Il suo cuore e la sua mano

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Claudium
00sabato 29 marzo 2008 16:02
OT Salve a tutti! Prima di partire per Praga e rimanere così assente per una settimana vorrei provorvi la prima parte di un racconto che ho iniziato tra la notte di ieri ed il mattino di oggi, il cui tema molti capiranno non essere assolutamente originale ma che spero di essere riuscito a rielaborare in una chiave altrettanto interessante. Intanto apprezzerei che esprimeste le vostre opinioni (se vi piace, non vi piace, è stupendo, fa schifo, ecc...) e vi prego di essere estremamente critici e pignoli nei miei confronti perchè questo è l'unico modo per migliorare. Buona lettura allora [SM=x92702] .

P.s. X Otrebmu: questo lo sistemo poi per la cronologia. OT

L'ENTRATA

Il sole calava inesorabile all’orizzonte mentre camminavo con passo deciso verso le foreste ad ovest del Regno. Erano passate solo due settimane da quando il mio maestro, il saggio Corso, aveva convocato me ed Osa, il mio migliore amico. In quanto suoi allievi avevamo completato l’addestramento che ci era stato assegnato ed ora ci attendeva come prova finale una missione, il cui successo avrebbe provato se fossimo pronti o meno ad affrontare il mondo esterno e tutte le sue insidie. Le missioni che ci vennero assegnate furono le seguenti: Osa aveva il compito di recarsi nei territori a Nord, dove avrebbe dovuto trovare e domare un unicorno che da tempo era solito avventurarsi in tali regioni, mentre io avrei dovuto raggiungere le foreste situate ad ovest del regno di Blue Dragon, dove avrei dovuto recuperare una resina magica avente proprietà curative. Mi ci vollero pochi giorni per raggiungere il villaggio di Vetoio, situato poco ad est di Baros, il mio villaggio natale, ma la maggior parte del tempo la impiegai per raggiungere il monte Gran Massiccio, in quanto ero stato costretto a lasciare il mio cavallo nelle stalle di Vetoio poiché, se ciò che il mio maestro aveva detto era vero, non mi sarebbe stato di grande aiuto durante la mia missione. Non ci volle più di un pomeriggio per attraversare il tunnel che passava sotto il monte, visto che il passaggio più breve era stato liberato dalle numerose frane che, spesso, a quanto dicono, bloccano la strada. Fu allora che, una volta uscito dal passaggio, lo vidi: il regno di Blue Dragon. Esso era dotato di una luce straordinaria che risplendeva lungo tutte le mura del regno e che, per chi aveva dovuto sopportare per molte ore la semplice luce di una fiaccola, brillava più del sole stesso. Tuttavia, sapevo che il mio posto non era lì, non ancora almeno, poiché ora avevo una missione da compiere e per nulla al mondo avrei permesso che qualcosa mi distraesse dal mio obiettivo. Purtroppo non ebbi il tempo né di riposare né di mangiare, poiché era necessario che raggiungessi la foresta prima della venuta della luna piena, condizione indispensabile per il completamento del mio incarico. Dopo tre giorni di camminata vidi finalmente al tramonto la zona del bosco segnalata dal mio maestro. Ero ancora in lontananza quando una strana sensazione di confusione iniziò ad opprimere la mia mente. Avrei potuto giurare di sentire dentro la mia testa delle voci che mi suggerivano di cambiare strada, che forse stavo andando nella direzione sbagliata e non potevo fare a meno di ascoltarle e concordare con i loro giudizi. Tuttavia, non mi lasciai sopraffare da quelle parole, poiché Corso mi aveva avvisato che, una volta giunto nei pressi del luogo prestabilito, un incantesimo, creato per proteggere la gente che abitava in quel luogo, mi avrebbe costretto a cambiare strada e contro di esso non avrei potuto oppormi. Seguii allora le istruzioni datemi dal mio maestro, il quale mi aveva raccomandato, non appena avessi avvertito quei pensieri, di leggere il frammento di pergamena che mi aveva affidato e, solo allora, avrei potuto proseguire il mio cammino. Estrassi così dalla mia cintura il frammento e lessi mentalmente lo scritto: Vai avanti fino alla radura al centro del bosco e non ti fermare. Una volta lette quelle parole le voci nella mia testa sparirono immediatamente cedendo il passo al nuovo ordine; Corso, infatti, mi aveva spiegato che l’unico modo per sconfiggere questo tipo di incantesimi era di farsi rivelare la posizione esatta del luogo da raggiungere da qualcuno che vi era già stato ed il frammento aveva proprio questa funzione. Raggiunsi così il bosco e, subito dopo, la radura descritta dal mio maestro. Era un luogo stupendo: una miriade di fiori colorati di cui ignoravo i nomi e le facoltà costellavano il prato verde smeraldo, rotto qua e là da qualche minuscolo ruscello. Finalmente mi sedetti, facendo riposare le mie povere gambe, ed accesi un fuoco per consumare un breve pasto che mi avrebbe donato le energie necessarie per compiere la mia missione, il tutto fatto con la massima cautela per evitare di provocare danni in quel luogo idilliaco che, ancora non sapevo, sarebbe diventato per me molto importante. Attesi così, pacatamente, l’arrivo della notte e con lei il sorgere della luna piena che con la sua luce argentea illuminò tutta la radura. Capii a quel punto che era venuto il momento di agire: spensi il fuoco, strinsi i lacci della mia armatura, indossai le fodere contenenti le mie spade, coprii le spalle con il mantello e mi alzai in piedi. Quindi estrassi dalla tasca della mia cintura un piccolo cannocchiale metallico, simile a quello con cui più volte il mio maestro aveva osservato il moto degli astri, ma con una funzione estremamente diversa. Una volta soppesato l’oggetto lo strinsi nel pugno e pronunciai sotto voce una formula magica: “Monstra viam”. All’improvviso un piccolo fascio di luce azzurra si delineò partendo dal mio pugno ed andò a colpire il terreno di fronte a me. Dopo aver annullato l’incantesimo mi chinai a terra ed esaminai il punto colpito dal fascio, dove trovai un piccolo cilindro dorato che spuntava dal terreno. Avvicinai così il cannocchiale all’apertura del cilindro e lo incastrai al suo interno. Fatto ciò fui costretto a sdraiarmi sull’erba per poter guardare all’interno di esso. Sapevo già cosa avrei visto nel condotto ma, nonostante ciò, la cosa mi lasciò alquanto perplesso: un minuscolo vecchio con la barba grigia, le orecchie a punta e vestito con un cappello ed una specie di tunica blu che, a giudicare dalle dimensioni, non doveva essere più alto di un dente sgranò i suoi piccoli occhi vitrei: “Si presenti!” urlò con un forte tono imperativo. “Sì…ehm…il mio nome è Claudium, provengo dal villaggio di Baros e sono un allievo del saggio Corso. Sono stato incaricato dal mio maestro di compiere un’importante missione e per farlo ho bisogno di entrare nel vostro regno”.
“Bene ragazzo, se è il vecchio Corso a mandarti sei libero di passare ma sarà il re a giudicare se la tua missione sia degna di essere portata a termine. Conosci la procedura?”
“Sì, il mio maestro me l’ha descritta però… apprezzerei volentieri un piccolo ripasso”.
“Ah, questi umani! Sono tanto grandi quanto stupidi. Allora, innanzitutto, hai la chiave per aprire il passaggio?”
“Sì, c’è l’ho” dissi estraendo dalla tasca una piccola chiave di bronzo.
“Bene, incominciamo allora: gira il primo anello del cannocchiale di tre tacche alla tua destra, per il corpo.”
“Tre tacche… a destra… per il corpo…”.
“Ora gira il secondo anello di tre tacche a sinistra, per lo spirito.”
“Tre tacche…a sinistra… per lo spirito…”
“Ed infine un intero giro del terzo anello, per l’anima.”
“Un giro…per l’anima…fatto!”
Improvvisamente, la luce della luna si concentrò formando un sottile raggio argenteo che attraversò il mio corpo e colpì il cannocchiale aprendo un passaggio. Non appena venni investito dal raggio il mio corpo iniziò a rimpicciolirsi in maniera sorprendente, fino a quando non raggiunsi le dimensioni del mio interlocutore: “Bene ragazzo, ora entra”.
Saltai per afferrare il bordo del cannocchiale che oramai era diventato più grande di me e, una volta raggiunto il passaggio, mi lasciai scivolare lungo il canale, finendo però con lo schiantarmi rovinosamente contro la lente posta sul fondo: “Ora infila la chiave nella serratura alla tua sinistra e girala verso destra”.
Estrassi la chiave e seguii le istruzioni del guardiano e, inaspettatamente, l’entrata del condotto venne improvvisamente occupata da una semisfera dorata, formata dalla lamine che coprivano la superficie del canale, la quale iniziò a roteare vorticosamente e scese minacciosamente verso di me: ”Non ti preoccupare, ragazzo, non stai per morire eh eh…”
La risatina del mio amico non mi fu certo d’aiuto ma, dopo aver raccolto tutte le mie forze, mi girai verso la semisfera, contrassi tutti i muscoli del mio corpo, chiusi gli occhi e mi preparai all’impatto. Sorprendentemente la lente dietro le mie spalle invece di opporre resistenza e schiacciarmi divenne liquida, simile ad un gel, un gel attraverso cui fui spinto dalla semisfera per poi cadere su quello che doveva essere un pavimento. Mentre mi alzavo il gel intorno a me sparì trasformandosi in decine di scintille luminose. Non appena riaprii gli occhi notai che il mio aspetto era leggermente cambiato: le mie orecchie erano diventate lunghe ed a punta e la mia armatura ed il mio mantello avevano cambiato colore, diventando verdi smeraldo, mentre i miei abiti di stoffa vennero sostituiti da abiti tessuti con foglie ed altre parti vegetali: “Bene, ragazzo, ora sei diventato un minimeo come me. Ora però affrettati, attraversa il corridoio davanti a te per giungere nel nostro regno. Cammina quindi fino a quando non arriverai al palazzo reale ed, una volta lì, presentati e chiedi alle guardie di poter conferire con il sovrano. Và ora! “
Detto questo, il guardiano scomparve, dissolvendosi in mille scintille lucenti.
Claudium
00sabato 29 marzo 2008 16:05
LA PRINCIPESSA

Dopo essermi accertato di essere ancora tutto intero iniziai a camminare imboccando l’entrata del corridoio descrittomi dal vecchio: lo spazio intorno a me era alquanto angusto, illuminato da fiori luccicanti simili a fiaccole. Proseguii per un centinaio di metri (o meglio per un centinaio di millimetri) finché non uscii dal passaggio, dove mi attese uno spettacolo straordinario: una miriade di minuscole casette fatte di cortecce di albero, pigne e foglie andava formando una magnifica città, illuminata dall’alto da una luce innaturale che definiva l’area di una vasta piazza occupante il centro del regno. Ripresomi da quel magnifico spettacolo di luce continuai a camminare fino a raggiungere l’estremità del foro. Intorno a me vidi un’infinità di esserini di diversa taglia ed aspetto, con le orecchie a punta e gli abiti fatti con parti vegetali, le quali sembravano molto incuriosite dalla mia presenza, probabilmente perché capivano benissimo che, pur avendo il loro stesso aspetto, ero uno straniero. Raggiunta la piazza notai che tutti gli abitanti evitavano di camminare al centro di essa, dove vidi un interessante oggetto che prima non avevo notato: una bellissima spada dorata dalla forma alquanto elaborata era incastrata all’interno di una roccia ed era illuminata dall’alto da un magnifico raggio di luce bianca. Sicuramente era per loro un oggetto sacro e volevo evitare di avvicinarmi ad esso per paura di recare offesa agli abitanti di quel bizzarro regno. Vidi dunque di fronte a me quello che doveva essere il palazzo reale e seguii così i margini della piazza fino a raggiungere l’entrata della reggia. Essa altro non era che un immenso albero, le cui fronde raggiungevano il tetto della caverna che racchiudeva la città. L’entrata era costituita da due gigantesche porte di legno intarsiate alla cui guardia erano posti due esseri alti il doppio di me ed armati con lunghissime lance. All’inizio non mi notarono a causa della loro immensa altezza e fui costretto a sbracciarmi per farmi vedere: “Identificati straniero!” mi intimò il primo dei due.
“Salve, il mio nome è Claudium e sono un cavaliere discepolo del maestro Corso, della Foresta dei Sussurri. Vi prego, ho bisogno di conferire immediatamente con Vostra Maestà per una questione della massima importanza”.
“Attendi qui, straniero!” rispose l’altra guardia che, dopo aver aperto a fatica una delle porte del palazzo, sparì all’interno di esso. Dopo alcuni minuti il gigante ricomparve e mi autorizzò a passare. Entrai quindi nella reggia scortato da una delle guardie. la quale mi guidò fino alla sala del trono, protetta anch’ essa da due guardie.
“Chi è là?” rispose la prima
“Andiamo, Verbatim, sono io, Paco”.
“Ah…sì…scusa…Che cosa ci fai qui?”
“Sto accompagnando questo ragazzo, è un discepolo di Corso ed ha bisogno di conferire con il Re.”
“Chi? Corso? Passate pure allora”.
Detto questo il gigante aprì insieme al suo taciturno compagno le porte della sala e lasciò passare me e la guardia: “Bene ragazzo, adesso devi cavartela da solo. Raggiungi il trono del re, presentati ed esponi le tue ragioni”.
“Va bene” risposi, ormai stanco di dover continuare a presentarmi e di essere chiamato continuamente “ragazzo”. Comunque seguii le indicazioni della guardia e camminai in direzione del trono. Non vi erano tappeti, arazzi o gioielli ad ornare la sala, la quale era completamente spoglia, salvo per il trono, posto poco più in alto della mia testa, ed per un simbolo runico a forma di spirale che si estendeva su tutto il pavimento fino a raggiungere le pareti della sala dalle quali minuscole finestre illuminavano con tenui raggi di sole l’ambiente. Raggiunsi il centro dello spirale e mi inginocchiai a terra di fronte al re. La figura seduta su quel curioso trono di legno intarsiato ed illuminato dall’alto da un fascio di luce era molto esile: la sua lunga barba bianca raggiungeva i piedi, coprendo gli abiti finemente decorati e un enorme corona simile ad una mongolfiera (un mezzo di trasporto che pochi conoscono, in grado di trasportare quasi magicamente una persona o più in volo) gli donava un aspetto alquanto buffo.
“Ragazzo, presentati ed esponimi le tue ragioni” mi ordinò il sovrano.
“Sire, vi porgo i miei più umili ossequi. Il mio nome è Claudium, sono un cavaliere allievo del saggio Corso, residente nella Foresta dei Sussurri. Sono stato inviato dal mio maestro per compiere un importante missione: recuperare la resina secreta dagli alberi che crescono nelle vostre terre. Dal successo della mia missione dipenderanno la fine del mio addestramento e l’inizio di una missione più grande: combattere in nome del Bene servendo il grande regno di Blue Dragon”.
Il sovrano, udendo le mie parole, saltò vistosamente sul trono: “Cavaliere, il tuo maestro è davvero Corso ?”
“Sì, maestà”.
“Perchè non lo hai detto subito? Benvenuto Claudium nel regno dei Minimei!”
Dopo aver pronunciato quelle parole il re scese dal trono e con grande meraviglia delle guardie corse verso di me, mi abbracciò e baciò le mie guance.
”Il tuo maestro ha fatto tanto per il nostro popolo! Uno dei suoi discepoli deve essere accolto come un eroe in questo luogo”.
Visivamente imbarazzato, cercai di trovare le parole con cui replicare ma, prima che potessi fare ciò, una voce femminile ruppe il silenzio della sala: “E così tu saresti un cavaliere allievo di Corso e pretendi di poter recuperare da solo la resina dell‘Albero della Guarigione avventurandoti in una terra che non hai nemmeno mai visto? Ma non farmi ridere! Sarai fortunato se riuscirai a sopravvivere per un’ora intera!”
Mi girai verso la porta per capire chi aveva pronunciato quelle parole ma non sapevo che avrei visto un angelo: una donna, una minimea, uscì dalla penombra e camminò lentamente verso di me ancheggiando i suoi stupendi fianchi; il suo fisico era asciutto e snello, indossava un paio di pantaloni verdi con riflessi gialli, calzari marroni, ed un top verdognolo che lasciava scoperto l’ombelico, ma che copriva tutto il braccio destro con una lunga manica; il suo viso aveva tratti molto belli ed il suo collo affusolato era messo in risalto da una serie di quattro sottili collane nere con incastonate al centro quattro sfere rosse rubino, una per ogni collana; le orecchie sottili ed a punta accentuavano la bellezza e la finezza del suo viso; i suoi capelli corti risplendevano di mille sfumature di rosso ed erano cinti da parte a parte da una lunga treccia rossa; infine, due meravigliosi occhi dorati pieni di forza, di coraggio, ma anche di dolcezza, rivelavano uno spirito forte e l’anima di un vero guerriero.
“Oh, giusto, perdonami Claudium ma ero così preso dall’entusiasmo da dimenticare di presentarti mia figlia: la ragazza che vedi è la principessa Selenia, la mia unica figlia, erede al trono dei Minimei. Perdona i suoi modi insolenti ma è un atteggiamento ereditato da sua madre…”
“Tsk… non sono insolente, padre, ma solo realista; credi davvero che un umano come lui, vestito con quella ridicola armatura verde, possa combinare qualcosa quaggiù? “
Ripresomi dallo stupore iniziale iniziai a rielaborare ciò che era avvenuto in quei minuti e, accortomi di essere stato ripetutamente insultato dalla ragazza, formulai la mia risposta: “Principessa è un peccato che voi non possiate ammirare il magnifico colore azzurro della mia armatura poiché modificato dal vostro portale, ma le garantisco che le mie doti di guerriero non sono da mettere in discussione. C’è un motivo se Corso mi ha scelto come allievo e sarei ben felice di dimostrarvelo se la situazione lo permetterà”.
“E’ quello che vedremo, cavaliere” rispose infine Selenia girandosi dall’altra parte ed incrociando le braccia.
“Suvvia, fanciulli miei, non litigate. Comunque, su una cosa mia figlia ha ragione, Claudium...”
“E su cosa, di grazia, sire” risposi con un tono che si addiceva poco ad un paladino.
“Beh… sul fatto che non puoi affrontare questa missione da solo: l’Albero della Guarigione si trova molto lontano da qui e non ti ci vorranno meno di due settimane per raggiungerlo, giusto il tempo per andare e tornare indietro, quando il passaggio per tornare al tuo mondo si aprirà, e cioè con la luna piena. Senza contare che queste terre sono così piene di pericoli, forse, addirittura di più di quelli del vostro mondo. Per questo ho deciso che mia figlia verrà con te: lei è un eccellente guerriera e conosce bene le nostre terre e le insidie che possono tendere”.
Udite quelle parole io e Selenia rimammo esterrefatti ed iniziammo a manifestare a gran voce i nostri dissensi: “Lui è troppo sciocco…” “Lei è troppo impulsiva…” “Mi sarebbe una palla al piede…” “Dovrei preoccuparmi di salvare sia lei che me…” ed infine assieme: “Non ci penso proprio!” e tutti e due ci demmo le spalle incrociando le braccia.
“Non mi interessa cosa pensate, ormai ho preso la mia decisione. Selenia, conduci Claudium ai suoi alloggi e poi và a riposare: domani ti aspetta la cerimonia di incoronazione; non capita tutti i giorni che una principessa compia duemila anni!”
“Cosa? Lei ha due…due…duemila anni?! “
“Ehi, tigre, non ti agitare: qui contiamo gli anni in fioriture di serenelle: un vostro anno corrisponde a cento dei nostri”.
Rimasi zittito dalla mia ignoranza, mi rassegnai ad accettare la ragazza come compagna di viaggio e la seguii fino ai miei alloggi. Prima di incamminarci, però, Selenia si fermò a parlare con il padre, il quale pronunciò parole che non potevo sentire: “Questo ragazzo, figliola, è un degno cavaliere ed è dotato di uno spirito forte e di una grande volontà; forse dovresti provare a considerarlo come un possibile marito”.
“Non se ne parla assolutamente, mai!” rispose la principessa prima di incamminarsi.
Ci vollero pochi minuti per raggiungere i miei alloggi e durante il tragitto io e Selenia non ci scambiammo neanche una parola finché non fummo arrivati di fronte alla porta: “Ecco la tua stanza, cavaliere, ti auguro un buon riposo”.
“Aspettate principessa…” udite quelle parole la ragazza, già avviata presso le sue stanze, si fermò: “…forse abbiamo iniziato con il piede sbagliato: perdonate se sono stato insolente poco fa ma non è nella mia natura. Vi voglio augurare una buona notte principessa…” all’augurio seguì un mezzo inchino “…e vi prego, chiamatemi con il mio nome, non con la mia carica…”
“Se, dove, quando e come chiamarti lo deciderò io, ragazzino. Comunque hai ragione: perdona anche la mia di arroganza e cerca di riposare: domani mattina non ti vorrai perdere la mia cerimonia?”
”Certo che no, principessa… Selenia. Buonanotte.”
“Buonanotte…Claudium”.

Claudium
00sabato 3 maggio 2008 12:35
Ot Nessuna risposta? Vabbè, io intanto posto la seconda parte, OT
Claudium
00sabato 3 maggio 2008 12:37
LA CERIMONIA

Dopo aver salutato Selenia entrai nella mia camera: una stanza normale, nulla di elaborato. Dopo aver posato le mie spade e la mia armatura accanto al letto mi spogliai e mi misi sotto le coperte: com’era bello dormire in un letto vero dopo una settimana di viaggio! Pensai alla mia prima visita in quel regno ed all’incontro con Selenia. Il popolo dei Minimei mi era stato descritto in maniera alquanto superficiale dal mio maestro e forse per motivo non riuscivo a capacitarmi che esistessero esseri tanto piccoli, nemmeno ora che ero diventato uno di loro e che, per di più, vivessero in una sorta di radura sperduta nel bosco e protetta da un incantesimo. Tuttavia, quello fu il mio pensiero minore. In particolare pensai al viaggio che avrei dovuto intraprendere, ai pericoli in cui sarei incorso ed a lei: a Selenia. Indubbiamente il nostro primo incontro non era stato dei migliori e per di più sembrava che ci fosse una certa incompatibilità di caratteri tra di noi, eppure mi sentivo incredibilmente affascinato da quel piccolo angelo dalla chioma rossa. E’ vero, era testarda, insopportabile forse, ma da quando l’avevo vista non riuscivo a smettere di pensare a lei ed al suo meraviglioso sguardo dorato. Quel sentimento era forse amore?
“No, non ho tempo per innamorarmi; ho una missione da compiere e nulla mi deve distrarre” pensai.
La notte trascorse tranquilla ed all’alba, quando una delle donne della servitù mi venne a chiamare, ero già in piedi. Mi venne offerta un’abbondante colazione ed i paggi di corte cercarono in tutti i modo di convincermi ad approfittare di quegli squisiti manicaretti ma non ero abituato a tutto quello sfarzo ed accettai solo un po’ di latte e del pane (o almeno quelli che parevano essere latte e pane).
Non chiesi né del re né della principessa: sicuramente erano impegnati con i preparativi della cerimonia e non volevo disturbarli. Dopo aver finito di mangiare uscii dal palazzo e vidi che molta gente si era radunata intorno alla piazza: probabilmente non mancava molto all’inizio del rito. Mi feci così strada tra la folla e giunto tra le prime file attesi in piedi l’inizio della funzione. Dopo circa mezz’ora la cerimonia infine cominciò:
Le porte del palazzo si spalancarono e da esse uscirono due lunghe file di trombettieri che dopo essersi disposti ai margini della piazza alzarono in aria il loro strumento, suonando per annunciare l’arrivo della principessa. Subito, uscì dal palazzo il re seduto una lettiga a forma di trono e portata in maniera buffa ma solenne da quattro guardie; in mano teneva il suo scettro ed indossava la sua corona ed un lungo mantello rosso. Dietro di lui c’era infine Selenia; indossava gli stessi abiti del giorno prima ma ora un’ ampia cintura dotata di fodero cingeva la sua vita all’interno del quale era posto un coltello scintillante finemente decorato. Le quattro guardie trasportarono il re fino al centro della piazza e dopo aver compiuto un semigiro intorno alla spada posarono la lettiga di fronte a Selenia che attendeva in ginocchio dall’altra parte,oltre la spada. Il sovrano scese quindi dal suo insolito mezzo di trasporto e si fermò a pochi passi dalla roccia centrale; quindi
iniziò a parlare:
“Miei cari sudditi vi ringrazio per avere partecipato così numerosi a questa cerimonia. Oggi come ben sapete mia figlia, la principessa Selenia, ha raggiunto la maggiore età e come tutti gli eredi al trono dovrà essere sottoposta ad una prova che sancisca il suo passaggio all’età adulta ed il suo diritto a regnare. Ora, alzati principessa!”
Selenia obbedì, il suo sguardo era deciso ed dai suoi gesti traspariva una forte determinazione.
“Principessa Selenia, figlia di Re Atis, ora che hai raggiunto la maggiore età ti senti pronta a portare tutto il peso che la tua carica comporta?”
“Lo sono mio sovrano”.
“Bene, se le tue parole sono sincere non avrai difficoltà ad estrarre la Spada del Potere, la lama creata dagli Antichi e retaggio del nostro popolo. Ora principessa dimostraci di essere degna di impugnarla”.
Selenia chinò la testa decisa in tono di assenso e si avvicinò alla spada; sotto la luce che illuminava l’arma la ragazza sembrava davvero una angelo sceso dal cielo. Dopo aver fatto passare la mano sull’elsa impugnò decisa l’arma e la estrasse dalla roccia che venne circondata da un bagliore accecante. A quest’ atto seguì un forte scroscio di applausi e di urla di congratulazione da parte degli astanti. Dopo qualche istante il sovrano alzò il suo scettro, intimando a tutti il silenzio, e poi riprese a parlare:
“Bene principessa, ti sei dimostrata degna di impugnare la sacra lama dei tuoi antenati e di farti carico delle tue nuove responsabilità. Ora, di fronte al tuo popolo compi il tuo giuramento in nome del Grande Libro su cui si basa tutto il nostro regno”.
Selenia si inchinò:”Io, principessa Selenia, figlia di Re Atis, raggiunta l’età di duemila anni giuro di proteggere il mio regno ed il mio popolo e di combattere qualsiasi minaccia verso di essi e contro l’ordine della natura con l’aiuto della lama che mi sono dimostrata degna di impugnare. Infine, prometto, una volta giunto il momento, di succedere a mio padre e di regnare con giustizia sul grande popolo dei Minimei. Questo è il mio giuramento”.
A quelle parole seguì un secondo scroscio di applausi ed una seconda serie di urla mentre a cerimonia conclusa il re abbracciava tra le lacrime la figlia e tornava insieme a lei dentro al palazzo. Più tardi raggiunsi il salone principale, antistante la sala del trono, dove incrociai Selenia: “Buongiorno principessa. Vi faccio i miei più vivi complimenti per la vostra cerimonia e per la nuova spada che avete acquisito”.
“Sì, grazie. Per quanto riguarda la spada…beh, non è male. Piuttosto è meglio se prepari la tua sacca, tra un’ora iniziamo il nostro viaggio”.
“Come, di già?” chiesi stupito.
“Certo. Il viaggio è lungo e tu hai una scadenza da rispettare. Su, avanti, raccogli tutto il necessario e fatti trovare tra sessanta minuti davanti alla porta ovest. Su, và!” e senza darmi nemmeno il tempo di replicare se ne andò.
Claudium
00sabato 3 maggio 2008 12:38
IN PARTENZA

Mi feci trovare nel posto indicato all’ora indicatami. Avevo portato con me solo lo stretto necessario: i miei affetti ed una sacca piena di provviste ed utensili. Lasciai a palazzo il mio mantello: immaginai che il prato visto la notte prima, con le mie dimensioni, si sarebbe presentato come una foresta calda, intricata, piena di salti e di interruzioni e quindi quell’indumento mi sarebbe stato solo di intralcio. Forse avrei dovuto lasciare anche la mia armatura che, per quanto leggera, mi sarebbe stata d’impaccio con il suo peso, ma preferivo tenerla come protezione contro eventuali pericoli. Dopo qualche istante arrivò anche Selenia: stesso abbigliamento, stesso coltello, però ora portava legata dietro la schiena la Spada del Potere e teneva sulla spalla la sua sacca. Dietro di lei la seguiva il re privo stavolta di scettro, mantello e lettiga. Dopo averci dato la sua benedizione (neanche ci dovessimo sposare) tornò a palazzo mentre noi attraversammo le porte diretti verso il nostro obiettivo. Dopo qualche ora di marcia lo spettacolo che mi si presentò davanti agli occhi fu magnifico: il prato che io avevo visto la notte passata mi si presentava in tutta la sua bellezza: fili d’erba di mille sfumature di verde si stagliavano in tutta la loro lunghezza contro il cielo sembrando alberi giganteschi; i fiori la cui bellezza avevo così ammirato splendevano con i loro petali di mille colori; piccoli corsi d’acqua simili a ruscelli apparivano lungo tutta la vallata rotti ogni tanto da ramoscelli che con quelle dimensioni sembravano tronchi; infine numerosi insetti dalle forme e dai colori più strani popolavano l’ambiente.
“Che c’è cavaliere? Sorpreso dalle nostre terre? Beh, è comprensibile. Non penso che voi umani abbiate spesso occasione di vedere cose tanto belle. Dai, andiamo”.
I primi giorni furono molto piacevoli. Io avevo qualche difficoltà ad abituarmi a quello che per me era un nuovo mondo ma, grazie all’aiuto di Selenia ed alle mie doti, imparai in fretta. Con il passare del tempo anche Selenia iniziò meno a fare la sostenuta e riuscii a godere del piacere della sua compagnia, anche se non mancarono le frecciatine che ogni tanto ci tiravamo a vicenda. I problemi giunsero il quinto giorno di cammino:

“Ci sono problemi Selenia?”chiesi vedendo la mia compagna fermarsi.
“Acqua. C’è un fiume”.
Davanti a noi un ampio corso d’acqua ci tagliava la strada. Mi avvicinai per esaminarlo:
“Non vedo il fondo. E’troppo profondo per guadarlo però la corrente non è molto forte, dovremmo riuscire a superarlo a nuoto”.
“Io non posso Claudium”.
“Perché no Selenia?”
“Io…non so nuotare, i Minimei non sanno nuotare”.
“Senti, senti. La grande guerriera che non sa nuotare. Non sarà un fiume a farti paura?” la canzonai.
“Non ho paura del fiume, stupido, ma vorrei evitare di finire affogata…” mi ringhiò contro.
“Ve bene, va bene, non c’è bisogno di arrabbiarsi. Vediamo…” iniziai a pensare ad alta voce “Non abbiamo tempo di aggirarlo, giusto?”
“Giusto”.
“Bene, e non vedo niente qui intorno da poter usare come imbarcazione… inoltre la mia magia non è così forte da poterci trasportare fin là...
Ci sono! Useremo le nostre funi: le lanceremo dall’altra parte del fiume e le agganceremo con gli arpioni al terreno. Fatto ciò ci muoveremo facendo scorrere le mani su di esse, una per fune. Verrò con te nel caso avessi bisogno di aiuto”.
“Non mi convince molto il tuo piano. E se le funi non reggono?”
“Tranquilla la corrente non è forte e poi…ci sono io!”
“Già, ora sì che mi sento tranquilla!”
Seguimmo il mio piano: lanciammo le funi che si conficcarono al terreno grazie agli arpioni, quindi fissammo le estremità delle funi al terreno e vi legammo le sacche, per recuperarle una volta giunti sull’altra sponda tirando le corde. Io fui il primo ad immergersi seguito poco dopo da Selenia. Il piano sembrava funzionare, procedemmo lenti fino a metà fiume circa ma all’improvviso la fune di destra cedette all’estremità. Selenia in quel momento teneva la mano sull’altra fune e per questo rimase ancorata ma io, invece, stavo tenendo la destra e così persi la presa e scivolai. Lì per lì non sarebbe stato un problema perché avrei potuto nuotare, ma non avevo calcolato l’armatura, che con il suo peso mi schiacciava contro il fondo. Per fortuna Selenia aveva ottimi riflessi e dopo aver prontamente mollato la fune si lasciò trascinare dalla corrente fino a me e, dopo avermi agguantato, riuscì a riafferrare la fune portandoci tutti e due in salvo verso l’altra sponda. Dopo che, distesi sull’erba, avemmo ripreso fiato più per lo spavento che per la fatica Selenia si girò verso di me e mi disse: “Meno male che eri tu che dovevi salvarmi…”.
Recuperammo la prima sacca ma la seconda purtroppo era stata inghiottita dal fiume. Non era una grossa perdita però era stata causata dalla mia eccessiva presunzione.
“Meglio…” pensai “…questo episodio mi ricorderà la mia stupidità e mi farà da monito per il futuro”.

I giorni seguenti furono tranquilli quanto i primi, dovemmo affrontare solo qualche insetto fastidioso ma innocuo. Giunti al decimo giorno eravamo a buon punto del cammino.

“Manca molto Selenia per raggiungere l’albero?”
“No, ancora quattro giorni e dovremo raggiungerlo. Il difficile però inizia adesso: in questa zona si aggirano insetti particolarmente ostili e forti. Dovremo restare in guardia”.
“Ricev…” non ebbi nemmeno il tempo di finire la frase che un enorme cervo volante, un insetto dotato di due enormi e terribili mandibole, sbucò dall’erba volando a raso terra e si avventò su di noi. Per fortuna (anzi, per nostra abilità) riuscimmo a scansarci evitando le mandibole del mostro che, dopo aver colpito a vuoto, atterrò girandosi di centottanta gradi. A questo punto io sguainai la mia spada di mithril mentre Selenia la sua Spada del Potere: eravamo pronti a combattere.
“Forza cavaliere, è giunto il momento di farmi vedere quello che sai fare” mi disse.
“Va bene…” risposi fiero di poterle dimostrare le mie abilità “…direi che la tattica migliore è quella di accerchiarlo e confonderlo; mentre uno di noi lo distrae l’altro lo attacca: anche se è forte non può colpirci contemporaneamente”.
“Buon piano. Facciamolo!” e detto questo ci avventammo sul mostro secondo copione. Purtroppo la situazione era più disperata di quello che sembrava: io non possedevo armi magiche ed i miei incantesimi erano molto deboli mentre Selenia poteva contare solo sulla Spada del Potere e sulla sua abilità di guerriero, quindi sapevamo entrambi che sconfiggere quell’essere sarebbe stato impossibile per noi e che se volevamo vincere dovevamo provare a spaventarlo.
Come previsto l’insetto si trovò confuso e non sapendo chi colpire girò più volte su sé stesso. Non appena mi diede le spalle mi avventai su di lui e lo colpii con la mia spada. La ferita che gli infersi era poco più di un graffio, troppo poco per indebolirlo ma abbastanza per farlo arrabbiare. Il cervo si gettò su di me con una furia eccezionale e per proteggermi fui costretto ad evocare uno scudo di luce; l’incantesimo mi tolse però parecchie energie. Selenia naturalmente non si fece attendere e non appena l’insetto si avventò su di me lei fece la sua parte e corse verso il mostro. Ero convinto che avrebbe seguito la mia stessa tattica, la quale avrebbe probabilmente funzionato, in quanto l’insetto, incapace di rispondere ai nostri attacchi incrociati, sarebbe stato costretto a ritirarsi, ma lei invece ripose la spada e sguainò il suo pugnale più un secondo che trasse fuori da uno stivale e si gettò sulla schiena del mostro piantando le lame nella sua carne. L’insetto iniziò a dimenarsi per scacciare il suo ospite ma Selenia resistette arrampicandosi fino a raggiungere il dorso. La sua era una mossa parecchio rischiosa, un solo battito d’ali di quell’essere l’avrebbe sicuramente fatta precipitare, ma allo stesso tempo di sicura efficacia: infatti, se fosse riuscita a raggiungere l’altezza dell’addome avrebbe potuto facilmente trapassare la testa del cervo con la sua spada, provocandone la morte. Entusiasmato dalla sua idea mi avventai sul mostro, cercando di tenerlo occupato finché Selenia non avesse raggiunto la posizione, ma il cervo mi ignorò: probabilmente capiva che al momento non rappresentavo la minaccia peggiore. Purtroppo i miei timori risultarono fondati e la bestia dopo essersi impennata aprì le sue ali sbalzando Selenia dalla groppa dell’insetto, la quale cadde rovinosamente a terra. Alla vista della mia compagna ferita persi il controllo e sentii la rabbia montare; posai la mano libera sulla lama della spada e pronunciai un incantesimo: “IGNIS!”. All’improvviso la lama venne circondata dal fuoco, l’elemento più adatto per esprimere il mio stato d’animo ed il cui incantesimo risultò potenziato proprio a causa della mia rabbia. Approfittando della disattenzione del mostro mi posizionai sotto di lui e mentre ricadeva lo infilzai disegnando un ampia ferita sul suo ventre; il mostro urlò in maniera disumana. Sicuramente ci sarebbero volute molte altre ferite come quella per abbatterlo ma, vuoi per lo spavento vuoi per il dolore, decise di scappare aprendo le sue immensi ali. Quell’ultimo incantesimo, per quanto semplice, mi aveva sfinito; non avevo infatti molta confidenza con la magia degli elementi. Subito però il mio pensiero non andò a me ma alla mia compagna ferita, distesa poco lontano. Corsi subito verso di lei, mi chinai ed abbracciandola la chiamai per nome nella speranza che si riprendesse:
“Selenia! Selenia! Ti prego svegliati… non puoi farmi questo… se tu muori io…”
“…tu cosa? Ti trapassi da parte a parte dimostrandomi il tuo eterno amore?” rispose svegliandosi.
“Ragazza sciocca! Ma lo sai che mi hai fatto preoccupare?!” gli urlai ancora agitato per lo spavento.
“Sei tu lo sciocco, tigre. Pensi che basti un insetto come quello per sconfiggermi? Ah, non mi conosci…” e detto questo si liberò del mio abbraccio e si rimise in piedi senza alcuna difficoltà.
Vinyadan
00sabato 17 maggio 2008 22:52
Ciao! Ritorno dopo un bel pezzo. Se vuoi un critico, mi offro io nel ruolo del professore impietoso. [SM=x92706] Eccoti la critica della prima parte, nei prossimi giorni ti commenterò le altre.
Intanto, devo dire che scrivi molto bene. Il prodotto generale è di un livello notevole e hai un possesso molto forte sulla punteggiatura. Eviti le ripetizioni più pesanti (verbi, sostantivi, aggettivi), anche se, a volte, tendi a ripetere avverbi e congiunzioni e, all'inizio, la parola "dovuto" ricorre piuttosto spesso. Forse, invece di "le missioni che ci vennero assegnate furono le seguenti", sarebbe stato meglio usare "...assegnate erano le seguenti", perché, altrimenti, dai l'impressione iniziale di star parlando di missioni già completate (valore puntuale del passato remoto) e non ancora in corso (valore durativo dell'imperfetto). In realtà, si tratta più che altro di una finezza, ma credo migliori molto la frase, anche se è quasi irrilevante sul prodotto generale.
Hai scritto tutta la prima parte in un solo capoverso e questo è un errore. Se immagini di leggerlo a voce, ti accorgerai che fra alcuni periodi c'è una pausa più lunga che altre, perché mostrano un cambio di scena. Ti conviene andare a capo in quei punti, guadagni in immediatezza.
"Esso era dotato di una luce straordinaria...": anche se il concetto è sensato, non è bello a leggersi. Piuttosto, "esso splendeva", o "brillava di una luce..." o anche, se vuoi alleggerire la frase e ottenere un costrutto paratattico, "Lungo tutte le sue mura risplendeva una luce straordinaria, brillante più del sole stesso, per chi..."; questi, però, sono solo appunti di stile che inserisco soltanto perché non so che fare il sabato sera e mi annoio.
"Dopo tre giorni di camminata": "cammino" fa più atmosfera. Più che altro, di solito "camminata" si usa per le uscite fra amici. [SM=x92705]
"contro di esso non avrei potuto oppormi": è un po' pesante "oppormi contro". Di solito si usa "oppormi a", perché l'idea del "contro " è già presente in "opporsi".
"Raggiunsi così il bosco e, subito dopo, la radura descritta dal mio maestro": la vicinanza fra il momento di raggiungere il bosco e quello di raggiungere la foresta risulta molto forte in questa frase, forse anche troppo. Io ti consiglio un "dopo poco" e di aggiungere un verbo che descriva l'ingresso alla radura, perché, altrimenti, l'impressione che si ha è che tu abbia passato una frangia di tre alberi e sia entrato. Magari era proprio questo che volevi descrivere, ma è molto difficile trovare una radura costruita in questo modo, in un bosco: a meno che non sia artificiale, gli alberi non fanno quasi mai una linea così sottile a cerchio di una radura. Piuttosto, è più facile che si formi un'ansa nel bosco. (Se hai l'impressione che alcune critiche - tipo questa - siano costruite con argomentazioni assurde, è perché faccio fatica a trovare difetti notevoli, quindi è un buon segno.)
”Non ti preoccupare, ragazzo, non stai per morire eh eh…”: la mia opinione verso le onomatopee di risata è che abbassino parecchio il livello. Sono difficili da incastrare nel discorso e non si sa con cosa attaccarle (punto, punto e virgola, virgola...), perché in realtà rappresentano una intonazione che viene impressa al discorso. È meglio dire semplicemente che il vecchietto parlava ridacchiando.

Comunque, ti faccio i complimenti per come scrivi, perché sei sia chiaro che interessante. Secondo me hai pochissimo in cui devi migliorare. Solo una cosa, anzi due, dettate dalla mia sindrome professorale [SM=x92705] : “Sì, c’è l’ho” non si scrive così [SM=x92713] ; prima del "ma" va sempre la virgola, a meno che non lo si usi a inizio di periodo (una pratica ottima, a livello narrativo, sebbene osteggiata dal controllo ortografico di Windows).
Claudium
00lunedì 19 maggio 2008 14:32
Tanto per iniziare Vinydian ti voglio ringraziare perchè sei stato il primo che mi ha criticato [SM=x92710] (sembra abbastanza assurda questa frase, non trovi?). Tanti per continuare invece non penso affatto che le tue critiche siano assurde in quanto hai dimostrato che hanno un fondamento logico ed, anzi, sono proprio quelle che qualcuno speravo mi facesse perchè, anche se sembrano sottigliezze, sono quelle cose che fanno alzare il livello del testo e che puntualmente la mia bene amata prof. di italiano mi segnala quando corregge un mio tema o un mio saggio. Mi vergogno solo un pò per aver messo "c'è" invece di "ce", un errore che al classico farebbe accapponare la pelle a qualsiasi prof. Ti ringrazio infine per i complimenti sulla mia scrittura però temo di essere un pochino troppo pedante con la punteggiatura e che per questo i miei testi risultino troppo "inquadrati" cosa che secondo me bisognerebbe evitare in testi leggeri e scorrevoli come i fantasy. Attendo le altre tue critiche sperando che siano impietose come queste [SM=x92702] .
Trand
00lunedì 19 maggio 2008 14:59
Ho letto ancora solo il primo capitolo ( ma non potevo resistere dal postare di già ), scusa se ci ho messo molto ma era da mesi che non entravo in questa sezione.

Per ora mi pare un bel racconto, anche se la parola minimeo mi pare di averla già sentita, ma la storia non mi ricorda nulla.

Al contrario di Vinydan io hjo trovato solo una cosa da migliorare : vai a capo più spesso, anche se il racconto è bello, scritto tutto "in un blocco" risulta pesante da leggere e ne toglie la voglia.
Claudium
00giovedì 12 giugno 2008 12:13
Ot Hai ragione Trand sul "a capo" e volevo infatti fare come hai detto te, ma quando ho postato i primi me ne sono dimenticato e quindi ho dovuto fare così anche per gli altri [SM=x92713] . Comunque quando metto a posto il racconto per la cronologia rimedio [SM=x92702] . Ot
Trand
00giovedì 12 giugno 2008 14:56
[SM=x92708] [SM=x92708] [SM=x92708] [SM=x92708]
Ma lo hai scritto adesso quel messaggio ???

Io ricordo che lo avevi scritto subito dopo il mio quando avevo postato . [SM=x92714]
Otrebmu Ittoram
00giovedì 12 giugno 2008 21:56
Re:
Trand, 12/06/2008 14.56:

[SM=x92708] [SM=x92708] [SM=x92708] [SM=x92708]
Ma lo hai scritto adesso quel messaggio ???

Io ricordo che lo avevi scritto subito dopo il mio quando avevo postato . [SM=x92714]



OT-- Infatti lo ricordo anch'io, forse lo ha cancellato e riscritto, anche se non capisco il perchè [SM=x92713] io non sono riuscito ancora a leggere il suo racconto e quello di Drago [SM=x92707] o meglio ho letto la prima parte ma non la seconda e non ho segnato gli errori, ti segno solo uno, quello dei mini è un marchi registrato da copyrhaitcomesiscrive quindi sarebbe meglio cambiare per non dar problemi ai Sommi [SM=x92702] --OT


Claudium
00venerdì 13 giugno 2008 11:54
OT Ho cancellato e ripostato per verificare la cosa che ti ho detto nella ffz mail. Per i mini i casi son due: o modifico il nome ed adesso non lo posso più fare nel forum e lo posso fare al massimo quando metto a posto il racconto per la cronologia o devo annullare tutto. Comunque sei davvero sicuro Otrebmu che la cosa potrebbe creare problemi? OT
Claudium
00lunedì 14 luglio 2008 15:28
OT- Ecco l'ultima parte del racconto. Spero che vi sia piaciuto e nel frattempo aspetto sempre consigli e suggerimenti. Buona lettura -OT
Claudium
00lunedì 14 luglio 2008 15:28
L’ALBERO

Dopo lo scontro con l’insetto procedemmo per altri tre giorni e verso sera ci accampammo. Come ogni sera Selenia sparse intorno all’area dove ci eravamo accampati un repellente giallognolo per tenere alla larga gli insetti molesti. Quella sera davanti al fuoco eravamo stranamente taciturni, entrambi immersi nei nostri pensieri. Questa quiete continuò finché Selenia non ruppe il silenzio:
“Non sarà facile”.
“Come scusa ?”
“La resina. Dico che non sarà facile recuperarla. Intorno all’albero si avventurano moltissimi insetti per lo più in caccia di cibo e quindi dovremo essere molto cauti nel muoverci e dovremo essere pronti a tutto”.
“Scusa ma non possiamo sprecare nemmeno un po’ di quel repellente ? Con quello addosso non avremmo problemi”.
“Purtroppo no. Il repellente che ci rimane è appena sufficiente per il ritorno e fidati quando ti dico che è meglio non rimanere senza durante la notte”.
“Va bene, vada per la cautela allora”.
Tornò il silenzio.
“Allora, a quando il matrimonio ?” la domanda mi uscì di getto e non ebbi nemmeno il tempo di pensarci.
“Cosa?” rispose lei sorpresa.
“Ehm…Beh, sei una principessa, giusto? E quindi dovresti sposare un principe per poter diventare regina e regnare”.
“Forse questo succede nel tuo mondo, ma da noi è diverso”.
“Diverso in che senso?”
“I Minimei di sangue reale non sono obbligati a sposarne altri di alto rango, ma possono scegliere chiunque ritengano degno del proprio amore ed adatto a governare il popolo”.
“Quindi potresti scegliere chiunque anche un…”
“Un cosa? Un cavaliere?” chiese incuriosita..
“…un contadino!”
Scoppiò a ridere.
“Sì, anche un contadino”.
“E i matrimoni da voi sono come i nostri ? Grandi cerimonie dove gli sposi dichiarano il loro amore davanti a Dio e si giurano reciproca fedeltà?”
“No, niente di tutto questo. A noi Minimei per sposarci basta un bacio”.
“Come un bacio?”
“Un bacio. Basta che doniamo, in qualunque luogo ed in qualunque momento, il nostro primo bacio alla persona che amiamo ed insieme condivideremo lo stesso amore e lo stesso fato”.
“Quindi tu non sei mai stata baciata?”
“No, mai”.
“Capisco. E tu hai già trovato il fortunato che riceverà il tuo bacio e regnerà insieme a te?”
“Non ancora però ci sto lavorando. Dì un po’, come mai se cosi curioso?”
Iniziai ad arrossire vistosamente.
“Ehm…No, niente, era solo per parlare un po’. Beh, comunque forse è meglio se dormiamo altrimenti domani ci mancheranno le energie” e detto questo mi sdraiai sul mio giaciglio.
“ Sì, hai ragione, anche io ho sonno…” ne seguì uno sbadigliò “…buonanotte Claudium”.
“Buonanotte Selenia”.

Il mattino seguente riprendemmo la marcia e dopo qualche ora di cammino raggiungemmo finalmente l’ Albero della Guarigione. La pianta era molto simile ad una quercia e non produceva frutti. Le sue gigantesche fronde lambivano il cielo e sembravano quasi toccare le nuvole mentre le sue enormi radici l’ancoravano saldamente al suolo, con il quale sembravano quasi fondersi. Come ipotizzato da Selenia, intorno all’Albero girovagavano una miriade di insetti diversi, alcuni piccoli ed innocui, ma altri grossi e pericolosi. Decidemmo quindi di girare intorno alla pianta tenendoci a debita distanza da quelle bestiacce per valutare la situazione e creare un piano, ma purtroppo gli insetti erano troppi e troppo forti e qualunque strategia sarebbe sicuramente andata a monte.
“Claudium, aspetta, mi è venuta in idea!” esclamò fiduciosa Selenia.
“Come?”
“Nella sacca oltre al repellente ho anche un liquido ad azione inversa, che attira gli insetti come il miele attira le api…” detto questo tirò fuori dalla sacca una piccola boccetta viola “… basterà spargerne un po’ su dell’erba poco lontano dall’Albero e tutti gli insetti saranno attratti dal suo odore, dandoci tutto il tempo necessario per recuperare la resina”.
“Magnifico, mi sembra un ottimo piano! Però ora che ci penso non ti ho ancora chiesto come faremo a raccogliere la resina.”
“La resina viene secreta su tutta la superficie dell’Albero, anche alla sua base. Basterà trovare una spaccatura nella parte bassa del tronco, infilarci questa canna e far scorrere il liquido in una boccetta”.
“Perfetto, mettiamo all’opera il piano allora”.
Io e Selenia agimmo come da copione: ci dirigemmo ad ovest della pianta e spargemmo tutto il liquido sul terreno. Fatto ciò ci allontanammo il più velocemente possibile correndo verso sud , per evitare di incrociare gli insetti, poi procedemmo verso est ed infine verso nord, fermandoci vicino alla pianta e nascondendoci dietro a dei fili d’erba.
“Il piano sembra avere funzionato, gli insetti sono spariti” esclamò esultante Selenia.
“Aspetta, cosa sono quelle?” indicai alcuni grossi insetti neri vicino alle radici.
“Maledizione, formiche. Sono tra i pochi insetti che non vengono attirati dal mio liquido”.
“Beh, non sembrano essere un grosso problema. Mi pare che non siano più di quattro o cinque, e poi non sono molto più grosse di noi. Dovremmo avere sicuramente la meglio”.
“Sono sei in tutto e non lasciarti ingannare dal loro aspetto: sono piccole, è vero, ma ciascuna può sollevare tre volte il suo peso e possiedono mandibole d’acciaio. Se ti prendono sei finito”.
“Cosa possiamo fare allora? In qualche modo dobbiamo pur allontanarle”.
“Ci penserò io, le distrarrò fino a quando non avrai preso la resina; in questo modo ce la faremo di sicuro”.
“Selenia, sai che non potrei mai chiederti una cosa del genere; se c’è qualcuno che dovrà rischiare la vita quello sarò io”.
“Tesoro, io infatti non te l’ho mica chiesto. Ci vediamo dopo” e senza neanche darmi il tempo di reagire la principessa sguainò la spada e si gettò urlando sulle formiche, in modo da attirarle tutte a sé. Io non ebbi altra scelta e dovetti attenermi al piano, sperando che funzionasse. Mentre le bestie si avvicinavano a Selenia che cercava di condurle lontano verso est, io mi avvicinai all’Albero e senza essere visto incastrai la canna in una fenditura dell’Albero, aspettando che il liquido colasse nella boccetta. Nel frattempo seguivo da lontano il combattimento. Selenia, nonostante la superiorità numerica delle sue avversarie, se la cavava egregiamente, tenendole tutte a debita distanza con colpi ampi e rapidi ed arrivando persino ad abbatterne due. Tutto sembrava andare liscio fino a quando Selenia non commise un errore: perse di vista una delle formiche che con un colpo di mandibola disarmò la minimea. Selenia, tuttavia, non si diede per vinta ed estraendo i suoi coltelli continuava a difendersi. Purtroppo i coltelli le garantivano una maggiore velocità ma le loro lame corte le impedivano di tenere a distanza le bestie, che in pochi secondi la gettarono a terra. In quel momento il mio animo era spaccato in due: se lasciavo andare la boccetta avrei perso l’occasione di raccogliere la resina, e senza il liquido attraente non avremmo più avuto la possibilità di avvicinarci all’Albero, sancendo così il fallimento della nostra missione, il fallimento della mia prova e la fine del mio sogno di diventare paladino del Regno di Blue Dragon. D’altro canto se continuavo a raccogliere la resina avrei condannato Selenia a morte certa. Dovevo decidere tra il sogno di tutta una vita e la donna di cui mi ero innamorato.

In quel momento sentii da un alto una voce potente dentro di me che mi diceva di lasciarla andare, che la mia missione di diventare paladino e combattere il Male era più importante e che Lei al mio posto avrebbe preso la mia stessa decisione e persino il Re avrebbe compreso il fatto che la figlia si fosse sacrificata per una causa più grande. Dall’altro invece sentivo un’altra voce che mi sussurrava che io non ero così vile, che non avrei mai lasciato che qualcuno si sacrificasse in mio nome, tantomeno un innocente. La mia testa sembrava voler esplodere e non sapendo cosa fare strinsi il petto e mi rivolsi al mio cuore, lasciando a lui la decisione. Lui mi diceva che l’amavo e che nulla di ciò che esisteva contava più di quell’amore, nemmeno il mio sogno. Quel giorno rinunciai al mio sogno, non per fare ciò che era giusto, non in nome di un ideale, ma in nome dell’amore. Sicuramente quello non fu un agire da paladino, ma posso dire con altrettanta sicurezza che fu un agire da uomo.

Lasciata cadere la boccetta estrassi entrambe le mie spade ed urlando mi avventai sulle ultime tre formiche rimaste. La prima riuscii a farla fuori grazie ad un colpo di fortuna, colpendola alle spalle con le spade ed attirando così l’attenzione delle altre. Quelle bestiacce possedevano davvero una forza disumana ma concentrandomi su un solo avversario alla volta riuscì in breve ad avere ragione della prime due. Appagato per la mia prestazione non mi accorsi dell’ultima formica che stava per attaccarmi alle spalle. Fu Selenia a salvarmi. Prima di svenire lanciò il suo coltello contro la creatura dandomi il tempo di reagire e sconfiggerla. Conclusa la battaglia lasciai cadere le armi e corsi verso Selenia per soccorrerla. La minimea era piena di ferite ma per fortuna non presentava lesioni gravi, con un po’ di riposo si sarebbe sicuramente ripresa. Contento di sapere che Selenia era fuori pericolo, la strinsi forte a me, lasciandomi sfuggire una lacrima. Lei si risvegliò ancora debole.
“Claudium… ce l’abbiamo fatta?”
“Sì, le abbiamo fatte fuori tutte quelle bestiacce”.
“No… intendo… la resina… l’hai presa?”
“Purtroppo no, ma ora è meglio che ti riposi, alla resina penseremo in seguito. Ma lo sai che mi hai fatto prendere un bello spavento, cocciuta di una minimea?” le dissi sorridendo.
“Te l’ho detto tigre, non mi conosci. Ci vogliono più di quattro insettucoli per sconfiggermi” disse ridendo.
“Già, Selenia: l’insuperabile guerriera minimea”.
“Claudium…”
“Dimmi principessa”.
“Perché sei tornato a salvarmi? La mia vita era ben sacrificabile di fronte al tuo sogno ed al tuo ideale”.
“Non parlate nemmeno per scherzo! Nessuna vita è sacrificabile, tantomeno di fronte al sogno di un povero figlio di contadini. E poi…”
“E poi cosa?”
“Io… ti amo, Selenia. Ti ho amato dal primo momento che ti ho visto e da allora non ho più potuto smettere di pensare a te”.
“Claudium…”
“Lo so, non sono il tipo adatto a te…
“Claudium…”
“Sono noioso, non molto bello, e quando non si tratta di combattimento o di magia, io…”
“CLAUDIUM!”
“Cosa c’è?”
“Chiudete gli occhi, cavaliere: stiamo per sposarci”.
Non appena chiusi gli occhi lei fece altrettanto e, dopo aver avvicinato le nostre labbra l’una all’altro, ci baciammo; un lungo ed intenso bacio che durò pochi attimi, ma che per noi sembrò durare ore, giorni, mesi, anni, secoli. Provai una sensazione che non avevo mai provato prima, sentii che io ero in lei e lei in me, uniti come un’unica cosa ma allo stesso tempo separati. Mi chiesi se quello che stavo vivendo fosse un sogno o la realtà, ma ora non aveva importanza, perché finalmente avevo conquistato la sua mano ed il suo cuore
Claudium
00lunedì 14 luglio 2008 15:36
LA PARTENZA

Dopo aver portato Selenia in salvo tornai verso l’Albero, nella speranza di riuscire a recuperare almeno un po’ di resina, ma, purtroppo, la pianta brulicava di nuovo di insetti che rendevano l’Albero irraggiungibile. Curate le ferite della ragazza, provammo insieme a studiare un nuovo piano, ma inutilmente. Constatato quindi l’impossibilità di recuperare la resina decidemmo di tornare a palazzo. Ora, chiunque potrebbe immaginare che il viaggio di ritorno sarebbe stato più piacevole di quello d’andata, ora che io e Selenia ci eravamo finalmente dichiarati e, secondo il rito minimeo, eravamo sposati, ma chiunque lo pensasse sbaglierebbe. Infatti un’antica e rigida tradizione minimea prevede che dopo lo scambio del primo bacio non vi debba essere almeno per due anni alcun tipo di effusione con nessuno, nemmeno tra i due sposi, in modo da mettere alla prova la fede ed il desiderio dei due amanti. La pena è l’annullamento del matrimonio. Quindi credetemi quando vi dico che le due settimane che seguirono furono le peggiori della mia vita, costretto a vedere tutti i giorni la mia amata, ma senza la possibilità di baciarla o almeno di stringerla a me. La situazione andava peggiorando e giunti all’ultima settimana, ormai io e Selenia non ci parlavamo più, tanto era il dolore che ci procurava quella distanza. Finalmente giungemmo a palazzo e fummo immediatamente convocati a corte dal Re. Giunti così nella sala del trono il Re scese dal suo scanno e ci accolse a braccia aperte. Raccontammo tutto: dell’ incidente del fiume, della lotta con il cervo volante, del combattimento contro le formiche, seguito dal nostro matrimonio e della perdita della resina:
“Così, cavaliere, non siete riuscito a recuperare la resina”.
“Esatto, Sire”.
“Ed il motivo per cui non vi siete riuscito è stato abbandonare l’Albero per correre in aiuto di mia figlia, salvandole la vita”.
“Ancora esatto, Sire”.
“Uhmmm… bene direi quindi che vi spetta una ricompensa per il vostro gesto. Ciambellano, andate subito a prendere una boccetta di resina dell’Albero della Guarigione per il nostro ospite.
“Obbedisco, Vostra Maestà” esclamò subito il ciambellano correndo fuori dalla sala.
“Come sarebbe? Voi possedevate della resina dell’Albero?”
Selenia sorrise: “Sì, da quando la zona intorno ad esso è diventata così pericolosa, ne abbiamo fatto scorta, in modo da usarla per curare i malati”.
“Sire, vi ringrazio per il dono che mi state facendo, ma mi chiedo perché non me l’abbiate donata subito. Avevate detto che il mio maestro era un eroe qui e che sareste stato disposto a fare qualunque cosa pur di aiutarmi”.
“Avete ragione cavaliere…” rispose il Re “…tuttavia se Corso vi ha mandato qui con questa missione evidentemente voleva mettervi alla prova e donandovi subito la resina vi avrei danneggiato invece di aiutarvi”.
“Prova che ho tuttavia fallito, visto che sono tornato a mani vuote e temo che una volta che il mio maestro avrà saputo che siete stato voi a donarmela riterrà la prova fallita”.
“Io non sono del vostro stesso parere, Claudium. Corso voleva metterti alla prova, è vero, ma non ha specificato come. Certo, il viaggio, l’affrontare mille pericoli e recuperare così la resina avrebbero potuto costituire un’ottima prova, ma rinunciare al vostro sogno per mia figlia costituiscono una prova ancora maggiore, prova che avete superato brillantemente e che vi è valso il mio premio e la mia stima. Oh, ecco, finalmente il ciambellano”.
Il ciambellano arrivò con il fiatone e porse al re la boccetta con la resina.
“Claudium, è con grande gioia che vi dono la resina dell’Albero della Guarigione, premio per il vostro coraggio, la vostra forza ed il vostro cuore, grazie al quale potrete realizzare il vostro sogno”.
“E’ con immenso orgoglio che accetto il vostro dono, Sire, e per ringraziarvi dell’aiuto che mi avete prestato giuro di aiutarvi in qualunque modo, qualora il vostro Regno fosse minacciato”.
“Vi ringrazio, Claudium, accetto con gioia il vostro giuramento. Oh, ma che sbadato! Mi stavo dimenticando che il portale si è già aperto e vi conviene andare subito o dovrete aspettare un altro mese prima di tornare a casa. Orsù, andate, vi auguro buon ritorno e vi manifesto il mio compiacimento per la scelta fatta da mi figlia…” il Re sorrise, ricambiato, a Selenia “…siete veramente un ottimo partito. Oh portate anche i miei saluti a Corso”.
“Senz’altro, Sire. Grazie ancora ed arrivederci”.
Mi diressi verso il portale accompagnato da Selenia mano nella mano. Una volta giunto trovai lo stesso vecchio che mi aveva trasportato l’ultima volta.
“Oh, chi si rivede! Forza, cavaliere, se non volete rimanere qui”.
“Arrivo subito, solo un momento”.
“Questi umani non cambieranno mai, sempre a ritardare. Forza, sbrigatevi!”
Mi girai verso Selenia e la guardai nei suoi stupendi occhi dorati, che per la prima volta vidi umidi.
“E così è giunto il momento…”
“Già…” rispose la minimea triste.
“Ora dovrò tornare dal mio maestro e, se riterrà che io abbia superato la prova, mi recherò presso il Regno di Blue Dragon, dove con un po’ di fortuna diverrò Aspirante e paladino. Temo che non ci potremo rivedere prima di un anno, purtroppo”.
“Tsk, ed a cosa servirebbe? La tradizione ci impedisce contatti per due anni. Tornare prima del tempo sarebbe solo una tortura inutile. Torna tra due anni, quando finalmente sarai diventato un paladino degno di questo nome ed il divieto sarà infranto” mi disse piangendo.
“Va bene, se è questo il tuo desiderio lo rispetterò” di fronte a quell’addio i miei occhi si stavano riempiendo di lacrime ma cercai di trattenerle, non volevo che Selenia mi vedesse in quello stato.
“Aspetta, Claudium”.
“Dimmi, tesoro”.
“Affinché il mio ricordo non ti abbandoni ti dono il mio pugnale. E’ collegato magicamente al suo gemello. Quando tu penserai a me il mio pugnale si illuminerà e saprò che non mi hai dimenticato. Lo stesso accadrà con il mio” e detto questo mi porse il suo pugnale.
“Selenia… io… non so veramente cosa dire… grazie. Purtroppo non ho nulla di altrettanto prezioso da donarti, però…” estrassi la mia spada di ferro. Mi aveva accompagnato durante tutta la durata del mio allenamento e mi aveva sostenuto anche durante la prova finale. Decisi che era giusto che fosse Selenia a tenerla.
“Con questa non ti dimenticherai di me…” afferrai il forte della spada e chiusi gli occhi per concentrarmi. La mia mano si illuminò e del fuoco apparve sul palmo. Quando lasciai la lama vi era rimasta un incisione:

A Selenia,
la guerriera che non conosce la paura
e l’unico amore della mia vita.
Claudium


“E’ magnifica… Claudium… la terrò sempre con me…” disse prendendo con cura la spada.
“Arrivederci Selenia. Ci rivedremo quando il divieto sarà infranto”.
“Arrivederci Claudium. Ci rivedremo quando sarai diventato paladino”.
Così, infine, entrai nel portale e venni catapultato nel canale. Prima che potessi accorgermi mi ritrovai steso nella radura di un mese prima con le mie sembianza umane e con l’armatura del suo colore originale. Ora che ero da solo ripensai al magnifico viso di Selenia ed ai suoi grandi occhi dorati e scoppiai a piangere e singhiozzare sotto il cielo notturno.

Dopo alcune settimane di viaggio tornai finalmente dalla casa del mio maestro. Lì rincontrai Corso ed Osa, dal quale appresi che la sua missione aveva avuto successo. Dopo aver mangiato raccontai a loro tutto ciò che era successo e quando conclusi porsi a Corso la boccetta con la resina.
“… e questo è tutto. Ho riportato la resina ed ora se vogliamo potremmo usarla per curare chiunque vogliamo”.
“Mi spiace, Claudium…” disse Corso guardando la boccetta “…ma le proprietà curative della resina funzionano solo con i Minimei. Per le altre creature questo non è che un semplice liquido color ambra”.
“Ma come, Maestro? Perché allora tanta fatica per recuperarla?”
“Perché, come ti ha già detto Re Atis, io volevo metterti alla prova, non avere la resina, e dopo aver udito il tuo racconto ritengo che tu la abbia superata egregiamente. Perciò il tuo addestramento è finito”.
“Ma è fantastico! Posso tornare al mio villaggio natale allora?”
“Certo, i tuoi genitori saranno felici di vederti. Solo una cosa però: prima di partire alla volta del Regno torna qui da me. Ho bisogno di parlarti”.
“Certamente, obbedirò senz’altro”.
“Bene, ora è meglio se andiamo a dormire. Osa avrà modo di raccontarti domani il suo viaggio”.
Io ed Osa ci dirigemmo in camera e, dopo aver parlato un po’, lui si addormentò. Mentre il mio amico dormiva presi in mano il pugnale di Selenia, la gemma al centro si era illuminata. Stinsi allora forte l’arma al petto e ripensai alla mia amata:
Ancora due anni Selenia e poi potremmo finalmente stare insieme.
Mi addormentai poco dopo con quel pensiero, convinto che un giorno avrei potuto finalmente rivedere la mia amata e stare finalmente insieme a lei, per sempre.
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