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Fronde Perdute

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2013 01:47
21/02/2013 15:30
 
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FRONDE PERDUTE



“Chiedi al tuo piede di nasconder ai neri faggi il tuo rumore,
qui, nella Selva Dimenticata di Cnyr.
Supplica il vento di non soffiare verso le grigie bestie il tuo odore,
qui, nella Selva Dimenticata di Cnyr.
Ma più d’ogn’altra cosa, prega il sentiero di tener lontana la Bianca Dama dal tuo cuore,
qui, nella Selva Dimenticata di Cnyr.

Vattene straniero; per te vita non scorre durante le buie ore,
qui, nella Selva Dimenticata di Cnyr.”

(Antica canzone del Continente Occidentale)



Non era certo giornata per viaggiare quella che si presentava nella Grande Valle compresa tra la Catena Montuosa di Brèn, a nord, ed il tortuoso fiume Saja, a sud; i raggi del sole faticavano a farsi strada attraverso il fitto cielo grigio ed il radioso astro che illuminava i verdi prati di quelle terre era ridotto al silenzio di un pallido disco bianco, per colpa delle spesse coltri di nubi che si affollavano l’una sopra l’altra; poi, qual tocco di un pittore che va a completare il suo quadro con qualche pennellata decisiva, una fitta nebbia scese su tutta l’area, nascondendo la bellezza di quella natura cresciuta selvaggia per sostituirla con le tremolanti e sfumate ombre di tutte le cose che essa riusciva ad avvolgere. Fu in questo paesaggio assai poco accogliente che un vago rumore di zoccoli annunciò la comparsa delle sagome indistinte di tre misteriosi figuri. Man mano che il trio procedeva lungo il sentiero ecco che le loro forme si facevano più evidenti e i loro contorni più decisi, per emergere infine dalla nebbia come una statua che ha finalmente trovato la sua forma, una volta emersa dall’indistinto blocco da cui l’ha tratta il suo scultore. La prima figura ad affiorare fu quella di uno snello uomo caucasico che cavalcava uno splendido Murgese morello; l’uomo doveva avere una trentina d’anni, forse anche trentacinque, come rivelava la leggera brizzolatura presente sulla barba e sulle basette della folta chioma castana; gli occhi erano di un verde scuro molto intenso, dai quali emergeva l’eterna inquietudine di uno spirito vagabondo; sotto il mantello grigio l’uomo portava un abbigliamento da Ranger e teneva saldamente accostati alla schiena un lungo arco in legno di tasso ed una faretra piena di frecce in piuma d’oca. Dietro di lui faceva capolino un possente guerriero ricoperto da una pesante armatura, che cavalcava un gagliardo Shire grigio. L’uomo doveva avere una decina d’anni in più rispetto al precedente; portava corti capelli corvini ed una folta barba brizzolata, con incastonati sul viso due ardenti occhi castani che la dicevano lunga sul suo temperamento; al fianco cingeva un grosso spadone in acciaio dell’Est, metallo assai molto raro, degno di un’arma da guerriero esperto. A chiudere il breve corteo stava un minuto giovane di appena diciotto anni, a cavallo di un altrettanto giovane Andaluso baio. Il giovane era biondo e mingherlino, inadatto probabilmente a qualsivoglia lavoro fisico, ma nei suoi bellissimi occhi celesti brillava una luce che denotava un’intelligenza fuori dal comune; il ragazzo indossava normalissimi abiti di lino e portava al fianco una daga, anche se dal modo in cui era fissata alla cinta sembrava più un ingenuo monito per i malintenzionati piuttosto che una minaccia vera e propria.

Il piccolo gruppo avanzò nella nebbia seguendo il sentiero per diversi minuti finché l’uomo con l’arco non fece segno di arrestarsi.
«Non dirmi che ci siamo persi di nuovo…» borbottò il soldato in armatura.
«Non ci siamo persi, solo… devo capire dove siamo» replicò l’altro.
«Ecco, lo sapevo. Dannato il giorno che ho deciso di lasciare la mia compagnia di ventura per unirmi a questa manica di squinternati...»
«Se vogliamo essere pignoli non sei tu che te ne sei andato; sono stati loro a cacciarti e ci hanno pure supplicato di portarti via prima che potessi fare altri danni» rispose il giovane mingherlino con tono da maestrino.
«Andato… cacciato… tanto sempre in compagnia di voi due perdigiorno sono finito» esclamò sbuffando.
«Se voi due stesse zitti forse riuscirei a concentrarmi e a ritrovare la strada. E poi sono due anni ormai che andate avanti con questa manfrina; noi adesso siamo mercanti e quello che facevamo prima non conta più; l’accordo era che tu, Gòffrid, ti occupassi di difendere noi e la merce, che Mìnuin si preoccupasse della vendita e che io vi guidassi tra le città di questa regione. Perciò d’ora in avanti non voglio più sentire battibecchi».
«Sbrigati allora a farci arrivare alla prossima città, Dùrod. Non ne posso più di tutta questa nebbia» disse l’uomo in armatura.
Il Ranger rimase in silenzio per qualche minuto, poi tirò le redini del suo cavallo e girò la cavalcatura in direzione dei compagni: «E’ quasi il tramonto e tra poco calerà la sera; penso che per stanotte sia meglio accamparci; riprenderemo il cammino domani, una volta che questa foschia si sarà dileguata. Laggiù mi è parso di scorgere le cime di alcuni alberi. L’inizio di una foresta probabilmente. Ci accamperemo al suo interno cercando cibo e riparo sotto le sue fronde».
«Come vuoi, tanto il capo sei tu» disse Goffrid, mentre Minuin dava anche lui il suo assenso con un impercettibile cenno del capo.
I tre tirarono le briglie dei loro cavalli ed il gruppo si diresse con passo veloce nella direzione indicata dal Ranger, svanendo nuovamente all’interno di quella muraglia evanescente.

Lo spettacolo che si presentò di fronte ai tre avventurieri non fu dei migliori; giunti in prossimità di quello che doveva essere l’inizio di un bosco il trio si trovò di fronte a un gruppo di faggi spogli e malati, con tronchi pallidi profondamente intaccati da muschi, funghi ed altri parassiti; per di più il terreno era reso scomodo dalle numerose e contorte radici che sbucavano dal suolo.
«No grazie, questo posto schifoso potete pure tenervelo. Per quanto mi riguarda io torno al sentiero e cerco un altro riparo!» esclamò borbottando il gigante in armatura.
«Dai Goffrid! Guarda il lato positivo: questo posto è talmente squallido che nemmeno dei briganti vi si infilerebbero dentro» disse ridendo il giovane Minuin.

Il gruppo avanzò per alcuni minuti nel fitto della boscaglia ma i rami di quel luogo erano così numerosi che ben presto finirono con l’ostruire loro il passaggio. Durod, che era in testa al gruppo, scese da cavallo e cercò di usare la daga di Minuin a mo’ di machete per farsi strada nel bosco. Ben presto il Ranger finì però con l’inciampare in una delle radici che ricoprivano il suolo. Durod non aveva riportato danni a causa della caduta ma mentre si massaggiava la nuca si accorse di essere caduto accanto a uno strano ammasso. Il Ranger, curioso, si diede molto da fare per spostare foglie e ramoscelli dal cumulo che aveva di fronte, e nonostante il suo sangue freddo non riuscì a trattenere un sobbalzo quando scoprì in cosa esso consistesse: di fronte a Durod si presentava lo scheletro imputridito di un uomo e dalla fattura delle frecce conficcate nella sua schiena sembrava che fosse stato attaccato da una banda di briganti. Anche se non era rimasto molto di quello sventurata salma il Ranger decise comunque di frugare tra i suoi abiti per vedere se si era salvato qualche oggetto di valore; la caccia di Durod fu però grama perché l’unico oggetto che riuscì a rimediare fu una vecchia busta ingiallita, sigillata con della ceralacca color cremisi; oggetto fortunato tra l’altro se era sfuggire a tutto il marciume che aveva preso possesso di quel bosco. Dopo aver tranquillizzato i compagni circa la sua caduta, Durod riprese il suo lavoro da giardiniere ed in breve il passaggio fu libero.

Il gruppo proseguì con passo lento per una decina di minuti; trovato poi un luogo che li aggradasse i tre smontarono da cavallo ed allestirono un piccolo campo con un falò al centro; la legna certo non mancava da quelle parti e con un fuoco acceso durante la notte il gruppo poteva dormire al caldo e senza la preoccupazione di essere attaccato da qualche animale feroce. Stanchi della giornata i tre si sdraiarono sui loro giacigli in attesa del mattino seguente.

Il giorno dopo il gruppo si mise in viaggio di buon’ora; la nebbia era ormai svanita e quindi il trio poteva tranquillamente tornare al sentiero per riprendere il suo cammino. Gli avventurieri cavalcarono nel bosco per parecchio tempo, procedendo sempre in un’unica direzione, ma nonostante fosse giunto mezzodì non erano ancora riusciti a trovare l’uscita. Stanco di procedere a vuoto, Durod scese da cavallo e si chinò a terra per esaminare il terreno.

«E’ ridicolo! Ieri avremmo proseguito sì e no un’ora prima di accamparci mentre oggi che abbiamo cavalcato per tutto il mattino non siamo ancora riusciti ad uscire da questo posto!» si lamentò Goffrid.

Minuin scese anche lui da cavallo e si avvicinò a Durod: «Non mi piace per niente quell’espressione che hai sul viso; dobbiamo iniziare a preoccuparci?»
Durod alzò lo sguardo verso l’alto: «Non lo so. E’ tutto molto strano. Sono sicuro di aver percorso la strada di ieri a ritroso ma non trovo tracce del nostro passaggio; in più, da quando siamo entrati in questa foresta, i cavalli sembrano irrequieti. Penso che sia meglio riprendere il cammino e cercare di uscire da qui alla svelta».

L’eco delle parole del Ranger non si era ancora spento nella mente di Minuin che subito il trio si imbatté in qualcosa di strano ed inquietante; gli alberi che fino ad ora erano rimasti bianchi come il manto di un agnello divenivano sempre più scuri man mano che i tre procedevano nel loro cammino; per di più i rami aumentarono di numero, così come i loro intrecci, finché il bosco finì col trasformarsi in un’intricata e buia selva di arbusti neri.

«Inizio ad essere inquieto… forse è meglio tornare indietro…» balbettò impaurito Minuin.
«Penso che tu abbia ragione. Ormai è certo che abbiamo sbagliato strada. Giriamo i tacchi e cerchiamo di tornare almeno dove ci siamo accampati» disse serio il Ranger.

La situazione però non cambiava perché in qualsiasi direzione il gruppo svoltasse non trovava altro che faggi neri e nessuna traccia che li aiutasse. I tre vagarono per ore in silenzio, paralizzati da un timore che ad ogni nuova svolta si faceva sempre più evidente nei loro cuori. Poi, all’improvviso, Minuin ruppe il silenzio: «Ho letto cose… cose brutte… su una foresta composta da alberi neri. Dicevano che lì una volta vi abitasse una maga molto potente; la donna aveva molto a cuore la natura e per questo usava le sue conoscenze per prendersi cura della foresta, rendendola un paradiso per qualsiasi animale o pianta. Ma c’è di più… Ho letto che la maga un giorno trovò un soldato ferito che era finito per errore nel suo bosco; dopo averlo curato dalle numerose ferite la donna si innamorò di lui, ricambiata a sua volta. Quando il soldato fu guarito decise di tornare dai suoi compagni per continuare a combattere, ma promise alla maga che una volta finita la guerra sarebbe tornato da lei e, per ricompensarla dell’attesa, avrebbe imparato a memoria una poesia fatta comporre apposta per lei dal più grande poeta della regione; così, una volta che l’uomo l’avesse recitata, avrebbe capito fino a che punto l’amasse.
Così la guerra finì e la maga attese con pazienza il ritorno del suo amato; passarono i giorni, i mesi, gli anni, ma il soldato non tornava. La donna attese con zelo ma più il tempo passava più cresceva il suo sconforto. Quando infine sopraggiunse la vecchiaia e la maga sentiva di essere vicina alla morte si convinse che l’uomo l’avesse dimenticata e, invasa dal rancore, decise trasformarsi in una strega, per poi lanciare su se stessa e sulla foresta un orrendo maleficio: qualunque uomo fosse finito all’interno della selva non ne avrebbe più trovato l’uscita e sarebbe rimasto prigioniero al suo interno per l’eternità».
Goffrid tuonò: «Allora, hai finito di dire scemenze, bamboccio rimbecillito?! Non tutte le foreste composte da alberi neri sono maledette! Quando eravamo di stanza a Besòr c’era una malattia degli alberi che aveva reso tutti i boschi nei dintorni neri e marci proprio come questo! Vai avanti e smettila di lagnarti!»
Proprio in quel momento un ululato riecheggiò nella foresta, terrorizzando a tal punto i cavalli da farli impennare e scaraventare a terra i tre avventurieri, per poi darsi alla fuga nel profondo del bosco.

I tre ripresero la camminata nella foresta; i danari ed i cavalli non li interessavano, volevano solo uscire il più velocemente possibile da quell’intrico di alberi malati. Dopo alcune ore, il gruppo raggiunse una radura e per la prima volta da giorni il trio rivide l’azzurro del cielo; inoltre, al centro della radura zampillava un piccolo specchio di acqua limpida. Il trio si avvicinò immediatamente alla pozza ed iniziò a bere, pensando che dopotutto quella foresta poteva anche essere strana, ma di certo non maledetta; della stessa opinione però incominciava a non essere Durod, che in tutti i suoi anni di esperienza ne aveva viste di cose strane, ma mai una pozza di acqua pura in mezzo ad un bosco.

I timori del Ranger furono immediatamente confermati perché, mentre il trio beveva, le radici dei faggi iniziarono a muoversi, strisciando come serpenti. Una di queste si avvicinò furtiva a Goffrid e prima che il guerriero potesse reagire lo avvinghiò, trascinandolo tra le urla nell’oscurità della foresta. D’istinto Durod si lanciò all’inseguimento dell’amico; Minuin cercò di seguire il Ranger per aiutarlo, ma Durod era troppo veloce ed il giovane non riusciva a tenere il suo passo. Fu così che il biondo mingherlino rimase isolato in mezzo al bosco; come se non bastasse Minuin si accorse di non essere solo: qualcuno o qualcosa lo stava osservando da dietro gli alberi. Il giovane estrasse tremante la daga e cercò con gli occhi il suo nemico. Quando questo capì di non poter più nascondere la sua presenza, decise di manifestarsi: grosse bestie dal manto grigio avanzarono con movenze feline verso l’avventuriero; il loro aspetto era indefinibile; sembravano grossi gatti ma avevano schiene da toro e musi di lupo, misti a zanne di cinghiale; i loro occhi erano luminosi e rossi come il sangue e un’abbondante saliva riempiva le loro fauci mentre digrignavano i denti.

Nel frattempo Durod stava ancora inseguendo le radici e non si era accorto di aver lasciato indietro l’amico. A richiamarlo alla realtà fu l’ululato selvaggio delle creature, le quali si stavano avventando sul biondo giovane. Durod tornò indietro più veloce che poté; egli udì rumori di lotta, sentì le suppliche dell’amico mentre le bestie lo azzannavano, ma quando raggiunse il luogo dell’attacco del povero Minuin era rimasta ormai solo la daga.
Durod cadde in ginocchio disperato; entrambi i suoi compagni erano morti e lui non aveva saputo aiutarli in alcun modo. Passarono diversi minuti prima che il Ranger si fosse calmato; una volta ripresosi iniziò a ragionare: se quella era davvero una foresta stregata forse Durod poteva trovare aiuto nei racconti della sua infanzia; il Ranger ricordava che le streghe delle leggende traevano sempre il loro potere da una pianta, spesso un noce. Forse se riusciva a trovare quest’ albero sarebbe riuscito a vendicare i suoi amici, e visto che le radici erano scappate in una direzione ben precisa forse sapeva anche dove cercare.

Il Ranger si mise a correre e dopo poche ore raggiunse subito il luogo che cercava. L’aria che vi si respirava era davvero tremenda, impregnata di puzza di marcio e densa a tal punto da poterla tagliare con un coltello. Al centro di un’ampia radura, con i faggi posti a raggiera come sudditi che si inginocchiano di fronte al loro padrone, stava un gigantesco albero di noce, nero come tutti gli altri, ma a differenza loro ricco di fronde scure come la notte. Il particolare più inquietante però erano i rami, dai quali pendevano decine di cadaveri nudi, appesi per i piedi. Durod estrasse il suo arco ed incoccò una freccia, pronto ad ogni evenienza; e la scelta non si rivelò sbagliata; infatti, non appena il Ranger fece qualche passo verso l’albero, una fortissima folata di vento lo colpì alle spalle; la corrente d’aria andò a sollevare da terra una miriade di foglie per poi formare un vortice tra lui e la pianta. Una volta che il vento si acquietò, dal vortice ne uscì una visione bellissima: una donna eterea dalla pelle bianca come la neve e i folti capelli biondi color dell’oro levitava a mezz’aria di fronte all’uomo; i suoi occhi erano di un azzurro estremamente chiaro e i suoi abiti erano intessuti con seta d’argento e fregi azzurri.
La donna stese verso il basso le sue splendide mani affusolate come in un abbraccio e pronunciò con voce soave le seguenti parole: «Durod, vieni da me…»
Il Ranger cercò di opporsi con tutte le sue forze al richiamo della strega ma il suo corpo non rispondeva. In poco tempo l’avventuriero cedette e lasciò cadere l’arco, per poi camminare con passo lento e sguardo spento verso la donna.
La strega per risposta si avvicinò al Ranger e lo abbracciò portando le sue labbra rosa come petali di ciliegio verso l’orecchio dell’uomo: «Dimmi, tu mi desideri, non è vero?...»
«Sì, immensamente…» rispose lui.
In quel preciso momento la strega lo allontanò da sé e lo gettò a terra, per poi cambiare aspetto: i suoi occhi si fecero color della fiamma ed iniziarono ad ardere all’interno del cranio, i suoi capelli diventarono grigi come il fumo e la sua veste divenne nera come il manto di una pantera. Iniziò poi ad emanare una luce accecante ed a soffiare un vento tremendo che agitò tutta la radura; poi, con voce innaturale e demoniaca gridò:
«Anche tu sei come tutti gli altri! Volete tutti approfittarvi di me per poi lasciarmi qui sola a soffrire! Ve ne pentirete amaramente!»
Ne seguì una folata più forte delle altre. La voce della donna però si fece poi stranamente più sommessa e disse: «Ma no. Tu sei diverso. Sento su di te il profumo del mio antico amato. Dimmi, sei forse tu, mio caro? Sei tornato finalmente da me?»
Subito Durod non capì ma poi ebbe una folgorazione; tirò fuori dalla tasca la busta che aveva trovato e l’aprì: conteneva una lettera su cui era scritta una poesia d’amore. Il Ranger comprese quindi che lo scheletro che aveva trovato era proprio quello del soldato della leggenda; ma la poesia non l’aveva imparata a memoria, l’aveva fatta scrivere.
«Ascoltatemi, Maga della Foresta; il vostro amato non vi ha abbandonato: è rimasto vittima dei briganti proprio mentre vi stava raggiungendo…»
La voce della strega tornò a farsi terribile: «Tu menti! Lui mi ha abbandonata!»
«Non è vero e ne ho qui la prova: quella che ho in mano è la poesia che il vostro amato aveva promesso di portarvi; guardatela, è ancora intrisa del suo profumo; ed è una delle poesie più belle su cui abbia mai posato gli occhi».
«Davvero?» balbettò la strega, mentre riprendeva a poco a poco le sue sembianze.
«Sì, è vero. Non avete più motivo di affliggere il vostro cuore e la vostra foresta con il vostro odio; né tantomeno gli uomini che la attraversano. Prendete la lettera e liberate il bosco da questa maledizione».
Lo spirito allungò la mano verso Durod e prese in mano la lettera; la donna lesse attentamente lo scritto; quando ebbe finito i suoi occhi si inumidirono ed un sorriso si dipinse sulle sue labbra; la maga chiuse gli occhi e si portò la lettera al petto: «Perdonami se ho dubitato di te, amore mio…»
Non appena la donna pronunciò quelle parole un’onda di luce esplose dal noce nero, accecando Durod e tutta la foresta intorno a lui.

Quando il Ranger riprese i sensi si trovava fuori dal bosco, sdraiato insieme ai suoi compagni in mezzo al sentiero, con accanto i loro cavalli. Era giunta l’alba e della foresta nera o della maga non era rimasta alcuna traccia.

Rimontati sulle loro cavalcature i tre raggiunsero la città seguente e promisero di non parlare mai più di quella storia. Si domandarono solo se ciò che avevano vissuto fosse stato reale o soltanto un sogno. Durod non seppe dirlo; l’unica cosa che sapeva era che nelle sue tasche era rimasta una busta strappata, recante un sigillo color cremisi.

OT- Questo è un racconto che scrissi un anno fa per partecipare ad un concorso letterario ma, ahimè, non ebbe fortuna. Spero almeno che possa essere gradito dagli utenti del Regno -OT
25/02/2013 00:34
 
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ot
Lo trovo molto piacevole e sensato (per quanto lo sia un fantasy, ovviamente).
Bravo, bel racconto.
25/02/2013 06:13
 
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Ot- Grazie mille Eruner! [SM=x92709] -ot
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Gran Maestro
26/02/2013 10:17
 
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OT- Complimenti Clau, una storia fantasy bella e scorrevole. [SM=x92709] -OT
[Modificato da Drago.89 26/02/2013 10:18]
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Sesso: Maschile
Maestro
26/02/2013 12:45
 
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OT- Bravo, Claudium! -OT





Jekyll, Cavaliere del Nord

Vassallo del Sommo Blue Dragon

Membro del Sacro Ordine dei Paladini del Regno

Membro dell'Ordine dei Templari Sin Fein



Trova nel tuo cuore la Fede e la Forza e con esse camminerai al di sopra del Destino
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Sesso: Maschile
Dissipatore di tenebre
26/02/2013 15:11
 
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OT- E' un vero peccato che non sia stato aceettato, è davvero un bel racconto [SM=x92709] -OT




Mago
Aspirante Vassallo del Sommo Blue Dragon
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Sesso: Maschile
Cacciatore di demoni
Regio Analista
14/03/2013 22:32
 
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OT- Questo è un racconto con i fiocchi, una narrazione accattivante da esperto scrittore, anche se essendo un breve racconto dalla seconda metà in poi si è corsi un po' troppo verso il finale. Comunque è ottimo nello stile e nella presentazione.
Qualche giorno addietro mi è stato segnalato dal buon Otrebmu perché questo racconto è ambientato nel continente occidentale ed essendo il mio personaggio del luogo mi serve per orientarmi; Claudium avrei una domanda, dove di preciso? Forse nell'enorme foresta a Nord? -OT






Lottare per rinnovare il presente. Bisogna lottare sempre, fino all’ultimo respiro, questa è la condizione umana.

Il male maggiore proviene da piccole impostazioni di pensiero sbagliate

[SM=x92774]Regio Analista e Vassallo del Regno di Blue Dragon
[SM=x92726]Cavaliere
14/03/2013 22:47
 
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Ot- Bravo solar! Hai notato il difetto principale del racconto, che sarebbe l'essere troppo compresso per rispettare il limite di caratteri del concorso (ho dovuto addirittura unire due scene in una la quale risulta essere per questo motivo molto accelerata nei ritmi rispetto al resto del testo. Mi riferisco alla scena dove vengono rapiti i due tizi).
Per quanto riguarda la faccenda del Continente Occidentale mi spiace ma é un'aggiunta che ho fatto dopo per ricomprenderla nell'ambientazione del Regno. La dicitura precedente riportava: "Antica canzone dei popoli dell'ovest". -ot
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Email Scheda Utente
Sesso: Maschile
Cacciatore di demoni
Regio Cronologo
15/03/2013 01:47
 
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Re:
SolarKnight, 14/03/2013 22:32:

OT- Claudium avrei una domanda, dove di preciso? Forse nell'enorme foresta a Nord? -OT



OT-- Per ora nell'atlante le informazioni su continente occidentale sono poche appena avrò riletto i 3-4 racconti che ne parlano ti manderò tutte le notizie raccolte :) con Claudium ci accorderemo per inserirlo nella cartografia di quel continente ;) --OT


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