sopravvivere” constatò lui.
In quel momento, la maga aprì gli occhi. Bright notò con timore il pallore della pelle della ferita. Non era un buon segno.
“Perché ci hai attaccati?” chiese.
“Voi siete nemici degli Antichi” riuscì a sussurrare la maga.
“Non è vero. Io…” disse il Vassallo, ma si accorse di non sapere cosa ci faceva lì.
“Noi siamo qui per distruggere il Diadema” affermò per lui Syrienne. Bright sgranò gli occhi, voltandosi verso la Sacerdotessa. E così… era questo il suo compito? Perché Syrienne aveva atteso così a lungo prima di rivelarglielo?
La maga tossì, le sue labbra si macchiarono di sangue. Disse qualcosa, ma un nuovo accesso di tosse le soffocò le parole in bocca.
“Riposati! Hai subito una terribile ferita… potremo parlare quando starai meglio” cercò di rassicurarla Bright.
La donna sorrise. “Non importa… Fa’ ciò che ti dice il tuo cuore” sussurrò, prima che un altro accesso di tosse la facesse sussultare. Strinse istintivamente la mano del Paladino, mentre questi lanciava un nuovo incantesimo curativo. Tuttavia, BrightBlade non completò mai quella magia. Mentre ancora stava sussurrando la formula magica, sentì che la mano della donna non stringeva più la sua. Con tristezza guardò quegli occhi castano chiari che ora fissavano un punto da qualche parte al di là della testa del Paladino.
Syrienne scoppiò in lacrime, cadendo in ginocchio. Bright si voltò da un lato, per nascondere le lacrime che gli inumidivano gli occhi. Riuscì a stento a trattenerle. Sollevato il corpo esanime di quella stregona, che aveva ucciso senza neppure sapere chi fosse, giurò che mai più avrebbe alzato la spada contro una donna. Mai più.
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Maestro
08/11/2004 14:12
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Ancora scosso per l'accaduto, BrightBlade raggiunse assieme a Syrienne le pendici del vulcano. Il sentiero si tuffava dentro alla roccia in corrispondenza di un piccolo arco, ricoperto di rune identiche a quelle che i due viaggiatori avevano visto là dove era morta la maga.
Dopo aver scrutato quelle rune, che l'ultima volta non erano state di buon auspicio, i due entrarono.
Il brusco cambiamento di temperatura li lasciò senza fiato: la fredda aria piccante dell'esterno cedette il posto ad un vapore caldo e molto umido, che ben presto si condensò sulla corazza del Paladino formando mille goccioline rossastre. BrightBlade e Syrienne si trovavano in una piccola camera rettangolare, dalle pareti affrescate. Al centro della stanza c’era un grande catafalco di pietra nera, presumibilmente una tomba. Sulla lastra di pietra, perfettamente liscia, era inciso un cerchio sovrapposto ad un triangolo leggermente più grande. Il Vassallo non aveva mai visto nulla di simile: le rune di Atlantide sono infatti composte per lo più da linee sinuose e curve, e solo i simboli che esprimono concetti negativi (come guerra o dolore) contengono in maggioranza linee spezzate. Quella runa invece era l’unione del triangolo e del cerchio: la linea curva chiusa e la linea spezzata chiusa più semplici che ci fossero. La loro presenza, insieme, non aveva senso nella simbologia di Atlantide e di tutte le culture successive. Evidentemente, quel catafalco si trovava lì da molto più tempo, così tanto che abbracciarlo con la mente risultava difficile. Persino l’arco ricoperto di rune protetto dalla maga era comunque sia riconducibile alla simbologia atlantideiana, ma quel simbolo era così rudimentale e semplice e allo stesso tempo realizzato con estrema perizia che al suo confronto ogni altra cosa incontrata fino a quel momento sembrava recentissima. Il sentiero e l’arco, dunque, erano stati costruiti molto dopo la camera rettangolare in cui si trovavano, e probabilmente da due popoli diversi. Dunque, pensò Bright, anche la maga che aveva ucciso non faceva parte della conformazione originale di quel luogo così antico. Perché la scalinata, il sentiero e l’arco con la sua guardiana solitaria fossero stati aggiunti restava un mistero.
Dal lato opposto a quello in cui erano entrati, Syrienne e BrightBlade videro un corridoio inoltrarsi nelle profondità della caverna. Torce attaccate alle pareti illuminavano la strada.
Istintivamente, il Paladino sguainò la spada. Nessuna magia, neanche la più potente, può conservare una torcia accesa per migliaia di anni. Qualcuno era stato lì, e di recente per giunta.
I due avanzarono lentamente lungo il corridoio, aspettandosi un agguato da un momento all’altro. Percorsolo fino in fondo, si trovarono in un’altra stanza rettangolare, lunga per lo più una quindicina di metri e larga dieci. Due file di piccole colonne sorreggevano il soffitto. Per la verità, colonne e soffitto sembravano essere fuse insieme. Bright immaginò che la stanza fosse stata scavata nella roccia con colonne e tutto, ovvero nel modo più logico. Eppure, non vi era alcun segno di scalpello, alcuna intaccatura. Ogni superficie era perfettamente liscia e lucida. Non c’erano dubbi: tutto era opera della magia. Di una potente magia, perché ben presto il Paladino e la Sacerdotessa raggiunsero una nuova sala, ancora più grande della precedente.
La sala era riccamente decorata, ogni centimetro di parete ricoperto da rune di ogni genere. Simboli di Atlantide si mescolavano al linguaggio corrente o a idiomi incomprensibili, la cui comprensione andò persa centinaia di anni prima.
I due esploratori erano rimasti sulla soglia, ammaliati da quella serie sconfinata di rune che celavano un messaggio che gli sfuggiva, quando Bright sentì improvvisamente il Diadema pulsare di energia. Lo estrasse. L’artefatto emetteva un forte campo di magia, quasi come fosse stato attratto dal corridoio che conduceva fuori da quel luogo. Il Vassallo lo assecondò, portandosi in quella direzione. Quando però raggiunse, seguito dalla Sacerdotessa, il centro della stanza, di colpo tutte le rune alle pareti brillarono di luce intensissima. I loro raggi si incrociavano in ogni direzione, e lentamente andarono a formare delle figure semitrasparenti. Erano diciotto anziani, che indossavano lunghe tuniche bianche e strani gioielli. I loro capelli e la barba scendevano fino a terra. Erano posizionati in modo da circondare i due avventori.
Bright si guardò attorno, aspettandosi qualcosa, ma gli anziani rimasero lì, immobili, a guardarlo.
“Che magia è questa?” disse ad alta voce Bright. L’eco della sua voce rimbalzò avanti e indietro nel sotterraneo, perdendosi in lontananza. Quando ormai il Paladino stava per cercare di oltrepassare quella barriera di figure, i diciotto vecchi alzarono le mani al cielo, e quindi le puntarono, con i palmi aperti, contro l’atlantideo. Senza che quest’ultimo sapesse perché, il suo corpo cominciò a risplendere di luce argentea. Al contrario, il Diadema sembrava aver perso ogni potere.
Comunque sia, i vecchi sembrarono soddisfatti, perché le loro immagini cominciarono ad affievolirsi e quindi scomparvero del tutto, lasciando BrightBlade e Syrienne soli nella stanza.
“Che cos’hanno fatto?” chiese il Paladino alla compagna.
“Non lo so, ma è stato bello” rispose lei. In effetti, mentre il suo corpo ardeva di luce, Bright aveva sentito ogni fatica abbandonare le sue membra, ogni preoccupazione lasciarlo.
Sospirando, l’atlantideo mise da parte quel ricordo, e guidò Syrienne oltre la stanza.
Il corridoio che imboccarono era di certo di origine naturale: tortuoso e stretto, era percorribile grazie ad un rozzo sentiero che era stato intagliato nella roccia. La via li portò ad attraversare un lungo complesso di caverne magnifiche. Serpeggiando tra stalattiti, stalagmiti e altri accumuli cristallini dalla forma stravagante, i due giunsero in un lungo corridoio, di nuovo opera dell’uomo – o del popolo che aveva realizzato il complesso –, ammantato di fumo. L’aria era caldissima. BrightBlade avanzò nella fuliggine, seguito dalla Sacerdotessa. Insieme, emersero in un’enorme caverna, al centro della quale si apriva una voragine ampia almeno duecento metri. Sopra di loro aleggiava una pesante cappa di nubi, ma Bright capì lo stesso che quello doveva essere il cratere del vulcano. Il pavimento della caverna era come un enorme anello attorno alla voragine, fatta eccezione per uno stretto camminamento che si inarcava sopra l’abisso, come un ponte. Al centro di quell’arcata strettissima, era ancorato una specie di scoglio dalla superficie liscia come una tavola, sulla quale spiccava un’incudine di ferro nero con un martello adagiato alla sua sommità.
Nel momento stesso in cui il Paladino posò gli occhi sui due oggetti, rivide con incredibile nitidezza l’immagine che lo aveva fatto svenire, molto tempo prima, nella Biblioteca del Regno. E così, là era nato il Diadema.
In effetti, l’oggetto sembrava voler tornare all’incudine, ma BrightBlade non ne intuiva la ragione. Non che ebbe il tempo di ragionarvi, perché una voce echeggiò alle sue spalle.
“Benvenuto, BrightBlade di Atlantide”. Era una voce che l’atlantideo non udiva da molti, moltissimi anni. Da quando, ancora giovane, prima di tuffarsi per il viaggio attraverso l’oceano che lo avrebbe salvato dalla distruzione dell’isola, si era voltato per salutare il suo migliore amico. Keeran Lathern, il Discepolo del Sommo Sacerdote di Atlantide.
Bright si voltò lentamente, spada in pugno.
Il volto che osservò non aveva nulla in comune con quello del suo antico compagno. I capelli erano scomparsi, sostituiti da una pelle chiara solcata da numerose cicatrici. Ancora una volta, come nell’incontro avuto quando svenne nella Biblioteca del Regno, Bright fu colpito dagli occhi freddi di Keeran. Non vi era più vita in loro.
“Non mi riconosci?” disse divertito Lathern.
“Keeran, come potrei scordarmi di te?” mormorò Bright. L’altro sorrise.
“Già. Un tempo ti consideravo mio Fratello, BrightBlade. Eppure, ancora oggi, non capisco cosa ci sia in te che io non ho” disse amaramente.
“Di cosa parli?” chiese il Paladino, ma conosceva già la risposta.
“Sai bene di cosa parlo – disse infatti lui – Il Gran Sacerdote non doveva scegliere te”.
“Il Gran Sacerdote deve aver avuto le sue ragioni, anche se nemmeno io le conosco. In ogni caso, sbagliò. Se avesse fatto partire te, Atlantide non sarebbe caduta”.
Il volto di Keeran fu distorto dall’ira.
“CHE NE PUOI SAPERE TU? NON SAI NULLA, NIENTE DI NIENTE, DEL DIADEMA!!!” gridò.
“Una cosa so, Keeran Lathern. Atlantide è caduta a causa del Diadema. Sei stato soggiogato al suo volere, e hai distrutto la nostra patria. Cos’altro dovrei sapere?”
Lathern era fuori di sé.
“Il Diadema non mi ha dominato! Sono stato io, io soltanto a scegliere quel destino! Atlantide doveva essere punita!”.
Bright gli lanciò uno sguardo glaciale.
“Punita per cosa? Per aver scelto me e non te? Perché non saresti stato tu il Re?”
“Tu, tu avresti preso il potere! Ma io dovevo impedirlo!” disse istericamente Keeran.
“Io? – ribatté Bright – Io ho scelto la Via del Ramingo. Non sarei potuto divenire né Re né Gran Sacerdote”.
“TU MENTI!!! AVRESTI UCCISO IL RE! E IL POPOLO AVREBBE OSANNATO TE, TE, ASSASSINO DEL SOVRANO!” gridò Keeran. La sua voce si perse nella vastità della caverna.
Egli stesso sapeva di star mentendo. Ma non voleva, non poteva ammetterlo.
Riguadagnò il controllo su di sé.
“Dammi il Diadema, Bright” disse pacatamente.
“Non posso Keeran. Non dopo ciò che ti ha fatto” rispose BrightBlade.
Con un movimento repentino, Lathern afferrò Syrienne per un braccio e la interpose tra sé e il Paladino, mentre sguainava un pugnale
“Dammi quel dannato Diadema” ripeté lui “o la tua amichetta farà una brutta fine”.
BrightBlade vide la luce della follia negli occhi di colui che un tempo era stato suo amico.
“Lasciala andare Keeran” disse.
“DAMMI IL DIADEMA O L’AMMAZZO!” gridò lui.
“Torcile un capello, e ti giuro che getterò il Diadema nel cratere. Anche uno stupido sarebbe capace di un lancio del genere” disse freddo il Paladino.
Il dubbio si insinuò nell’animo dell’altro. I suoi occhi cominciarono a spostarsi freneticamente tra il cratere, il Diadema e gli occhi del Vassallo, come se volesse calcolare se quest’ultimo avrebbe attuato o no la sua minaccia. Bright ricambiò il suo sguardo con durezza. Aveva già deciso di distruggere il Diadema, comunque, nello stesso momento in cui aveva visto l’incudine.
Lentamente, Keeran lasciò andare Syrienne, che corse alle spalle di BrightBlade.
“Ora dammi il Diadema” disse Lathern. La sua era più una preghiera che un’intimidazione.
“Ti ho già detto che non posso. Devo distruggerlo Keeran”.
L’altro sembrò riacquistare la ragione.
“E come farai? Gettandolo nel vulcano lo renderai solo irraggiungibile per me. Ma gli spiriti del fuoco lo libereranno prima o poi. Sai bene che devi colpirlo con il martello lassù. Ma io non ti ci farò arrivare” spiegò.
Aveva ragione. A meno che…
BrightBlade scattò all’improvviso verso il ponte, e cominciò a percorrere lo stretto arco di pietra ad una velocità spericolata. L’altro gridò di furore, e si lanciò al suo inseguimento attraverso l’arcata.
Il Paladino raggiunse l’incudine, estrasse il Diadema e la gettò su di essa, quindi afferrò il pesante maglio. Stava per abbatterlo, quando Keeran gli piombò addosso con un balzo, scaraventandolo a terra. Il Maglio cadde a fianco all’artefatto con un sordo rumore.
Bright si afferrò ai bordi del sentiero di roccia per non precipitare. Con una contrazione dei muscoli delle braccia, balzò di nuovo sull’arco, mentre Lathern stava per afferrare il Diadema. Ruotando la spada davanti a sé, il Paladino costrinse l’avversario ad allontanarsi dall’incudine. Keeran sguainò la sua Lama di Atlantide, ed i due cominciarono a duellare sull’orlo del precipizio.
Quando BrightBlade era partito dall’isola natia, aveva salutato un amico molto più abile di lui nell’arte della spada. Ma le sue infinite avventure, il servizio sotto Blue Dragon e l’apprendistato presso Cyber Dark lo avevano reso un avversario formidabile persino per il pupillo del Gran Sacerdote, che impugnava la Lama a due mani come aveva appreso ad Atlantide.
Il Vassallo invece era armato di scudo ed aveva appreso ad impugnare la sua spada con una sola mano, guadagnando in rapidità un grande vantaggio. Keeran infatti non riusciva quasi mai ad attaccare, impegnato com’era a schivare i micidiali affondi del Paladino di Atlantide.
Tuttavia, Lathern aveva un’assoluta padronanza della magia di Atlantide, che usava a proprio vantaggio. Raffiche di vento infuocato deflettevano la Lama di Bright ogniqualvolta questa si avvicinava troppo all’avversario, e l’arcata di pietra sembrava attivamente intenta a farlo precipitare di sotto. Il combattimento era dunque uno stallo, nessuno dei due riusciva a prevalere sull’altro.
Fu a quel punto che Syrienne decise di intervenire. La Sacerdotessa era rimasta di fronte all’entrata alla caverna, completamente ignorata da entrambi i contendenti. Vedeva chiaramente la schiena di Keeran e, oltre di lui, il Paladino, unico ostacolo tra l’artefice della distruzione di Atlantide e il Diadema che tanto bramava.
Syrienne non conosceva molti incantesimi d’attacco, il più potente dei quali era un globo di forza che, se non avrebbe ferito l’avversario del Paladino, almeno lo avrebbe distratto, concedendo all’altro una possibilità.
La Sacerdotessa scagliò l’incantesimo. Il globo di energia, invisibile, schizzò verso la schiena di Keeran. Quest’ultimo, tuttavia, era un mago troppo esperto per non accorgersi di quel seppur silenzioso incantamento. Così, un attimo prima che la magia lo colpisse, ruotò su se stesso, Il globo lo mancò e colpì in pieno il Paladino di Atlantide, scaraventandolo oltre l’incudine. Bright rimase, per la seconda volta in pochi minuti, a penzolare nel vuoto, aggrappato con una mano al sentiero di roccia che attraversava il cratere. Sotto di lui, a trecentocinquanta metri di distanza, la lava ribolliva, quasi non vedesse l’ora di arrostire qualcuno. Bright decise di non accontentarla, e si issò di nuovo sull’arcata. In quel preciso istante, Keeran Lathern indossò il Diadema.
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Maestro
12/11/2004 20:34
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Un’esplosione di energia terrificante spazzò via il Paladino, facendogli attraversare in volo i centoventi metri che lo separavano dalla parete opposta della caverna e mandandolo a schiantarsi contro le rocce. Lentamente, il corpo di Keeran cominciò a trasformarsi.
L’armatura nera costellata di gemme purpuree del Distruttore tornò a rivestire il suo corpo, le ali d’acciaio scuro tornarono a dispiegarsi nell’oscurità più assoluta che aveva avvolto la caverna. La Lama di Atlantide di Keeran si mutò nell’invincibile spada del Portatore di Tenebra.
L’essere, prigioniero del Diadema per tutto quel tempo, gridò la propria gioia maligna, facendo riecheggiare tutto l’antro del suo urlo micidiale.
BrightBlade si alzò in piedi. Era stato scaraventato contro pareti di roccia un po’ troppe volte in un viaggio solo, e cominciava ad averne abbastanza. La vista del Distruttore non lo terrorizzò. Era il primo essere in tutta la storia ad averlo già visto, seppure in una sorta di sogno, e ormai l’Araldo Nero non poteva più fargli paura.
Il Paladino di Atlantide individuò la sua spada, che giaceva a cinque-sei metri da lui, e si gettò su di essa. Del resto, l’essere che una volta era stato Keeran Lathern sembrava non curarsi minimamente di lui, in preda ad una folle euforia. Di colpo però il Portatore di Tenebra sembrò ricordarsi del Vassallo, perché si voltò di scatto verso quest’ultimo, brandendo la sua micidiale arma. Il demone avanzò, quindi sollevò la spada sopra la testa e la schiantò per terra, dove si trovava BrightBlade. L’atlantideo balzò di lato, schivando il colpo, e poi effettuò un affondo diretto al petto della creatura. La Lama di Atlantide, tuttavia, impattando con la nera armatura del nemico venne deviata di lato, e il Paladino fu costretto ad una vera acrobazia per evitare il fendente di rimando dell’avversario.
Combattere contro un avversario il doppio di te è sempre difficile, specialmente se il nemico è estremamente abile nel maneggiare la sua arma. Il punto debole di ogni guerriero enorme è, tuttavia, la rapidità: spesso la tremenda forza fisica è a scapito della velocità con cui si sferrano i colpi.
Di questa regola generale, l’Araldo Nero era l’esatta eccezione: benché i suoi colpi fossero talmente potenti da poter mandare in frantumi rocce intere, essi piovevano come grandine dal cielo, non lasciando un attimo di respiro a BrightBlade. Dal canto suo, il Paladino riuscì numerose volte ad oltrepassare le difese del nemico, ma ogni volta i suoi affondi erano deviati dalla corazza che proteggeva il suo avversario. Forse neppure un affondo diretto sarebbe stato in grado di distruggere quell’armatura, certo era che i contrattacchi rapidi ma non troppo potenti dell’atlantideo avevano ben poche speranze di vincere quell’armatura resistentissima.
I duellanti continuarono a combattere per qualche minuto, senza che nessuno di loro riuscisse ad infliggere alcun danno all’altro. Quasi come di comune accordo, i due smisero di combattersi e cominciarono a studiarsi, ruotando l’uno attorno all’altro. Il Distruttore era evidentemente stupito di un avversario così caparbio: nulla rimaneva in lui di Keeran Lathern, se non le membra deformate, e il demone aveva sottovalutato l’avversario. BrightBlade, dal canto suo, stava realizzando mentalmente il modo in cui il nemico lo attaccava, cercando un qualche punto di debolezza in quella macchina di morte apparentemente indistruttibile.
Tanto improvvisamente quanto era cominciata, la tregua si interruppe: l’Araldo Nero balzò contro il Paladino spada in pugno. Questi deviò a lato l’affondo e rispose con un fendente violentissimo, che riuscì ad aprire una seppur piccola ferita nel petto del mostruoso avversario. Il secondo attacco però andò a vuoto, e il Portatore di Tenebra restituì il colpo al Vassallo, colpendolo al volto con l’elsa della sua spada seghettata.
BrightBlade incassò il pugno con un gemito e perse l’iniziativa. Il nemico lo costrinse a difficili parate insidiandolo sul fianco destro, poi, ruotando su se stesso, lo attaccò sulla destra, mirando alle gambe. BrightBlade intercettò l’attacco, ma il demone utilizzò l’impatto tra le due spade per scagliarsi di peso contro il nemico.
Il Vassallo fu schiacciato a terra sotto la titanica mole dell’Araldo Nero, ma riuscì a levare la spada ed intercettare un fendente che lo avrebbe decapitato. Quindi, facendo ricorso a tutte le proprie forze, sferrò un tremendo pugno al volto del nemico, che ruzzolò di lato ruggendo il proprio dolore per quell’attacco imprevisto.
Balzato in piedi, Bright non aspettò che il Distruttore si riprendesse. Con un movimento rotatorio si portò in prossimità del Demone là dove quest’ultimo non avrebbe mai potuto parare e sferrò un fendente violentissimo diretto alla testa della creatura.
L’Araldo Nero chinò la testa all’indietro, lasciando che la Lama di Atlantide volasse a qualche millimetro dal proprio elmo, quindi contrattaccò con un fendente altrettanto violento, che colpì il Paladino, sbilanciato dalla forza del suo attacco, in pieno petto.
L’Armatura di Atlantide resse incredibilmente l’urto, ma il Vassallo fu gettato a terra, mentre la sua spada schizzava via per cadere, con un clangore metallico, a parecchi metri di distanza.
Il Distruttore avanzò minaccioso verso BrightBlade, privo di sensi. Il demone ruggì di gioia. A quanto pareva, stava per sbarazzarsi di quel fastidioso umano. Una voce di donna interruppe i suoi progetti omicidi: “In guardia!”
Syrienne, approfittando della distrazione del Portatore di Tenebra, aveva raggiunto la spada del Paladino di Atlantide, ed ora, brandendola, sfidava il terribile nemico.
L’Araldo Nero scoppiò in una fragorosa risata.
“Getta quella spada, donna, e fuggi finché sei in tempo” disse poi.
La Sacerdotessa lo ignorò. Il Distruttore si voltò, disinteressandosi di quella che considerava essere un avversario pericoloso quanto una mosca. Levò la spada verso l’alto, preparandosi ad abbatterla sul corpo esanime dell’atlantideo. Improvvisamente, nella caverna si udì un sonoro schianto, e il Portatore di Tenebra vide la punta di una spada, la Lama di Atlantide, emergere dal suo petto.
Istintivamente la creatura cercò di strapparsi via l’arma dalla schiena, dove Syrienne l’aveva conficcata con tutte le sue forze. La donna fu scagliata a terra dai movimenti forsennati del nemico, che infine rinunciò allo scopo. Tendendo ogni muscolo, il Distruttore ruggì. Il suo corpo fu avvolto da una crepitante aura nera, e la Lama di Atlantide venne fuori, lentamente, dallo squarcio che aveva aperto, cadendo a terra poco distante. La ferita si richiuse con uno schiocco, e le piastre dell’armatura si saldarono sopra di esse. In pochi secondi, non c’era più traccia del terribile colpo.
Il Portatore di Tenebra ruotò i suoi occhi di fiamma verso la Sacerdotessa che l’aveva ferirlo. Le balzò addosso come un giaguaro, bramoso di ridurre in poltiglia colei che aveva osato tanto.
Syrienne schivò per un pelo il primo fendente, ma il secondo la colpì alla spalla, lacerando muscoli ed ossa con una facilità impressionante, a tal punto da riuscire quasi a staccarle un braccio dal corpo. Stravolta dal dolore, la Sacerdotessa cadde in ginocchio. Il demone le sferrò un calcio in pieno volto, stendendola a terra, quindi sollevò la spada per trafiggerla. Lei vide quella lama micidiale profilarsi sopra al suo corpo, e capì di essere spacciata. Prima di ricevere il colpo fatale, pregò che il suo sacrifico servisse a qualcosa.
Con un sibilo, la spada dell’Araldo Nero si conficcò trapassò l’esile corpo della Sacerdotessa, piantandosi nella roccia mentre tutto attorno si spandeva una chiazza scura di sangue.

*****


BrightBlade riprese i sensi e vide.
Un nuovo sentimento invase il suo animo, qualcosa che non aveva mai provato. Non era furia né dolore, forse un misto delle due. Qualsiasi cosa fosse, Bright non poteva, né voleva controllarla. In un attimo, recuperò la Lama di Atlantide, ancora sporca dell’icore del demone. Prima che quest’ultimo potesse anche solo rendersi conto di cosa stava succedendo, il Paladino di Atlantide piombò su di lui come un ciclone. Il primo colpo fu diretto alle gambe. Schinieri, tendini, scaglie, tutto andò in pezzi. L’Araldo Nero crollò in ginocchio, ma riuscì a rotolare su se stesso evitando l’affondo selvaggio del Paladino, che lo avrebbe trafitto. Ma l’atlantideo era inarrestabile. Un nuovo fendente staccò di netto il braccio che reggeva la spada del Distruttore. Gridando la sua disperazione, BrightBlade di Atlantide completò l’opera che non era riuscita a Jaghatai Kahn, molti anni prima. La Lama di Atlantide si abbatté sull’elmo del nemico come il maglio di Zeus, riducendo in poltiglie prima la mano artigliata che il Distruttore aveva levato come ultima, vana difesa, poi il suo cranio deformato. Nel momento stesso in cui la vita, se così si poteva definire, abbandonò quella creatura terribile, un’esplosione di energia negativa travolse il Paladino, gettandolo in ginocchio. Lentamente, Keeran Lathern riprese le sue sembianze. Aveva la testa divisa a metà, ma sulla sua fronte brillava ancora, nonostante tutto, il Diadema.
BrightBlade ignorò completamente il fenomeno. Piantata la spada a terra, si gettò sul corpo esanime di Syrienne, disteso in un lago di sangue, e lo strinse tra le braccia.
“PERCHE’????” gridò, con tutto il fiato che aveva. Scoppiò in lacrime e rimase lì, disperato, stringendo tra le mani quel corpo così esile, privo di vita.
Quindi, il suo sguardo cadde sull’artefatto.
“Non provocherai più alcun male” disse BrightBlade, il volto rigato tra le lacrime. Deponendo il cadavere di Syrienne, afferrò l’oggetto magico e corse verso l’incudine nera. Il martello era tornato al suo posto. Il Paladino di Atlantide lo strinse e lo abbatté sul Diadema.

To be continued...
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Gran Maestro
12/11/2004 20:46
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Nooooooooooooo
Non puoi scrivere "continua....." a questo punto!!!!!




Capitano dei ValorianAmazons di 4Story, server Xhadra
Settima Gilda di Valorian al Torneo Luglio 2010
Quinta Gilda Valorian al Torneo Dicembre 2010
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Cacciatore di demoni
Regio Cronologo
13/11/2004 04:16
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Re: Nooooooooooooo

Scritto da: Gianlu79 12/11/2004 20.46
Non puoi scrivere "continua....." a questo punto!!!!!



Vero continua tipregotiprego sono rimasto appeso mentre leggevo [SM=x92711]
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Maestro
15/11/2004 16:07
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Eh lo so sono proprio cattivo...
[SM=x92703] [SM=x92710] [SM=x92710] [SM=x92710]
*****

Il Maglio si schiantò contro il freddo metallo del Diadema, sporco del sangue di Keeran Lathern, e rimbalzò indietro con un clangore metallico. Di nuovo, il Paladino di Atlantide colpì l’artefatto, e questa volta sulla superficie del cerchio d’acciaio comparvero minuscole crepe. L’oggetto magico pulsava di energia, a tal punto che Bright non poteva guardarlo direttamente senza che gli occhi gli bruciassero per l’intensa luce che emetteva. Per la terza volta, il Vassallo abbatté il martello sul Diadema. Ed esso andò in pezzi.
Mille schegge schizzarono da ogni lato, mentre una roboante esplosione riecheggiava per tutta la caverna. BrightBlade fu gettato a terra, mentre un enorme globo di energia rossa si espandeva attorno ai frammenti dell’artefatto. La sfera crebbe e crebbe fino ad occupare quasi tutto l’antro. Al suo interno, strane ombre sembravano muoversi e prendere forma. Infine, quasi in risposta ad un segnale prefissato, la sfera esplose.
Attraverso l’energia rossa, il Paladino di Atlantide vide profilarsi la figura di un gigantesco demone. Aveva quattro paia di ali, e la testa cornuta sovrastava un corpo completamente ricoperto di un’armatura di scaglie rosse. L’aura malvagia che lo permeava toglieva il fiato.
Bright alzò le mani, per proteggersi da quell’apparizione apocalittica.
Il demone ruggì e spalancò le ali, che si abbatterono sulle pareti della grotta, facendola sussultare. La lava ruggiva sotto l’arco di roccia, che sussultava sotto il peso titanico della bestia. L’energia rossa continuò a plasmare la figura del mostro e quindi forgiò per lui una gigantesca spada grondante di sangue.
Davanti a sé, l’atlantideo contemplava l’essenza stessa del male che prendeva forma in una delle creature più terribili che la mente umana possa concepire, un essere del quale basta solo pronunciare il nome per diffondere il terrore tra la gente. Un Arcidemone.
E così, il Paladino di Atlantide era stato soltanto una marionetta in una trama più grande di lui. Il Diadema era la prigione dell’Arcidemone, ed ora il Vassallo lo aveva liberato. Aveva scatenato un’entità così malvagia da poterne comprendere a stento la portata. Un ciclone di morte e distruzione che si sarebbe abbattuto con inaudita ferocia nelle terre emerse, devastando ogni luogo in cui il suo sguardo si fosse posato.
Il demone si chinò su se stesso e poi balzò verso il cielo, le quattro paia di ali spiegate, e scomparve nel fumo denso che avvolgeva la grotta. La lava sotto BrightBlade ruggì, coprendo quasi il rumore dell’arco di roccia che si frantumava sotto la spinta dei piedi artigliati dell’Arcidemone. BrightBlade non fece nulla per tentare di salvarsi. Rimase lì, disteso sul frammento di roccia che precipitava verso la roccia fusa.
Syrienne era morta invano. Aveva fallito. Chiuse gli occhi e attese.

*****


Attese, ma non avvenne nulla. Anzi, invece che sentire il proprio corpo avvolto dal calore insopportabile, il Paladino di Atlantide si sentì portato verso l’alto, su, sempre più su. Vide la sua patria, Atlantide, ergersi tra le stelle. Vide il Regno armarsi per la guerra, vide l’opera di distruzione della creatura che aveva inconsciamente liberato. Vide morte, distruzione. Ma vide la speranza. Di colpo, riaprì gli occhi. Si trovava ancora nella caverna, ma fuori dalla voragine di lava. Chino su di lui, un guerriero dalla lucente armatura stava invocando su di lui un incantesimo curativo. BrightBlade percepì solo in quel momento il dolore terribile che provava alla pelle. Sebbene non fosse sprofondato nella roccia fusa, i vapori bollenti lo avevano ustionato ovunque, provocandogli innumerevoli piaghe e vesciche che ora quel misterioso cavaliere stava risanando.
“Chi sei” riuscì a sussurrare l’atlantideo. L’altro terminò il suo incantesimo, quindi aiutò il Paladino ad alzarsi in piedi. Bright guardò meglio lo sconosciuto, ed un lampo squarciò la sua mente. Ricordò l’illustrazione che mostrava il Diadema venire forgiato. Invece dell’uomo incappucciato però, nel suo ricordo riconosceva perfettamente il guerriero che lo aveva salvato.
“Esatto. Io sono colui che ha forgiato il Diadema” disse l’altro, quasi come potesse leggere nei pensieri del Vassallo come in un libro aperto. Mille dubbi affollarono la mente del Paladino di Atlantide. L’altro sospirò.
“Ci fu un tempo in cui sei Arcidemoni si levarono dalle profondità della terra. È stato molto prima che nascessero le razze che ora popolano il mondo emerso, tuttavia i primi membri del tuo popolo calcavano già la terra. Il mio popolo si armò contro gli Arcidemoni, e furono eletti sei guerrieri che li affrontassero, mentre le nostre armate respingevano ondate su ondate di mostri venuti dall’oltretomba, esseri così terribili che le vostre menti non sono in grado di concepire.
Io fui uno di quei sei. Affrontai l’Arcidemone per otto lunghi giorni. Al termine dell’ottavo giorno, riuscii a distruggere la forma fisica del mostro, e quello fuggì da me. Per mille miglia l’ho inseguito, finché non lo raggiunsi ed intrappolai tra queste mura di roccia. Quel giorno forgiai il Diadema ad eterna prigione per l’Arcidemone. Eppure i saggi del nostro popolo dissero che gli Arcidemoni sarebbero tornati. Il giorno che fecero quella profezia, la mia anima fu imprigionata nel Diadema assieme alla creatura che avevo combattuto, affinché io potessi riprendere la lotta quando il tempo sarebbe venuto.
E così ho atteso, per molte migliaia di anni. Ed ora il mio momento è giunto, e l’ora dello scontro finale si avvicina. E tu, Paladino di Atlantide, sei l’artefice della mia venuta e della liberazione dell’Arcidemone”.
BrightBlade abbassò gli occhi al terreno.
“Non rattristarti per questo, atlantideo. Forse è per questo momento che sei nato. Torna piuttosto dalla tua gente, e preparali per lo scontro”.
“La mia gente non c’è più. Atlantide è stata distrutta dal Portatore di Tenebra” disse il Vassallo. L’altro si rabbuiò in volto.
“Dunque l’Araldo Nero, il sesto degli Arcidemoni, si è già risvegliato. Da quanto tempo?”
“Ottanta anni fa, circa. Il Distruttore però è caduto per mia mano. L’uomo che vedi là è ciò che resta di lui” disse Bright.
“Devi essere un valente guerriero, BrightBlade di Atlantide, se sei riuscito a sconfiggere l’Araldo Nero. Ora però il tuo destino è legato al suo: quando il Portatore di Tenebra tornerà, tu sarai richiamato. Questo sarà il tuo incarico da ora al giorno in cui il mio popolo non tornerà”.
“Chi è dunque il tuo popolo?” chiese il Paladino di Atlantide.
“Noi siamo gli Eletti, inviati per governare il mondo. Molto tempo deve essere passato dal giorno della nostra partenza, se neppure la gente di Atlantide ricorda il nostro nome” disse l’altro.
“Sei dunque un Antico?” esclamò il Vassallo, pieno di stupore.
“Oh sì, lo sono, molto più antico di ogni altra cosa. È dunque questo il nome che ci avete dato?” rispose lui. BrightBlade cadde in ginocchio.
“Rialzati, figlio di Atlantide. La mia gente fu amica del tuo popolo, e combattemmo spalla a spalla quando sorsero gli Arcidemoni. E così, a quanto pare, è destino che avvenga ancora” rispose, e continuò. “Il mio nome è James Faryah, Cavaliere del Tempio. Ed ora è giunta l’ora che ci mettiamo in cammino, BrightBlade di Atlantide. Molte battaglie ci aspettano”.
“Un attimo” disse l’atlantideo. Tornato sui suoi passi, raccolse da terra il corpo esanime di Syrienne e la avvolse nel suo mantello. Quindi tornò a fianco dell’Antico.
“Era la donna a cui eri legato?” chiese quest’ultimo.
“Era la donna che ho amato, la Sacerdotessa del Tempio delle Sirene. Si chiamava Syrienne. È morta per dare a me la vita”.
Faryah scostò un lembo del mantello, osservando per alcuni attimi il volto pallido della donna.
“La morte di una Prescelta mi rattrista, ma ella ha compiuto il suo destino. Non piangere per lei, BrightBlade. Ella era scelta dai miei pari per adempiere alla sua missione, e così ha fatto. Un giorno, forse, potrete ricontrarvi. Ma ora non portarla con te. Rallenterebbe il tuo cammino”. Mentre dicevano ciò, i due erano giunti alla camera d’accesso al complesso sotterraneo. Con stupore, Bright notò che il sarcofago che aveva visto all’entrata era aperto.
“Ella attenderà qui, in quella che è stata la mia tomba, il tuo ritorno” disse James. Bright allora depose il corpo di Syrienne dentro il sepolcro.
“Non ci sarà bisogno di chiudere la tomba. Gli Antichi amano contemplare le stelle” aggiunse il Cavaliere del Tempio. Solo in quel momento, BrightBlade si avvide che, sul soffitto della camera, attraverso un cunicolo circolare splendeva la luce di una stella luminosissima.

[Modificato da BrightBlade 15/11/2004 16.07]

OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Cacciatore di demoni
Regio Cronologo
17/11/2004 03:43
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Dovrei dire bella ma non basterebbe e' molto di piu' [SM=x92702]
Un Arcidemone complimenti non bastava Eruner a far danni[SM=x92713] dovevate libberare uno peggiore, di poco pero' pensandoci bene [SM=x92702] [SM=x92710]
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Maestro
26/11/2004 16:33
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Si ricomincia!
Fuori dal complesso del vulcano, li attendevano due bianchi destrieri. Uno di loro, Bright lo riconobbe subito, era Tame, il suo fido cavallo.
Balzato in groppa, seguì Faryah indietro attraverso l’altopiano. Quando raggiunsero l’arco runico e lo oltrepassarono, senza fermarsi, il Paladino di Atlantide notò che il cadavere della maga che aveva ucciso all’andata era scomparso. L’andatura sfrenata dell’Antico che lo precedeva non diede tuttavia il tempo al Vassallo di chiedere spiegazioni, e i due continuarono a divorare il sentiero per altre due ore, fino ad arrestarsi sul margine del precipizio. Sotto di loro, la tempesta che Bright e Syrienne avevano affrontato in precedenza ruggiva più forte che mai. Ma non fu quello ad attirare l’attenzione del Paladino. Sul margine del precipizio infatti c’era una roccia abbastanza bassa e squadrata. E sulla roccia, seduta e rivolta verso le nubi sottostanti, c’era la maga che l’atlantideo aveva ucciso presso l’arco runico.
Per poco BrightBlade non cadde da cavallo. La maga si voltò. Aveva la veste strappata nel punto in cui il Paladino aveva colpito.
“Sono dieci minuti che vi aspetto, James. Un Paladino non dovrebbe far attendere una Sacerdotessa” disse la donna, ridendo, poi continuò. “Sir BrightBlade, l’ultima volta non mi sono potuta presentare… il mio nome è Arynn”. La maga sorrise, ma il Paladino non osava guardarla.
“Hai fatto ciò che dovevi fare, BrightBlade. Non vergognartene” disse Arynn, quindi si voltò di nuovo verso l’Antico.
“Allora James, hai intenzione di farci inzuppare fino al midollo dentro quell’allegra tempesta?”
Frayah rise.
“Non temere, mia piccola Sacerdotessa. Ho altri progetti per questo viaggio”.
Quasi come se fosse tutto prestabilito, le nubi tempestose che si stendevano ai loro piedi furono tagliate e divorate dalla forma di una macchina volante, che emerse lentamente dalla furia degli elementi, portandosi in pochi secondi all’altezza del dirupo.
Affusolato come la punta di una lancia, lo scafo argenteo misurava almeno una sessantina di metri, ed era punteggiato da decine di finestre circolari, di varie dimensioni. Sulla coda spiccava una vera e propria terrazza, sovrastata da vetrate multicolori, che ricordava all’atlantideo certi disegni visti nei libri del Regno che trattavano dei vascelli di Direnia.
Dallo scafo sporgevano, su ogni fianco, tre lunghe aste di legno, alle quali erano assicurate altrettante vele triangolari, azzurre. Lungo tutta la sommità dello scafo invece, era assicurata da molte funi una sorta di enorme camera d’aria, dipinta anche questa di azzurro. Quale prodigio consentisse a quel marchingegno di rimanere sospeso nell’aria, BrightBlade non riusciva a sospettarlo. Aveva sentito parlare di mongolfiere, ma la nave volante appariva essere talmente pesante che avrebbe necessitato di un pallone smisurato solo per sollevarsi da terra.
Immerso in tali considerazioni, il Vassallo osservò con stupore lo scafo della nave volante poggiarsi sulla roccia e un portello, verso la poppa, staccarsi dal resto dello scafo e calare a terra come un piccolo ponte levatoio, rivelando un uomo slanciato, vestito da una strana divisa blu con due serie di bottoni dorati sul petto ed un tricorno in testa che lo rendeva simile ad un incrocio tra qualche pirata dei mari del sud ed un vero ufficiale Direniano.
Sir James salutò il comandante della nave con larghi cenni, mentre si avvicinava al veliero volante spronando il cavallo. Lungo la fiancata del veicolo, numerosi volti erano intenti ad osservare l’Antico, il Paladino e la donna che li accompagnava.
Bright raggiunse il Cavaliere mentre questi si liberava dall’abbraccio di ferro del capitano.
“Questi è BrightBlade di Atlantide. BrightBlade, ti presento Rodolphus Henkel, Capitano della Rondine Azzurra!”. L’altissimo uomo si inchinò rispettosamente, e il Paladino fece altrettanto, dopo essere balzato giù dal destriero.
Rodolphus riservò all’atlantideo una stretta di mano d’acciaio, che però il Paladino incassò senza batter ciglio. Soddisfatto di quella prova, Henkel rivolse la sua attenzione ad Arynn.
“Bentornata a bordo, Arynn. E’ molto che non calcate il ponte della mia Rondine!”
Arynn sorrise.
“L’ultima volta, Capitano, ci avete condotti nel bel mezzo di un ciclone. Questa volta cosa prevede il viaggio?”.
“Per il momento posso solo assicurarle la piccola perturbazione che può ammirare da sola, mia signora, in ogni caso c’è un grazioso sentiero che scende dalla collina, se non ama la spartanità del mio vascello” ribatté ridendo il Capitano.
I tre scoppiarono a ridere. Era evidente che si conoscevano da una vita.
BrightBlade venne condotto all’interno della nave, e si ritrovò in una grande stanza rettangolare, suddivisa da vari recinti nei quali erano alloggiate numerose creature. C’erano tre splendidi cavalli, due dal pelo maculato bianco e grigio ed uno completamente nero, un ippogrifo che in quel momento stava consumando il suo pasto giornaliero (una mucca cotta per intero e servita su un apposito spiedo d’acciaio), due cani da galoppo che, liberi della sella ricca di sacche e tasche stavano giocando azzuffandosi, mentre un magnifico pegaso, dal colore delle perle, li guardava con un certo disgusto.
Arynn si diresse proprio verso quello splendido animale, e cominciò a pettinargli la criniera con una spazzola dopo che questi ebbe abbassato l’elegante muso, strusciandolo in faccia alla maga.
Sir James guidò Bright verso un recinto libero, e dopo aver dato qualche pacca amichevole ai loro palafreni, che tuffarono i musi nel recipiente d’acqua installato lungo la parete, avidi di saziare la sete che la lunga corsa attraverso l’altopiano gli aveva procurato.
Lasciando Arynn alle cure del suo splendido pegaso, James e il Vassallo si avviarono verso la scala a chiocciola, unica uscita da quell’ambiente oltre che il portello verso l’esterno.
Il locale superiore era molto più affollato di quello sottostante. Una grande vetrata permetteva di ammirare la parte superiore dello scafo, alla quale era assicurato il grande serbatoio d’aria. Di fronte alla vetrata, che si apriva su tre lati su quattro del locale, erano installati due grandi timoni. Di fronte al più piccolo era seduto in una sorta di sgabello con lo schienale il comandante Henkel, mentre l’altra ruota era lasciata a se stessa. Quasi intuendo la curiosità del Paladino, Henkel disse:
“Quella ruota serve per regolare l’altezza della nave”.
“Come fa quella camera d’aria qua sopra a sostenere la struttura? Non siamo troppo pesanti?” chiese allora l’atlantideo.
Rodolphus scoppiò in una fragorosa risata.
“Quello qua sopra è il serbatoio di aria respirabile. A quest’altezza, l’aria è così rarefatta che moriremmo tutti asfissiati in pochi secondi. La nave è isolata dall’esterno, e ogni sette ore di viaggio scendiamo a bassa quota per rifornire il carico di ossigeno” spiegò poi.
“E allora come voliamo?” chiese Bright.
“Hai mai sentito parlare di Magia Geomantica ragazzo?” chiese Henkel.
Bright annuì sorridendo.
“Ma ci deve volere un enorme cristallo di Baltia per far volare la nave” aggiunse poi.
“Oppure molti cristalli minori” disse Arynn alle sue spalle, risalendo la scaletta.
“Molto più facili da reperire di un melone di pietra così” soggiunse ridendo Sir James.
Bright sorrise.
“Ed ora, giovane Paladino, se non hai ulteriori domande, ti consiglio di sederti da qualche parte e di allacciare le cinture” disse il Capitano.
“Là dentro balleremo la samba”, continuò poi, ammiccando in direzione della tempesta mentre un ufficiale di bordo azionava il secondo timone, facendo sollevare da terra la nave volante.
Bright andò ad accomodarsi in un seggiolino di legno ricavato contro la parete della sala di comando, imitato in tutta fretta da Sir James ed Arynn. Al sedile erano agganciate alcune cinture, che il Paladino fece scivolare attorno all’armatura per poi allacciare davanti al petto. Le due estremità delle cinghie si incastrarono l’una sull’altra, quindi Sir James, dalla sua posizione, allungò la mano e ruotò di mezzo giro una manopola che era saltata fuori dalla chiusura nel momento in cui le due parti si erano agganciate.
“Così blocchi la cintura” spiegò poi.
Bright osservò Rodolphus Henkel spingere in avanti una leva che sporgeva dal pavimento. In risposta, qualcosa nel ventre della nave cominciò a ronzare, e il veicolo fece un balzo in avanti, verso il cielo.
“Jack, scendi di quattrocento piedi” ordinò il Capitano, e l’ufficiale fece ruotare il timone numero due parecchie volte. Se l’atlantideo non fosse stato trattenuto al suo posto dalle cinghie, si sarebbe certamente spiaccicato sul soffitto della stanza. Henkel e gli altri ufficiali invece rimasero perfettamente al loro posto, quasi come se nulla fosse successo.
“Un giorno o l’altro mi dovrà spiegare come fanno” grugnì Faryah dal suo sedile. La nave precipitò letteralmente per un tempo che parve infinito, poi cominciò a rallentare. Bright osservò la sagoma del veicolo svanire attraverso la vetrata, avvolta da nubi sempre più scura. La nave volante cominciò a sussultare e beccheggiare, fino a quando il Vassallo non ebbe l’impressione di essere finito dentro una qualche tempesta di mare particolarmente forte.
Non stavano più scendendo, ma in compenso oscillavano paurosamente, e più di una volta l’atlantideo ebbe l’impressione di trovarsi a testa in giù. Quale che fosse la loro posizione, comunque, Rodolphus era saldamente piantato a terra, a gambe divaricate, di fronte al timone. Aspettando l’attimo in cui la nave fosse stata perfettamente orizzontale, Henkel ordinò ai suoi collaboratori di “ritirare gli alberi delle vele”. Un clangore metallico fece sospettare al Paladino che le tre paia di aste provviste di velame che aveva ammirato dall’esterno avessero in qualche modo aderito allo scafo, rientrando in apposite scanalature apertesi per l’occasione.
Come un cacciatore in attesa della propria preda, il Comandante stringeva la leva che regolava la velocità, quasi si trattasse dell’impugnatura della spada.
Per un attimo, la nave tornò in posizione orizzontale, ed in quell’attimo Rodolphus spinse in avanti la leva fino al termine della fessura nella quale si muoveva.
Con un rombo fortissimo, la nave volante schizzò in avanti, raggiungendo in pochi attimi una velocità incredibile, fendendo le nubi come un proiettile scagliato da un cannone potentissimo.
Bright ebbe l’impressione di essere schiacciato contro lo schienale da un colpo di maglio violentissimo, che per un attimo gli tolse il respiro.
Anche Sir James ed Arynn sembrarono subire lo stesso effetto, nonostante l’Antico avesse cercato di dissimulare la cosa tossicchiando.
Sorridendo, Bright riprese il respiro e rivolse una silenziosa preghiera agli dei di Atlantide.
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Gran Maestro
26/11/2004 20:11
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

E bravo Bright, ci scommetto una Nastro Bluedragon che questo pezzo è stato ispirato da Jules Verne [SM=x92710] [SM=x92710] [SM=x92710]
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Cacciatore di demoni
Regio Cronologo
26/11/2004 20:46
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Se dico bella mi ripeto [SM=x92702]
Certo che sapete come fare rimanere la curiosita' [SM=x92713] come fa a finire con la nava volante ? [SM=x92709]
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Maestro
26/11/2004 23:18
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Re:

Scritto da: Gianlu79 26/11/2004 20.11
E bravo Bright, ci scommetto una Nastro Bluedragon che questo pezzo è stato ispirato da Jules Verne [SM=x92710] [SM=x92710] [SM=x92710]


La nave volante è stata un "colpo di fulmine", può darsi ispirata a Jules Verne, del quale ho letto ogni libro... chi può dirlo?
Bright si voltò verso l'oste.
"Una Nastro Bluedragon per Gianlu, sul mio conto ovviamente!

[SM=x92710]

*****


Dopo pochi minuti, la nave volante sfrecciò fuori dalle nubi tempestose che circondavano l’enorme altopiano sul quale svettava il vulcano. Bright pensò a Syrienne, a come si era sacrificata per consentire a lui di prevalere su Lathern, alle parole di Sir James: “lei ti attenderà qui”. Che cosa voleva dire?
Il Paladino di Atlantide si voltò verso l’Antico. Questi era assorto in un’intensa conversazione a bassa voce con Arynn, in una lingua che l’atlantideo non conosceva. Per la prima volta, il Vassallo notò le orecchie da elfo di Faryah, seminascoste dai folti capelli.
Chi era in realtà James Faryah? Egli si era definito “Cavaliere del Tempio”, ma a quale tempio si riferiva? E perché quel tratto elfico? Quale che fosse l’identità dello sconosciuto, BrightBlade non fece domande per il momento, e si concentrò invece sul panorama che riusciva a scorgere dalle vetrate.
Stavano sorvolando in quel momento il lago ghiacciato sul quale lui e Syrienne avevano scoperto la città degli Antichi. Il Paladino poteva scorgerne gli edifici, molto più in basso. La nave volante oltrepassò velocemente le rovine, per poi sorvolare la Fenditura. Anche quest’ultima venne però lasciata indietro in pochi minuti. Stavano volando ad una velocità che l’atlantideo, semplicemente, stentava a concepire. A piedi, ci aveva messo giorni e giorno per attraversare il lago ghiacciato fino alla città, ed aveva persino camminato in discesa, a causa della strana conformazione di quel disco di ghiaccio eterno. La nave volante aveva fatto il percorso inverso in un pugno di minuti. Era così potente, dunque, la famosissima Magia Geomantica? Ma soprattutto: perché stavano correndo a quella folle andatura?
Stanco di farsi quesiti di cui non conosceva la risposta, il Paladino decise di porli a Rodolphus.
“Perché stiamo correndo così tanto?” domandò.
Rodolphus non si voltò neppure, intento com’era nel far conservare alla nave volante la traiettoria. Di tanto in tanto, ruotava il timone di qualche grado, facendo zigzagare inspiegabilmente la nave, come se correggesse di continuo la rotta.
BrightBlade ripeté la domanda, a voce più alta. Finalmente, Henkel lo sentì.
“Devi correre parecchio, se vuoi raggiungere un Arcidemone” spiegò infine.
“Stiamo inseguendo quella creatura?” chiese strabiliato l’atlantideo.
Rodolphus sbuffò.
“E perché?” disse allora il Vassallo.
“Perché se non lo fermiamo in qualche modo, tutto ciò che si trova a sud da qui diventerà presto polvere e cenere. Ci sono ben poche cose che intimoriscano quel bestione, e una di queste è il Regno dal quale tu provieni. Se non fermiamo l’Arcidemone in qualche modo, piomberà sulla tua gente così rapido e veloce che i soldati saranno morti prima ancora di sapere che cosa li stia attaccando”.
“Non è possibile, – spiegò BrightBlade – il Sommo Blue Dragon veglia giorno e notte sul Regno. Avrà senz’altro avvertito la presenza dell’Arcidemone”.
“Secondo te perché il bestione si è risvegliato proprio oggi?” chiese allora Rodolphus.
Bright esitò.
“Caro il mio ragazzo, credi che le forze del Male sappiano solo menar di spada?
Mentre tu rompevi il Diadema, c’è stata un eclissi totale di sole. Dovresti sapere, se sai qualcosa della magia che tiene in volo questa nave, che in corrispondenza di questo allineamento tutti i luoghi dove la Magia Geomantica ha operato grandi prodigi in passato rifulgono di energia magica come torce nell’oscurità. Tanto per dirne una, le rovine della Torre di Elidon in questo momento stanno rilasciando un’aura magica così forte che disturba persino la mia bussola. E il bello è che il fenomeno andrà avanti per lo meno una settimana. Come credi che possa il tuo Re, chiunque egli sia, percepire l’aura di un demone guardando verso nord, quando più o meno ogni centimetro quadrato dei ghiacci che ci siamo appena lasciati alle spalle è intriso di Magia Geomantica? Se tu guardassi in quella direzione con la vista magica, vedresti un gigantesco sole ardere all’orizzonte, e distinguere l’aura dell’Arcidemone, per quanto potente egli possa essere, è equivalente a cercare il proverbiale ago nel pagliaio!”.
Bright tacque, pensieroso.
“E come abbiamo intenzione di batterci con quel demone?” chiese infine.
“Lo vedrai, figliuolo… – il Capitano Rodolphus Henkel sorrise – lo vedrai!”
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Cacciatore di demoni
Regio Cronologo
27/11/2004 02:45
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Grazie per la risposta celere [SM=x92713]
Se vi chiedo come finisce mi postate pure la fine in anteprima ? [SM=x92702] [SM=x92710] [SM=x92713]
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Maestro
27/11/2004 21:55
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Uhm, credo di non poter arrivare a tanto...
[SM=x92713]
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Gran Maestro
27/11/2004 22:54
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Pure perchè gli altri lettori potrebbero prenderla a male [SM=x92704] [SM=x92704] [SM=x92704]




Capitano dei ValorianAmazons di 4Story, server Xhadra
Settima Gilda di Valorian al Torneo Luglio 2010
Quinta Gilda Valorian al Torneo Dicembre 2010
OFFLINE
Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Maestro
27/11/2004 23:08
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Il primo scontro
La nave volante continuò la sua folle corsa per altre due ore. Il vascello si trovava ora nel bel mezzo del mar bianco, in ogni direzione non si scorgeva null’altro se non acqua e ancora acqua. Rodolphus aveva detto che stavano per raggiungere l’Arcidemone, e si era abbassato all’altezza delle nuvole, ma ancora non si vedeva nulla. Bright si sentiva abbastanza nervoso. Sebbene avesse molta fiducia nei suoi compagni, non riusciva ad immaginare come potessero battere il demone con quello strano aeromobile, e l’attesa del nemico lo snervava.
Finalmente, tra una nube e l’altra, un puntino apparve all’orizzonte, e cominciò ad assumere le sembianze dell’Arcidemone via via che la nave volante guadagnava terreno. Nel momento stesso dell’avvistamento, sulla nave si scatenò una febbrile attività. Gli uomini cominciarono a trasportare, da un portello apertosi sul ponte del vascello volante, alcuni cannoni e ad assicurarli ad appositi ganci installati sul tavolato. Bright osservò gli alberi delle vele rientrare nei propri alloggi, e una forte vibrazione fece sobbalzare tutto lo scafo mentre altri cannoni venivano portati in posizione, la canna infilata attraverso i boccaporti spalancati, dagli uomini dell’equipaggio. Era dunque una battaglia navale in mezzo ai cieli quella che si prospettava?
Il demone si era accorto dell’intruso, poiché ogni tanto si voltava e li scrutava di lontano. Non sembrava comunque sia curarsi molto di loro.
La nave guadagnò ancora spazio. Ora la creatura era perfettamente visibile, e il Paladino calcolò che, se si fosse trovato sulla prua dello scafo, avrebbe potuto colpire il nemico con un colpo di balestra, se il vento fosse stato favorevole. Effettivamente, l’Arcidemone non si trovava a più di 500 metri dallo scafo di legno ed acciaio del vascello.
Quasi avessero letto nei suoi pensieri, alcuni balestrieri si portarono sulla prua della nave, presero la mira e scaricarono le armi. Dovevano essere armati di balestre molto potenti, poiché i quadrelli giunsero addirittura a superare il demone, seppure i pochi che lo colpirono si sbriciolarono semplicemente sotto il suo impatto.
“Bene, è a portata” mormorò Henkel. Evidentemente quella salva di colpi non aveva altra funzione se non calcolare la gittata.
Sir James slacciò le cinture, e si precipitò nella stiva sottostante. Henkel sbuffò.
“Batteria di destra, pronti a far fuoco! Tenetevi forte!” gridò il Capitano, e fece mulinare il timone principale.
La nave sbandò e si posizionò, inclinandosi quasi di novanta gradi, parallela alla direzione che stava percorrendo. Bright si trovò ad avere il cielo sulla destra e la terra, in basso, sulla sinistra. Di colpo, quasi sotto l’influsso di un contraccolpo, la Rondine Azzurra si raddrizzò. Nel momento stesso in cui la terra tornò sotto di loro ed il cielo sopra, il demone si ritrovò tutto il fianco destro della nave rivolto contro. Un’unica, violentissima detonazione fece scuotere ogni singolo bullone della Rondine, mentre tutte le armi aprivano il fuoco. Attorno all’Arcidemone si scatenò una catena di esplosioni colorate.
Il demone scomparve per un attimo dalla loro visuale. In quel momento, l’atlantideo ebbe a chiedersi come facesse il vascello a proseguire nella propria traiettoria originaria, pur essendo allineato sulla direzione perpendicolare. Era come se la nave scivolasse sul fianco, proseguendo la sua corsa verso l’Arcidemone.
Quest’ultimo, ferito e ustionato dalla prima salva, si arrestò a mezz’aria.
Rodolphus diede uno strattone al timone, riportando la nave ad inclinarsi sul fianco, mentre con l’altro braccio azionava il timone che controllava l’altezza della nave. Lo scafo della Rondine Azzurra scivolò appena sotto il demone, sfiorandone le spesse scaglie. Il Vassallo era semplicemente sconvolto dalla pericolosità di quella manovra. Se Henkel avesse tardato un secondo di più, la nave si sarebbe schiantata contro il nemico, con effetti catastrofici.
Nel frattempo, il vascello si era raddrizzato, dando la possibilità alle batterie di sinistra di aprire il fuoco sul bersaglio, che ora si trovava dall’altro lato.
Di nuovo, la figura della malvagia creatura fu oscurata dal bagliore delle esplosioni. La Rondine Azzurra, sotto l’impeto della sua stessa velocità, si allontanò rapidamente dal Demone. Rodolphus portò la prua verso il demone, facendo procedere la nave all’indietro, estrasse un piccolo cannocchiale retrattile dalla sua uniforme e scrutò l’Arcidemone.
“Non male come prima scarica” commentò poi. Lo stupore di BrightBlade era equamente suddiviso tra il fatto che la nave stesse volando “in retromarcia” e la pura e semplice constatazione che il loro nemico non sembrava aver subito neppure un graffio. Neppure le spesse membrane che costituivano gran parte delle sue numerose paia di ali sembravano essersi danneggiate particolarmente.
Henkel fece effettuare una larga virata alla Rondine Azzurra. L’Arcidemone si mosse per intercettarla, ma quando fu a pochi metri dallo scafo venne intercettato dal fuoco dei cannoni, che lo scagliò indietro. Di nuovo, la nave scappò lontana dal nemico, al riparo dai micidiali artigli della creatura. Bright poteva udire il movimento sul ponte inferiore, dove i marinai si affrettavano attorno ad i cannoni. Anche sul ponte della nave, l’equipaggio era intento a ricaricare le armi più piccole.
Rodolphus fece virare di nuovo la nave, dando la possibilità ad i suoi uomini di sparare una terza scarica a segno, quindi riportò la nave a distanza di sicurezza.
La Rondine Azzurra stava danzando attorno all’Arcidemone come una mosca, rovesciando sul nemico un tale volume di fuoco che ormai il demone cominciava ad apparire malconcio. Bright ricordava di aver visto, da bambino, uno strano insetto ronzare attorno ad un coleottero molto più grande di lui, colpendolo con un liquido velenoso fino a paralizzarlo. La nave di Henkel stava adottando la stessa strategia.
Il Capitano posizionò la nave per un quarto passaggio. Di nuovo, il demone e lo scafo si trovarono a brevissima distanza, e gli uomini aprirono il fuoco. Ma, all’ultimo momento, l’Arcidemone si lanciò in basso, schivando il colpo, quindi tornò a librarsi in aria proprio a poppa della Rondine Azzurra. Rodolphus fece ruotare il timone secondario fino al massimo, facendo balzare la nave verso l’alto, ma il demone non attaccò subito come Henkel si era aspettato. Prese invece con calma la mira, e quindi scagliò un immane globo infuocato verso il vascello.
La palla di fuoco esplose contro la poppa, frantumando le vetrate e scagliando a terra tutti gli occupanti della plancia, BrightBlade compreso.
Il fumo che avvolgeva il locale era intenso, qua e là principi d’incendio non presagivano nulla di buono. Sebbene la struttura in acciaio avesse retto l’impatto, le parti in legno dello scafo erano state carbonizzate, e l’incendio rischiava di propagarsi a tutta la nave.
Tossendo, il Paladino balzò in piedi, e con una rapida occhiata constatò che Rodolphus non si era schiodato dal timone, ed anzi stava manovrando. L’Arcidemone infatti si stava scagliando sulla nave, ma gli uomini della batteria di sinistra, evidentemente marinai espertissimi, avevano evitato di aprire il fuoco nell’impatto con la palla di fuoco, risparmiando i colpi per quel momento. Il nemico fu respinto indietro da una scarica precisissima; alcuni colpi perforarono una delle ali del demone, che ruggì di dolore.
BrightBlade udì un grido, e si accorse che Arynn stava penzolando nel vuoto, aggrappata ad una trave di legno. Il Paladino scattò verso di lei, incastrò un piede sul pavimento, sfondandolo con lo stivale senza troppi complimenti, e si allungò verso la maga, afferrandole le braccia. Con uno strattone, il Vassallo la lanciò all’interno di ciò che rimaneva della plancia, quindi si rialzò in piedi.
“Fallo un’altra volta, e ti getto fuoribordo con le mie stesse mani!” gridò paonazzo Rodolphus, guardando con occhi affranti il pavimento della sala comando sfondato.
BrightBlade ed Arynn scoppiarono a ridere.
Avvicinarsi alla Rondine Azzurra era decisamente pericoloso, constatò l’Arcidemone, il quale decise di continuare a bersagliarla con una raffica di palle di fuoco. Lo scafo della nave venne martoriato dagli incantesimi della creatura, ma gli uomini continuarono intrepidamente a rispondere al fuoco, costringendo il nemico a diminuire vistosamente il suo volume di fuoco per evitare i colpi dei cannoni. Dal canto suo, Henkel faceva il possibile per risparmiare danni allo scafo, ma sebbene la Rondine fosse incredibilmente maneggevole, non era comunque abbastanza rapida da poter evitare gli incantesimi del demone.
“Un’informazione, Capitano – disse Bright – Cosa avete detto che abbiamo in quel pallone sospeso sopra di noi?”
“Ossigeno misto a qualcos’altro” grugnì Henkel, mentre evitava per un soffio un globo infuocato particolarmente grande.
“E se non ho capito male, se ce lo perdiamo per strada non è un guaio troppo grave…” mormorò allora il Paladino. Sguainando la spada, BrightBlade aprì il portello che conduceva sul ponte della nave con un calcio e scomparve all’esterno.
Rodolphus lo osservò allarmato mentre scorrazzava sul ponte, ma così facendo perse di vista il demone.
Una palla di fuoco ancora più grande della precedente colpì la Rondine Azzurra nella parte inferiore dello scafo, verso la prua.
Di colpo, quest’ultima cominciò a puntare decisamente verso il basso.
“Che succede?” gridò Sir James, che fino a quel momento aveva guidato il fuoco degli artiglieri, facendo capolino dalla botola che portava di sotto.
“Credo che i cristalli di prua siano stati danneggiati. Dovrò ammarare” grugnì Rodolphus, restio ad accettare la sconfitta.
“E credi che lui ce lo lascerà fare?” disse Arynn, scura in volto.
La Rondine Azzurra puntò dritta verso le acque, scendendo in picchiata sempre più veloce. Ben presto, il demone cominciò a seguirne la scia, guadagnando terreno.
“Se ci raggiunge, ci fa a pezzetti” osservò Arynn.
“Io non mi preoccuperei, se fossi in voi” disse Sir James sorridendo. Guardate là fuori cosa sta preparando quel ragazzo” aggiunse poi.
Rodolphus ed Arynn scrutarono oltre la vetrata come un sol occhio, e videro il Paladino intento a tranciare a colpi di spada le spesse funi che ancoravano la sacca d’aria alla Rondine.
Henkel sorrise. “A quell’atlantideo piace troppo distruggere la mia nave. Dovrò fargli un discorsetto” aggiunse. Quindi chiamò a sé i balestrieri.
“Stiamo per sganciare il serbatoio di ossigeno. Il demone ci sbatterà contro come su un cuscino, e voi dovrete colpirlo. E’ tutto chiaro?” spiegò.
“Sissignore” risposero i soldati.
“Ehm… Rodolphus, credo tu abbia dimenticato un dettaglio…” aggiunse James, sorridendo.
“E quale sarebbe?” disse lui.
“I quadrelli è meglio incendiarli”.
Un bagliore omicida illuminò gli occhi del comandante della Rondine Azzurra.
Pochi secondi dopo, i balestrieri erano schierati.
Oramai la sacca d’aria era tenuta assieme alla nave da una manciata di cavi, che gemevano sotto il peso sostenuto. La caduta della Rondine era assai rallentata da quella massa sbatacchiante sopra di loro, e l’Arcidemone stava guadagnando terreno a vista d’occhio. Si trovava ormai a meno di una ventina di metri.
Bright lo notò con la coda dell’occhio, e abbatté la Lama di Atlantide su un’ennesima fune. La corda saltò via sibilando, rischiando di tagliarlo in due. Come se avesse avviato una reazione a catena, le altre funi schioccarono e si lacerarono. Il pallone d’aria schizzò indietro, e l’Arcidemone andò a sbatterci contro senza poter neppure tentare di schivarlo.
“Ora!!!” gridò Rodolphus. “MANDATELO ALL’INFERNO!!!” lo sovrastò Sir James, sguainando la spada e puntandola verso l’enorme cuscino bianco che si dibatteva in mezzo all’aria.
Quaranta dardi infuocati sfrecciarono via dalle balestre, e attraversarono il breve spazio tra la plancia squarciata ed il bersaglio in una frazione di secondo, andando a perforare l’enorme serbatoio d’aria che avvolgeva l’Arcidemone.
E il serbatoio esplose.
La detonazione fu così violenta che frantumò quei pochi vetri ancora integri fino a quel momento, e gettò a terra ogni singolo occupante della nave. Un immenso globo di fuoco si espanse nell’aria, oscurando per un attimo la stessa luce del sole. Rodolphus Henkel, Sir James, Arynn e BrightBlade non ebbero il tempo di esultare: pochi attimi dopo, la Rondine Azzurra si schiantò contro la superficie del mare, andando a fondo per una ventina di metri prima di riemergere.
I boccaporti spruzzarono fuori l’acqua entrata come una fontana, ovunque fu un proruppero di tossicchiate e di sputacchi.
Sir James si rialzò in piedi, e con lui Rodolphus ed Arynn. Il vicecomandante si era fracassato la testa nell’impatto, sbattendo contro le pareti della plancia, e la stessa sorte era toccata ad almeno sei dei coraggiosi balestrieri che avevano provocato la detonazione del pallone d’aria. Faryah si precipitò sul ponte, tra i gemiti dei feriti. Steso sul ponte, con una grossa fune annodata attorno ai fianchi, BrightBlade stava sputando tanta acqua quanta non avrebbe mai creduto di poter bere.
“Per un attimo ho pensato che l’impatto ti avesse spazzato via chissà dove” disse James, dando una violentissima pacca sulla spalla dell’atlantideo, che barcollò in avanti sull’impatto, nonostante l’armatura e tutto.
“Non ci penso nemmeno… e poi i pesci non sono molto socievoli… così silenziosi…” disse poi.
“Se era una battuta, faceva veramente schifo” disse Faryah, scoppiando a ridere.
In quel momento, l’Arcidemone riemerse dagli abissi, a qualche chilometro da loro. Sebbene avesse almeno tre ali completamente distrutte per l’esplosione, il demone spiccò il volo e superò velocemente il relitto della Rondine Azzurra, ruggendo la sua sfida e proseguendo il suo viaggio di distruzione, incurante di coloro che, ormai, non rappresentavano più una minaccia.
“E così, abbiamo fallito. Non siamo riusciti a fermarlo” disse James. “E, a meno che non ci sia un vero e proprio miracolo, credo anche che questa carcassa stia per colare a picco. E’ peggio che un colabrodo, ed è persino di ferro”, aggiunse.
“Non ti azzardare a chiamare la mia Rondinella carcassa, James Faryah, o l’ultima cosa che farò prima di inabissarmi sarà tirarti il collo!” gridò Rodolphus Henkel, mentre lui ed Arynn raggiungevano i due cavalieri sul ponte.
“Non ci stiamo per inabissare, Rodolphus” disse calmo BrightBlade.
“Ah no? Sai quanto pesa quest…” Il Capitano non completò la frase. Si ritrovò a fissare negli occhi il muso di un drago marino, mentre le sue spire scorrevano sotto lo scafo, sollevandolo dall’acqua.
“Rodolphus, Arynn, James, vi presento Shann Kahn, Signore dei Mari dell’Est” annunciò il Paladino di Atlantide, mentre dava alcune pacche amichevoli sul muso del drago che si era fatto amico nel suo viaggio iniziatico via da Atlantide.
“Oh beh…” disse Rodolphus, cercando di nascondere la paura per il Drago Marino...
“Se lo dici tu…”
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 22:38. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com




Vota bluedragon.it nella MTprox Top100